La prima guerra mondiale
Su un fronte si allearono l'Impero tedesco, l'Impero austroungarico, e, più tardi, la Turchia e la Bulgaria; e sull'altro, la Serbia, la Francia, l'Impero britannico, la Russia, il Belgio e, più tardi, l'Italia, la Grecia, la Romania, il Portogallo, il Giappone e gli Stati Uniti. In quell'estate del 1914, milioni di uomini, dagli Urali all'Atlantico, impugnarono le armi. Tutta l'Europa vibra di entusiasmo guerriero, e ognuno pensa che la guerra sarà breve, e che il proprio esercito arriverà immediatamente alle capitali delle nazioni nemiche.
Germania e Austria, prese tra due fuochi, a occidente dalla Francia e a Oriente dall'Impero russo, non esitano ad attaccare con grande decisione.
Ottengono vittorie strepitose: avanzano fino quasi alle porte di Parigi a all'interno del territorio russo. Ma le truppe tedesche sono fermate dai francesi sulla Marna, e la situazione cambia aspetto.
La guerra dalle manovre rapide e dai movimenti spettacolari diventa una monotona e terribile carneficina di trincea. Milioni di uomini scavavano fossati e gallerie sotterranee, e si trincerano, cercando di confondersi con la terra. Anche le uniformi vistose dei primi mesi di guerra si trasformavano in uniformi grigioverdi, marrone o kaki, più adatte a una lotta in cui è essenziale mimetizzarsi. Ma per la conquista di alcune centinaia di metri di terreno si paga spesso col carissimo prezzo di migliaia di vite umane.
I soldati che combatterono questa guerra di posizione conobbero tutto l'orrore degli effetti di armi nuove, di invenzioni fatte per uccidere altri uomini. Nelle trincee fangose della Marna e di Verdun in Francia, di Tannenberg in Russia, e del Piave e dell'Isonzo in Italia, caddero centinaia di migliaia di proiettili, mentre due armi nuove e terribili (la mitragliatrice e i gas asfissianti) mietevano migliaia di vittime.
Per mare, l'Inghilterra impone la sua forza e blocca i porti e la flotta tedeschi. Ma la Germania risponde con un'altra arma terribile e i sommergibili silurano centinaia di navi da guerra, e anche navi passeggeri.
L'affondamento di un piroscafo civile, il Lusitania, il 2 aprile 1917, offre agli Stati Uniti il pretesto per entrare in guerra a fianco degli alleati, che ne ricevono il massiccio appoggio economico e militare.
Quando, impegnata nella rivoluzione del 1917, la Russia firma la pace, la Germania ritira le truppe sul fronte russo e le trasferire su quello francese. Qui scatena quattro offensive terribili, ma gli eserciti alleati, sotto il comando del generale Foch, le respingono. A nulla servono i prodigi militari del maresciallo Hindenburg: le truppe tedesche si ritirano dal suolo francese.
Nel frattempo, a Berlino e nei porti del Baltico scoppia una rivoluzione. Soldati e marinai esigono e ottengono l'abdicazione del Kaiser Guglielmo II. Viene proclamata la Repubblica, e l'11 novembre 1918 la Germania firma l'armistizio con gli alleati.
Le grandi potenze alla vigilia della prima guerra mondiale
modifica- Inghilterra
L'Inghilterra era una potenza grandissima sia per le sue immense colonie, che per le sue fiorenti industrie ed il suo attivissimo commercio. La flotta dell'Inghilterra era la più potente del mondo.
- Germania
Sul continente europeo la Germania faceva progressi giganteschi in ogni campo.
L'industria e il commercio tedeschi si sviluppavano prodigiosamente, facendo concorrenza spietata ad altri paesi europei. Le industrie metallurgiche e meccaniche della Germania gareggiavano con quelle inglesi e francesi; le industrie chimiche erano poi le migliori al mondo. Il pangermanesimo, cioè l'idea di un'egemonia tedesca sul mondo, si diffondeva in Germania.
