In tutti i tempi, la maggior parte delle persone è sempre stata interessata soprattutto alla storia della propria famiglia e del proprio popolo. E quindi le storie di persone, famiglie e popoli venivano scritte dalle persone stesse, dalle famiglie stesse, o dai popoli stessi, oppure le persone, le famiglie, o i popoli davano a scrittori professionisti l'incarico di scrivere la loro storia.

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Storie di parte
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia per la scuola media 1

Ovviamente quando uno parla di sé stesso, tende a essere particolarmente benevolo nei propri confronti; cioè tende a dimenticare i propri difetti e a enfatizzare i propri pregi. Spesso, questo fatto avviene in malafede, cioè spesso, in modo ingannevole, si vuol far credere di essere migliori di quello che si è. Ma, in una certa misura, questo fatto avviene anche in buona fede, in quanto a forza di sentir dire dagli adulatori o dai propagandisti che la propria persona, la propria famiglia o il proprio popolo sono migliori delle altre persone, delle altre famiglie e degli altri popoli, è facile convincersi di questo fatto.

Anche gli scrittori professionisti tendevano a dare immagini favorevoli delle persone che avevano commissionato loro il lavoro. Infatti, se avessero dato un'immagine poco piacevole delle persone descritte, i loro committenti non sarebbero stati soddisfatti, e loro avrebbero fatto più fatica a trovare altri committenti.

La situazione era simile a quella dei pittori ritrattisti. Prima dell'invenzione della fotografia, i ricchi solevano farsi ritrarre da dei pittori, per tramandare la propria immagine ai discendenti. Ma chi aveva un difetto estetico gradiva che il pittore rendesse tale difetto meno evidente. Se un pittore non soddisfaceva questa richiesta, in seguito ben pochi si sarebbero rivolti a lui per farsi fare un ritratto. E quindi, con l'eccezione dei pittori più famosi, normalmente i pittori si adeguavano all'esigenza di abbellire le persone ritratte.

Per quanto riguarda gli interi popoli, c'era, e c'è ancora in una certa misura, il fatto che lo stato cerchi di convincere la gente che il proprio popolo sia migliore degli altri popoli. Questo influenza in modo più o meno marcato la scrittura ufficiale della storia del popolo.

Addirittura alcuni popoli si vantavano che il proprio fondatore era discendente da un dio. Per esempio, nell'Eneide, scritta in latino poco più di duemila anni fa, si racconta che Enea, figlio di un uomo e di una dea, sarebbe stato l'antenato di Romolo, il primo re di Roma.

D'altra parte, se si scrive la storia di una famiglia o di un popolo che sono in qualche modo rivali del proprio popolo, si tende a denigrarli, cioè a scrivere male di tale famiglia o di tale popolo, appunto per far risaltare la propria superiorità rispetto ad essi.

Per interpretare correttamente qualunque testo è molto importante sapere a chi è destinato tale testo. Se si scrive allo scopo di far leggere il proprio testo a una sola famiglia o a un solo popolo, inevitabilmente si tende a far apparire tale famiglia o tale popolo migliori di quello che sono, e le altre famiglie e gli altri popoli peggiori di quello che sono.

In conclusione, le storie relative a una persona, a una famiglia o a popolo sono poco attendibili, cioè poco credibili, se sono scritte con lo scopo di essere lette da singole persone, singole famiglie, o singole popoli. Tali storie, in quanto scritte da una persona che fa parte dello stesso gruppo di persone di cui si parla, sono dette storie di parte.

Purtroppo, molti secoli fa quasi tutte le storie erano proprio di questo tipo.

La nascita della scienza storica

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Negli ultimi secoli è però comparso un diverso modo di scrivere le storie di persone, famiglie, e popoli.

In politica, nei tribunali, o anche chiacchierando per strada, normalmente si apprezza di più chi è più bravo a sostenere una certa tesi, anche se è una tesi falsa, rispetto a chi non riesce a convincere gli altri di una tesi vera. Si preferisce un avvocato bugiardo ma con una buona parlantina a un avvocato onesto ma balbuziente.

