Le sensazioni permettono al nostro cervello di conoscere il mondo che ci circonda. Nonostante esse siano sostanzialmente private e soggettive, e quindi impossibili da misurare scientificamente, è possibile chiedere ai soggetti che le sperimentano di descriverle. Questo primo "esperimento" di tipo qualitativo permette di confrontare le sensazioni di ciascuno e notare che in alcuni casi le sensazioni che vengono provocate in diversi soggetti da cambiamenti specifici nel mondo fisico (ovvero quello che è al di fuori di noi e che percepiamo) sono almeno simili. Ciò equivale a dire che generalmente ogni variazione del mondo fisico viene percepito da tutti i soggetti in una maniera tale che la descrizione di tale variazione risulta molto simile. Quindi si può presupporre che anche le sensazioni stesse siano almeno compatibili tra di loro. Nonostante questa premessa sembri ovvia, essa ci permette di supporre che vi siano delle relazioni psicofisiche tra alcuni stimoli (variabili fisiche) e alcune sensazioni (variabili psicologiche) che tendono ad essere prevedibili e indipendenti dall'osservatore.

lezione
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Sensazione
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Psicologia generale

Si immagini ad esempio un possibile esperimento in cui un ricercatore facesse sedere al centro di una stanza buia un certo numero di soggetti, uno alla volta, che non abbiano menomazioni del sistema sensoriale (in questo esempio è fondamentale che non siano cieche), e in un certo istante accendesse una lampadina posta di fronte al soggetto. Se il ricercatore, dopo tale stimolazione, chiedesse ad ogni soggetto di descrivere ciò che ha visto, è molto probabile che tutti i soggetti rispondano di aver visto una luce. Ciò che abbiamo detto finora ci permette di concludere che ogni soggetto ha percepito una luce simile, anche se non possiamo essere certi che la sensazione prodotta sia stata esattamente la stessa.

Misura delle capacità sensoriali modifica

Uno dei primi studi di psicologia sperimentale fu la determinazione dei limiti delle nostre capacità sensoriali. Ovviamente l'essere umano non riesce a percepire tutto ciò che esiste nel mondo (infatti parlando al cellulare con qualcuno, non vediamo le onde elettromagnetiche che sappiamo essere il reale vettore della nostra comunicazione, ma siamo sicuri che esistono perché altrimenti non sentiremmo la voce dell'altro all'altro capo del telefono). Egli è dotato di cinque organi recettori delle sensazioni (chiamati anche semplicemente sensi). Ognuno di questi permette di percepire solo alcuni eventi fisici (l'esistenza di alcuni tipi di onde elettromagnetiche per la vista, la variazione di pressione dell'aria per l'udito) e solo se si verificano un certo range di ampiezza o di frequenza. Per ogni recettore sensoriale dunque è possibile stabilire i limiti inferiore e quello superiore entro i quali l'evento fisico viene percepito.

La soglia assoluta modifica

Per soglia assoluta si intende quel particolare livello di energia che discrimina tra la percezione e la non percezione di un evento fisico: ad un livello di energia più basso della soglia assoluta il soggetto non percepisce nulla, ad un livello pari o più alto il soggetto percepisce lo stimolo.

Senso Soglia assoluta
Visione La fiamma di una candela in una notte serena e illune a 45 km di distanza
Udito Il ticchettio di un orologio a 6 m di distanza in un ambiente quieto
Gusto Un cucchiaino di zucchero in 9 l d'acqua
Olfatto Una goccia di profumo nel volume equivalente a sei grandi stanze
Tatto L'ala di una mosca che cade sulla guancia dall'altezza di 1 cm
Stime della soglia assoluta di ciascun senso.[1]

Nel tempo sono state due le tecniche sperimentali usate per misurare tale soglia: il metodo degli aggiustamenti e il metodo degli stimoli costanti.

Il metodo degli aggiustamenti consiste nel permettere al soggetto sperimentale di aumentare direttamente e a suo piacimento il livello di energia dello stimolo fino a ché il soggetto stesso lo percepisce. Tuttavia, siccome il soggetto sperimentale prevedibilmente non è perfettamente coerente in caso di ripetizione dell'esperimento, la stima della soglia assoluta attraverso questo metodo non è sufficientemente preciso.

