Stereoscopia naturale
Stereoscopia naturale
modificaLa stereoscopia naturale tende a simulare la visione binoculare umana e, comunemente, si realizza scattando due fotografie di un oggetto con uno spostamento laterale (base di ripresa) della macchina fotografica di 6-7 cm. In passato esistevano macchine fotografiche con due obiettivi, posti alla distanza di 6 cm. e corredate di appositi visori, destinati ad accogliere e consentire l'osservazione stereoscopica della coppia di fotografie ottenute.
In realtà si tratta di pura teoria e si sconfina sempre nella stereoscopia artificiale, infatti:
- la distanza interpupillare varia da persona a persona e difficilmente è uguale a 6 cm., quindi la base di ripresa difficilmente è uguale alla base di osservazione;
- la distanza tra le lenti del visore e le fotografie difficilmente risulta uguale alla focale della macchina fotografica, quindi risulta alteratala la terza dimensione del modello osservato. Da tener presente che, quasi sempre, questa distanza viene aumentata volutamente per accentuare l'effetto-profondità;
- spesso le fotografie vengono ingrandite senza tener conto delle caratteristiche del visore.
Rimane da fare, infine, una riflessione: se siamo alla guida di un'automobile e dobbiamo fare un sorpasso, non riusciamo mai a valutare sufficientemente la velocità di una veicolo che ci viene incontro. Ciò si spiega facilmente se si considera che il nostro cervello valuta la velocità del veicolo, che viaggia in senso contrario, sulla base della variazione dell'angolo formato dagli assi visuali puntati sul veicolo stesso. Con più precisione, se si considera il triangolo avente come base la congiungente i centri di rotazione degli occhi e come angolo al vertice l'angolo formato dagli assi visuali puntati sul veicolo, si deduce facilmente che quest'angolo è piccolissimo quando il veicolo è molto lontano, quindi il cervello stenta ad apprezzarne la sua variazione, al contrario di quanto il veicolo è molto vicino. Si racconta di un automobilista, che, essendo privo di un occhio, prima di fare un sorpasso, per istinto spostava lateralmente e con rapidità la testa, proprio per fornire al cervello le informazioni necessarie al rilievo fotogrammetrico del veicolo che gli veniva incontro.
Volendo concludere, si può tranquillamente affermare che la stereoscopia naturale ci fornisce l'effetto della tridimensionalità solo per oggetti molto vicini, mentre per l'osservazione di oggetti lontani rimane indispensabile il ricorso alla stereoscopia artificiale
La fotografia stereo
modificaLa scomparsa delle fotocamere stereoscopiche e, di conseguenza, l'apparente fallimento della fotografia stereo è dovuta essenzialmente alla pretesa di fare foto pamoramiche o riprendere oggetti posti a grande distanza con macchine validissime per fotografare stereoscopicamente oggetti distanti solo qualche metro.
Nel tentativo di compensare tale tipo di errore, le case costruttrici di tali camere e dei relativi visori hanno fatto sempre affidamento sull'aumento della terza dimensione, dando così l'illusione di aver fotografato in 3D anche dei panorami, ma evidentemente il trucco ha retto solo per poco.
Chiunque si sia cimentato nella fotografia stereo con una sola macchina fotografica, per esempio in montagna, si è facilmente reso conto che, per fotografare in 3D una vallata, deve fare una fotografia e poi, per scattare la seconda, deve spostarsi almeno di una trentina di metri, in pratica deve ricorrere alla stereoscopia artificiale. In questi casi è dato per scontato che occorre fare molta attenzione agli eventuali oggetti esistenti in primo piano, a parte gli alberi che, in ogni caso, potrebbero nascondere in una delle due fotografie l'oggetto che interessa.
La diapositiva in 3D
modificaLa sostituzione del termine 3D alla parola stereo non è casuale, ma sta ad indicare che, con la diapositiva proiettata su di uno schermo, la terza dimensione comincia ad essere tangibile. Per rendercene conto, proviamo:
- ad utilizzare una macchina fotografica 35 mm. con un obiettivo da 50mm per fotografare due sfere appese ad un filo e poste a diverse distanze dal punto di ripresa.
- misuriamo la base, cioè la distanza tra i punti di ripresa;
- procuriamoci due proiettori, anch'essi con obiettivo da 50mm, per proiettare le due diapositive ottentute;
- procuriamoci dei filtri con colori complementari, per esempio rosso e verde. Non è male se verifichiamo che i due colori sovrapposti diano il nero;
- sistemiamo un proiettore ad una certa distanza dallo schermo e prendiamo nota dell'ingrandimento dell'immagine, calcolando. per esempio, il rapporto tra le larghezze dell'immagine e della diapositiva;
- poniamo il secondo proiettore ad una distanza, dal primo, uguale a base x ingrandimento;
- ponendo, per esempio, sul proiettore di destra (che deve proiettare l'immagine ripresa da destra) il filtro rosso e su quello di sinistra (con la foto ripresa da sinistra) il filtro verde, vedremo due immagini proiettate, in rosso e verde, che non si sovrappongono perfettamente;
- ponendo davanti all'occhio destro il filtro rosso e davanti all'occhio sinistro il filtro verde (non è male verificare che l'occhio destro veda solo l'immagine di destra e viceversa) vedremo sullo schermo l'immagine tridimensionale dell due sfere poste a diversa distanza da noi;
- facciamo in modo da far coincidere sullo schermo le immagini della sfera più lontana;
- utilizzando un cartoncino bianco, portiamolo in corrispondenza dell'immagine dell'altra sfera ed allontaniamolo dallo schermo fino a quando le due immagini della stessa non coincidono e si fondono in una sola immagine di colore grigio. La distanza tra il cartoncino e lo schermo sarà uguale alla distanza reale tre le due sfere;
- questa distanza può aumentare o diminuire variando al distanza tra i due proiettori o la focale degli obiettivi degli stessi.
Questo esperimento serve solo a darci un'idea di come la fotografia stereo ci consente di misurare realmente il modello osservato, oltre che deformarlo a piacimento, ma di questo si occupa la fotogrammetria.