La Germania aveva intanto il più potente esercito del mondo e stava costruendo una grande flotta.
- Francia
La Francia dopo la sconfitta di Sedan aveva passato un periodo critico. Tuttavia sotto la terza repubblica si era rapidamente ripresa, con una sottoscrizione nazionale aveva pagato l'enorme indennità di guerra di 5 miliardi, richiesti dal Bismarck.
Nel 1878 la grande esposizione mondiale di Parigi testimoniò eloquentemente che la Francia economicamente era un paese solido e ricco. Inoltre la Francia riprese la sua politica di espansione coloniale in Africa, in Asia e in Oceania.
Nell'anima francese rimaneva sempre vivo il desiderio della rivincita contro i tedeschi e la riconquista dell'Alsazia e della Lorena perdute dopo Sedan.
- Impero Austro-ungarico
L'Impero Austro-ungarico (si chiamava così dal 1867) era un grande paese, ma che per la sua natura di stato plurinazionale, viveva uno stato di tensioni interne in alcune delle sue nazionalità (slave ed italiana). Lo Stato era tenuto insieme da due forze: l'esercito e la perfetta burocrazia. L'amministrazione austriaca era veramente esemplare per onestà ed efficienza.
- Russia
La Russia era una grande potenza militare ma profondamente travagliata da vecchi ed insoluti problemi sociali.
Sulle immense masse dei contadini russi poveri ed ignoranti dominata un'aristocrazia ricchissima e privilegiata: il Paese mancava di una vera libertà politica ed era amministrato da una burocrazia prepotente e corrotta.
All'interno della Russia presentava questa situazione di debolezza, in politica estera mirava in Europa a proteggere gli Slavi della penisola balcanica e in Asia a contrastare l'espansione del Giappone.
- Giappone
Il Giappone si era profondamente europeizzato in breve tempo, dando prova di grande vitalità e di capacità notevoli di progresso.
- Stati Uniti d'America
Gli Stati Uniti d'America a poco a poco abbandonavano la loro politica di isolamento e cominciavano a prendere parte attiva alle grandi questioni internazionali. Ormai non erano più solamente le potenze europee a dominare il mondo.
Le cause del conflitto
modificaLe cause furono numerose e vennero via via complicandosi tra loro.
- Contrasto anglo-tedesco. Il crescente sviluppo commerciale, navale e industriale della Germania preoccupava molto l'Inghilterra, che finì con l'accordarsi prima con la Francia e poi, nel 1907, con la Russia per formare la Triplice Intesa. La Germania con il suo enorme esercito di 900.000 uomini era un grave pericolo.
- Contrasto franco-tedesco. La Francia non aveva mai abbandonato il desiderio di riconquista dell'Alsazia e della Lorena e delle umiliazioni subite nel 1870. Inoltre la Germania si atteggiava a protettrice del Marocco, che la Francia voleva conquistare.
- Contrasto austro-russo. La causa di questo contrasto era la penisola balcanica. I Russi si sentivano i naturali protettori dei popoli slavi di quella turbolenta penisola. Dal canto suo l'Austria intendeva espandersi proprio nei Balcani ed esercitarvi la sua volontà.
- Gli irredentismi in Italia e in Serbia. L'Italia voleva Trento e Trieste. La Serbia voleva unificare tutti gli Slavi del Sud, staccando dall'Austria la Croazia, la Slovenia, la Bosnia e l'Erzegovina.
L'antefatto
modificaIl 28 giugno 1914 a Sarajevo il principe ereditario austriaco, l'arciduca Francesco Ferdinando, venne ucciso a colpi di pistola insieme alla moglie da un giovane rivoluzionario serbo, lo studente Gavrilo Princip. L'Austria accusò la Serbia di complicità del delitto, le inviò un ultimatum con condizioni inaccettabili e poi il 28 luglio le dichiarò guerra.