Per questo motivo è stato elaborato anche il metodo degli stimoli costanti. In questo caso è il ricercatore a determinare l'intensità degli stimoli che vengono via via somministrati al soggetto, il quale, per ognuno degli stimoli, deve riferire se lo ha percepito oppure no. Anche in questo caso i valori delle varie prove non sono perfettamente coerenti, quindi si è deciso di stabilire per convezione come soglia assoluta l'intensità che ha il 50% di probabilità di essere percepita.

La soglia differenziale modifica

Per soglia differenziale si intende la differenza minima di intensità che uno stimolo deve avere da un altro affinché vengano percepiti come diversi. I metodi sperimentali usati per studiarla sono simili a quella della soglia assoluta e come essa è definita come la differenza fisica che viene percepita il 50% delle volte e prende anche il nome di JND. Fin dai primi studi fu chiaro che i nostri recettori hanno una JND più bassa alle basse intensità e più alta alle alte intensità. Intuitivamente lo si può notare anche dal fatto che percepiamo facilmente la differenza di intensità tra il rumore di un ufficio un poco affollato e un aspirapolvere (corrispondenti rispettivamente a 60 e 80 dB) piuttosto che di un martello pneumatico a 2 m e la musica in discoteca (corrispondenti rispettivamente a 100 e 120 dB). Nel primo caso notiamo una certa differenza che in termini fisici è di 20 dB, mentre nel secondo caso difficilmente potremo notare una differenza sostanziale(che rimane pur sempre di 20 dB). Allo stesso modo, la differenza di peso tra un bicchiere di carta vuoto e uno contenente una moneta da 2 € è percepita come maggiore di quella tra un bicchiere con 10 monete da 2 € e uno con 11 monete da 2 € (eppure la differenza fisica tra le due situazioni sperimentali è sempre pari al peso di una moneta da 2 €).

Nel 1834 Ernst Weber notò che

ovvero che la JND è direttamente proporzionale all'intensità I dello stimolo iniziale; k è una costante di proporzionalità i cui valori variano a seconda del tipo di stimolo. Ad esempio per la pesantezza, k è pari a circa 0,02: quindi la JND per un peso di 50 gr è pari a 0.02 volte 50 gr, cioè 1 gr, mentre per un peso di 500 gr la JND risulta uguale a 10 gr.

Successivamente Fechner proseguì il ragionamento partendo da una formula simile a quella di Weber.

dove è la variazione dell'intensità dello stimolo, è l'intensità iniziale dello stesso, è un parametro dipendente dall'unità di misura dello stimolo e è la variazione della percezione dell'intensita dello stimolo in questione. Il termine non ha lo stesso significato della JND. Infatti, indica solo la differenza percepita tra i due stimoli, non la differenza minima che può essere percepita. Integrando entrambi i membri della [1] si ottiene che

dove è la costante di integrazione.

È possibile determinare lo stato iniziale dello stimolo, ovvero il livello di stimolo tale che la percezione risulta nulla, ponendo ed ottenendo così:

da cui risulta l'espressione formale della legge di Weber-Fechner:

Da questa formula si evince che l'intensità percepita è proporzionale al logaritmo del rapporto tra l'intensità dello stimolo e quello dello stimolo . In modo intuitivo questa formula significa che l'intensità percepita varia a seconda del rapporto tra gli stimoli e che più il rapporto è grande, meno velocemente la soglia differenziale aumenta.