Pertanto, in politica e in giurisprudenza, più che la logica, cioè la capacità di fare ragionamenti corretti, spesso vince la retorica, cioè la capacità di convincere.

A partire dal 1200, sono sorte in Europa le università, in cui gli studiosi, oltre a insegnare agli studenti, approfondivano la conoscenza dei testi antichi, sia sacri che profani, scritti in greco o in latino. Tali studiosi inizialmente erano quasi esclusivamente teologi, cioè studiosi della religione, o giuristi, cioè studiosi delle leggi. I primi studiavano soprattutto testi sacri, cioè la Bibbia e i trattati dei teologi antichi; i secondi studiavano soprattutto testi giuridici, cioè leggi, sentenze e i relativi trattati.

Dopo il 1400, sempre più studiosi si specializzarono nello studio di testi antichi non sacri e non giuridici. Dato che i teologi erano specializzati nello studio di scritture sacre, cioè di ispirazione divina, coloro che studiavano scritture di ispirazione umana, furono detti umanisti.

A differenza che nei palazzi della politica e nei tribunali, nelle università gli studiosi sono apprezzati più per la verità di quello che affermano, che per la loro abilità a convincerne gli altri. Pertanto, nelle università la logica ha più valore della retorica.

E questo si applica anche agli studi storici. Se uno storico sosteneva con grande eloquenza una tesi storica che poi si rivelava falsa, quello studioso inizialmente suscitava grande interesse, ma poi si rendeva ridicolo, mentre se uno studioso proponeva una tesi storica vera in modo goffo e confuso, forse inizialmente non veniva compreso, ma poi riceveva grandi apprezzamenti. Tutto ciò induceva gli studiosi in ambito universitario, detti accademici, a pubblicare solamente tesi che ritenessero ineccepibili, cioè così perfette da non essere criticabili.

Inoltre, sempre più accademici si dedicarono a studi approfonditi delle vicende di persone, famiglie e popoli lontani da loro nel tempo e nello spazio, cioè vissuti in tempi antichi in luoghi diversi da quello in cui vivono il proprio popolo e i popoli confinanti. Questo veniva fatto allo scopo di avere una panoramica di tutto quello che è successo all'umanità in tutti i tempi, cioè di costruire una storia universale.

Questa indipendenza dalle persone di cui si scrive, ma soprattutto il fatto che le ricerche venivano pubblicato allo scopo di ottenere l'apprezzamento non solo dagli studiosi della propria università o del proprio popolo, ma, in teoria, di tutti i popoli del mondo civile, permise di evitare il problema discusso prima delle storie di parte.

Infatti, se uno storico avesse scritto una storia mostrando un popolo migliore di quello che è, gli studiosi di altri popoli avrebbero criticato aspramente tale pubblicazione, e così, se avesse scritto una storia mostrando un popolo peggiore di quello che è, tale pubblicazione sarebbe stata criticata dagli studiosi di quello stesso popolo.

Per consentire agli studiosi di tutti i popoli di accedere a tali ricerche storiche, si usava, come lingua comune, il latino, anche se ormai era una lingua parlata solamente dai preti.

Lo scopo della Storia era scoprire quanto di vero ci fosse in tali racconti.

In effetti, tale pretesa universalità si applicava inizialmente solamente alla cosiddetta latinità, che in pratica coincide con la parte del mondo in cui fino al 1500 si praticava la religione cristiana cattolica, cioè l'Europa occidentale e centrale.

Tuttavia, man mano che nei secoli successivi la cultura latina si estese alle colonie americane, africane e asiatiche, e man mano che gli scambi culturali con le altre culture si intensificarono, anche gli studi storici divennero sempre più universali e meno incentrati sull'Europa.

Tutto ciò permise uno studio più razionale delle storie, e la formulazione di una storia unificata, tanto che nacque una nuova scienza: la Storia, con la S maiuscola.

Questa scienza si chiama così appunto perché inizialmente si basava soprattutto sulle varie storie, cioè sui racconti scritti delle vicende di varie persone, famiglie, popoli.