I colpi di pistola di Sarajevo furono il segnale perché un'Europa armata fino ai denti si scatenasse in una delle guerre più tremende della storia. L'Austria dichiarò guerra alla Serbia e immediatamente i rispettivi paesi alleati si aggredirono l'un l'altro:
- in aiuto della Serbia accorse la Russia e accanto alla Russia si schierò la Francia
- la Germania sostenne l'alleata Austria. L'Italia rimase neutrale fino al 1915.
Iniziava il primo atto del dramma che per quattro anni doveva insanguinare l'Europa.
1914
modificaIl piano di guerra della Germania era di attaccare la Francia e schiacciarla in pochi giorni, prima che potesse venirle in aiuto l'Inghilterra. Poi spostare tutte le forze sul fronte orientale e battere la Russia in collaborazione con l'Austria-Ungheria.
Per attuare più rapidamente questo piano la Germania intimò al piccolo e neutrale Belgio di permettere il passaggio attraverso il suo territorio dell'esercito diretto alla frontiera francese. In caso di rifiuto la Germania avrebbe considerato il Belgio paese nemico. Il re del Belgio, Alberto I, rifiutò e i Tedeschi invasero il paese seminando morte e distruzione. Tutto il mondo condannò questo atto. A questo punto entrò in guerra l'Inghilterra.
Intanto ben sette eserciti tedeschi penetravano nel territorio francese: le loro avanguardie giungevano a 70 km da Parigi. Con un'abile manovra il generale francese Joffre attaccò nella sanguinosa battaglia di Marna il fianco destro tedesco, costringendo gli avversari ad arrestarsi e ad indietreggiare.
Sul fronte occidentale la guerra di movimento si trasformava in una logorante guerra di posizione. Si scavavano trincee, che vennero protette con reticolati di filo spinato. Dal mare del nord alla Svizzera si allungavano le trincee.
Intanto nell'immenso fronte orientale gli eserciti russi avevano ottenuto vari successi: sotto la guida del granduca Nicola erano penetrati in Prussia orientale e in Galizia. I Tedeschi però riuscirono in breve tempo a battere i Russi grazie all'abilità del vecchio maresciallo Hindenburg e a ricacciarli dai territori occupati.
Accanto agli Imperi centrali intanto si schierava la Turchia, ed il Giappone, interessato alle colonie tedesche, entrava in guerra a fianco dell'Intesa.
1915
modificaLa Triplice Alleanza era un'alleanza difensiva, e l'articolo VII del trattato impegnava l'Austria a non provocare mutamenti nella penisola balcanica senza il consenso italiano. Invece l'Austria aveva dichiarato guerra alla Serbia, senza neanche consultare il governo italiano.
Pertanto allo scoppio della guerra l'Italia si ritenne libera da impegni e proclamò la sua neutralità. Intanto nel Paese si venivano fondando due correnti: la neutralista e l'interventista. La maggioranza degli Italiani (socialisti, cattolici, liberali) era più propensa alla neutralità, anche perché riteneva che la pace era necessaria al Paese per continuare a progredire. Capo dei neutralisti era Giolitti, il quale sperava di ottenere dall'Austria il Trentino mediante trattative diplomatiche.
Meno numerosi erano gli interventisti: tra essi erano Cesare Battisti, Leonida Bissolati, Filippo Corridoni, Gabriele d'Annunzio. Inoltre tra i più accesi interventisti c'era un giornalista romagnolo, Benito Mussolini, che all'epoca apparteneva all'ala rivoluzionaria del Partito Socialista Italiano ed era direttore del giornale "Popolo d'Italia" di Milano.
Il Parlamento era in gran maggioranza per la neutralità, tanto da costringere a dimettersi il Salandra, capo del governo e favorevole all'intervento.
Il 26 aprile 1915 aveva infatti concluso con l'Intesa il Patto di Londra, che impegnava l'Italia a dichiarare guerra all'Austria, concedendo a guerra finita notevoli compensi.
Gli interventisti organizzarono ovunque dimostrazioni di piazza, allora il Re richiamò al governo Salandra e nella fiducia di interpretare la volontà della nazione il 24 maggio dichiarò guerra all'Austria. L'Italia entrava in guerra in un momento di particolare crisi per le potenze dell'Intesa. I Russi erano stati clamorosamente sconfitti con enormi perdite di uomini e mezzi. La Serbia era stata occupata dagli Austriaci e dai Bulgari: solo 200.000 uomini dell'esercito serbo erano stati salvati dalla distruzione con l'aiuto delle navi italiane operanti nell'Adriatico.
L'esercito italiano era formato da 400.000 uomini al comando del generale Luigi Cadorna. La sua avanzatafu presto arrestata dalle fortificazioni austriache delle Alpi e del Carso. Plava, Monte Nero, San Michele, Monte Sei Busi, Col di Lana, furono i punti notevoli, che gli italiani conquistarono oltre frontiera.
1916
modificaIl 1916 fu in complesso favorevole per l'Intesa.
I Tedeschi, dopo aver battuto nell'anno precedente i Russi, pensarono di sfondare il fronte francese: per sei mesi continui si protrasse la battaglia di Verdun, in cui tra tedeschi e francesi morirono un milione di soldati. E tuttavia i Tedeschi non passarono, anzi gli Anglo-francesi nel luglio iniziarono una controffensiva, la battaglia della Somme, che si protrasse senza risultati anch'essa per sei mesi.
Per mare intanto si svolse una battaglia, detta dello Jutland, tra la flotta tedesca e quella inglese, anch'essa ebbe esito incerto. Le perdite inglesi furono forti, ma i Tedeschi non osarono più uscire in campo aperto per affrontare la flotta avversaria. Sul fronte orientale i Russi sconfissero l'esercito austriaco e rioccuparono la Galizia e la Bucovina: fecero un enorme numero di prigionieri (circa 400.000).
Questo successo spinse la Romania a schierarsi a fianco dell'Intesa, ma purtroppo, attaccata dai Bulgari e dagli austro-francesi, fu invasa e in gran parte occupata.
Sul fronte italiano del Trentino l'Austria preparò una grande offensiva, che chiamò Strafe-Ezpedition (cioè spedizione punitiva). L'attacco fu preceduto da un bombardamento di grossi cannoni, gli Austriaci con impeto travolgente riuscirono a sfondare. L'esercito italiano dovette abbandonare la Valsugana e una parte dell'altopiano di Asiago. Ma i fianchi di questo esercito ressero bene e poterono passare ad un'efficace controffensiva. L'attacco austriaco fallì, la controffensiva italiana si concluse il 9 agosto con la presa di Gorizia.
Purtroppo durante questi combattimenti caddero in mani austriache Cesare Battisti e Fabio Filzi, che vennero condotti a Trento come traditori, in quanto questi due patrioti avevano la cittadinanza austriaca, e morirono impiccati nel Castello del Buon Consiglio.
Poco tempo dopo moriva a Vienna Francesco Giuseppe, l'imperatore reazionario che si era macchiato di tante colpe riguardo agli Italiani. Gli succedeva il nipote, Carlo I, che cercò inutilmente di trattare la pace con Londra e Parigi.
Ormai però il destino della sua Dinastia e del suo Impero era segnato.
1917
modificaLa Russia, che pur l'anno precedente aveva battuto gli Austriaci e i Turchi, cadde in preda alla rivoluzione nel marzo 1917 e abbandonò il conflitto.
Il crollo del fronte russo permise agli Imperi centrali di portare in massa le loro truppe su altri fronti. Le prime ripercussioni del ritiro russo dalla guerra si ebbero in Italia.
Gli austro-tedeschi in una violentissima offensiva aprirono una larga breccia a Caporetto e dilagarono nella pianura. Gli italiani furono costretti ad abbandonare il Carso, la Carnia, e parte del Veneto. La tragica ritirata si svolse dal 24 ottobre al 7 novembre con perdite gravissime di uomini e di materiali: 300.000 soldati fatti prigionieri dagli Austro-tedeschi e tremila cannoni abbandonati nelle mani nemiche.
Il generale Cadorna ordinò la resistenza sulla destra del Piave.
E qui l'ondata di invasione si arrestò dinanzi all'infrangibile resistenza italiana. Difesero la linea del Piave e del Monte Grappa i <<soldatini>>, i giovani di leva nati nel 1899: avevano solo 18 anni, ma scrissero una pagina immortale nella storia d'Italia.
Queste reclute giovanissime ridiedero coraggio e ardore a tutti. Il Paese nell'ora del pericolo estremo si ridestò miracolosamente con una volontà disperata di rivincita. Intanto al comando supremo il generale Cadorna fu sostituito dal generale Armando Diaz, al governo salì Vittorio Emanuele Orlando, che fece appello a tutti i partiti per una unione sacra in difesa della patria in pericolo.
Proprio sul Piave, dopo le terribili giornate della disfatta di Caporetto, si rivelò definitivamente la nostra coscienza nazionale.
L'abbandono del conflitto da parte della Russia fu compensato nell'aprile 1917 dall'intervento in guerra degli Stati Uniti d'America, a fianco dell'Intesa.
Le cause di questo improvviso intervento furono che nel 1917 la Germania, per impedire che le potenze dell'Intesa potessero avere rifornimenti di viveri e armi, condusse mediante i suoi sottomarini una lotta ad oltranza contro tutte le navi mercantili appartenenti a potenze neutrali. Gli U-Boot, cioè i sottomarini tedeschi, non esitavano ad affondare senza preavviso le navi nemiche o neutrali: ciò recava gravi danni alle persone e ai beni degli Stati Uniti.
Inoltre gli Stati Uniti temevano che la vittoria della Germania avrebbe reso questo paese dominatore della politica mondiale. Il presidente Wilson, spinto dall'opinione pubblica statunitense, nell'aprile dichiarò guerra alla Germania.
La rivoluzione russa
modificaNel 1917 la Russia era in gravissima crisi, erano già morti due milioni di soldati, mancavano munizioni, armi moderne ed efficienti, l'alimentazione della popolazione e dei combattenti stessi era scarsa ed insufficiente. La fiducia in una vittoria era ormai caduta, della triste situazione della Russia si incolpava la monarchia degli Zar.
L'8 marzo 1917 scoppiò in modo fortuito a Pietroburgo una rivolta popolare causata dalla carestia, fu essa la scintilla che provocò il grande incendio della Rivoluzione. Lo zar Nicola II inviò le truppe per ripristinare l'ordine, queste non solo non repressero la rivolta popolare, ma si unirono agli insorti.
Altre truppe della capitale e gli operai delle fabbriche fecero anch'essi causa comune col popolo. La rivoluzione di marzo dilagò nel paese con rapidità. Lo Zar fu costretto ad abdicare. Il potere passò prima dei mani dei liberali e dopo nelle mani dei socialisti moderati, con a capo Kerenski: invano si cercò di continuare la guerra. L'esercito si rifiutò di combattere ancora. Nel frattempo Lenin, capo dei bolscevichi o comunisti, affermava nel suo giornale, la Pravda (= la verità), che bisognava far pace subito con la Germania, togliere le proprietà terriere ai proprietari e cederle ai contadini, e dare tutto il potere ai consigli degli operai, contadini e soldati (Soviet).
Queste idee trovarono larghi consensi e si ebbe la rivoluzione d'ottobre, il potere passò nelle mani dei comunisti, guidati da Lenin. Il nuovo governo si affrettò a firmare con i Tedeschi l'armistizio che si trasformò poi nella pace di Brest-Litowsk nel marzo 1918.
La Russia cedeva alla Germania la Polonia, la Finlandia, l'Ucraina e le province baltiche.
1918
modificaNel marzo del 1918 i Tedeschi cercarono la risoluzione della guerra con un supremo e gigantesco attacco sul fronte occidentale, lo stesso imperatore Guglielmo II volle esser presente e per questo l'offensiva fu detta "battaglia del Kaiser". Si temeva che l'arrivo delle truppe statunitensi avrebbe rovesciato le sorti della guerra.
Sotto la violenta spallata tedesca, sia i Francesi che gli Inglesi furono costretti a ritirarsi nelle posizioni che avevano nel 1914. Tuttavia i Tedeschi non riuscirono a travolgere gli avversari, che dal luglio iniziarono una lunga battaglia, chiamata "seconda battaglia della Marna", per riconquistare il terreno perduto.
La conclusione del lungo conflitto si ebbe invece sul fronte italiano: gli Austriaci con uno sforzo poderoso, dal 15 al 23 giugno, sferrarono la battaglia del Piave: alle primi luci del giorno, il 15 giugno 1918, con un violento attacco dell'artiglieria aveva inizio da Val Lagarina al mare l'ultima offensiva austriaca.
Gli Austriaci furono subito fermati sugli altipiani e pertanto non riuscirono a cogliere alle spalle le truppe italiane schierate sul Piave, il fronte montano resse perfettamente.
Gli Austriaci invece riuscirono a guadare il Piave in alcuni luoghi, tanto che si ebbe timore per Venezia e Treviso. Ma la controffensiva italiana fu così travolgente, che dopo nove giorni le truppe nemiche furono disordinatamente respinte oltre il fiume, dopo aver subito enormi perdite (più di 200.000 uomini).
Questa vittoria italiana ebbe conseguenze fatali per l'Austria e indirettamente per la Germania. Quest'ultima era giunta nel giugno a pochi chilometri da Parigi e, se gli Austriaci avessero battuto l'Italia sul Piave, avrebbero potuto aiutare i loro alleati tedeschi sul fronte francese. Invece l'Austria venne sconfitta clamorosamente e rimase spossata dopo il grande sforzo.
Intanto l'esercito italiano preparava accuratamente un'imponente offensiva. Questa ebbe inizio il 24 ottobre, anniversario di Caporetto, l'attacco fu sferrato dal Grappa e si estese a tutta la linea del Piave. Fu sfondato il fronte austriaco e travolta ogni difesa, il 30 le truppe italiane erano già a Vittorio Veneto.
L'esercito austriaco si sgretolò trasformandosi in un disordinato gregge in fuga. Centinaia di migliaia i prigionieri, ingente il materiale di guerra caduto in nostre mani.
Il 3 novembre il tricolore italiano garriva al vento sul Castello del Buon Consiglio di Trento, dove era stato impiccato Cesare Battisti, e quasi contemporaneamente sbarcavano a Trieste bersaglieri e marinai italiani.
Conseguenze
modificaIl 4 novembre, a Villa Giusti, presso Padova, l'Austria firmava l'armistizio con l'Italia a queste condizioni: il Trentino, l'Alto Adige, il Friuli orientale, Trieste e l'Istria, la Dalmazia fino a Sebenico e le sue isole passavano all'Italia.
Il crollo dell'Austria segnò anche la sorte della Germania, che firmò anch'essa l'armistizio l'11 novembre. Già precedentemente Bulgaria e Turchia si erano ritirate dalla lotta.
La pace di Versailles, che mise fine alla guerra,
- smembrò l'Impero austroungarico
- riconobbe l'indipendenza dell'Ungheria, della Cecoslovacchia, della Polonia e della Iugoslavia
- impose pesanti risarcimenti di guerra alla Germania, alla quale fu proibito di tenere un esercito superiore ai 100.000 uomini.