La legge di Stevens modifica

Legge della potenza di Stevens applicata alla chiarezza, alla lunghezza apparente e allo shock elettrico

Nel 1956, S.S. Stevens cercò di studiare e di quantificare la soglia differenziale attraverso il metodo della stima di grandezza. Ossia, il ricercatore somministrava uno stimolo (ad esempio un suono) e ne comunicava l'intensità al soggetto sperimentale (ad esempio l'intensità era pari a 20). Successivamente il ricercatore somministrava altri stimoli ad intensità diverse e chiedeva al soggetto di stimarne l'intensità per confronto con quella del primo stimolo. Il soggetto quindi rispondeva 10 (seguendo l'esempio qui proposto) se percepiva un'intensità dimezzata rispetto a quella del primo stimolo, mentre rispondeva 40 se percepiva un'intensità doppia. Facendo poi una media delle risposte di molti soggetti alle varie intensità, Stevens formulò una legge (che viene chiamata legge della potenza di Stevens):

dove S è il giudizio sensoriale del soggetto, I l'intensità dello stimolo e k una costante che dipende dall'unità di misura scelta. Al variare di b, si ottengono differenti curve a seconda del tipo di stimolo somministrato. Nel caso in cui b è minore di 1, le relazioni tra intensità e sensazione sono simili a quelle della legge di Weber-Fechner. Ma la legge di Stevens risulta essere più generale rispetto a questa, poiché permette di includere in un'unica legge, gli andamenti Sensazione/Intensità di altri stimoli: se b è uguale a 1, la sensazione è direttamente proporzionale all'intensità, come accade nel caso della lunghezza apparente; se b è maggiore di 1, il giudizio sensoriale del soggetto, al cresce dell'intensità, aumenta sempre più velocemente, come accade per la scossa elettrica (cioè si ha un andamento opposto rispetto a quello postulato dalla legge di Weber-Fechner).

Proposta di revisione del concetto di “senso” modifica

Gradirei, soprattutto, improperi che mi inducessero a desistere dall'accarezzare sospetti, che potrebbero verificarsi estremamente folli nonché infondati, circa l'affidabilità dei nostri sensi.

Premessa modifica

I sensi sono funzioni che provvedono a trarre da stimoli di varia natura, interni ed esterni al nostro corpo, riferimenti importanti per la nostra esistenza. Dette funzioni sono svolte, in una prima fase di elaborazione, dalle stesse cellule nervose che ricevono gli stimoli, i recettori sensoriali, la cui parte centrale, soma, sintetizza proteine che si disciolgono nel liquido acquoso, citosol, ivi presente liberando ioni elettricamente carichi che, raggiunta la membrana che riveste il neurone, sono selettivamente autorizzati ad attraversarla in funzione della loro tipologia e della polarità della loro carica, determinando, così, un livello controllato di polarizzazione/depolarizzazione della membrana.

Le cariche elettriche in movimento determinano impulsi elettrici che, percorrso l'assone (protrusione caudale del recettore), raggiungono un particolare lobo cerebrale ove subiscono una seconda elaborazione (terza elaborazione per alcuni sensi per i quali il trasferimento degli impulsi al lobo cerebrale avviene attraverso il midollo spinale, ove gli impulsi sono sottoposti alla cosiddetta elaborazione parallela).

Il programma di elaborazione degli impulsi elettrici che ciascun lobo utilizza per fornirci sensazioni è unico ed esclusivo.

Considerazioni per una ipotesi di virtualità dei sensi modifica

In un primo stadio, stimoli, impercettibili come tali, di nature energetiche anche molto diversificate fra loro (meccanica, chimica, elettromagnetica) sono tutti trasdotti in modificazioni del potenziale di membrana del recettore, modificazioni convertite, a loro volta, in segnali chimici che, a valle della congiunzione (sinapsi) fra terminale dell'assone e cellula postsinaptica del lobo cerebrale di destinazione, sono nuovamente trasdotti in modificazioni del potenziale di membrana, evento che, per i tipi di senso per i quali, come sopra indicato, il trasferimento degli impulsi è preceduto dall'elaborazione parallela, consistente in interventi di inibizione/esaltazione . Segue, nel lobo, lo stadio di elaborazione finale, nel quale le proprietà delle sensazioni risultanti sono rigorosamente determinate da caratteristiche specifiche del programma (termine preso a prestito, in questa accezione, dall'informatica) assegnato in esclusiva al lobo operante.

Questa sequenza di interventi può indurci a ritenere che le sensazioni che riceviamo, mentre ci mettono a disposizione indispensabili riferimenti rappresentativi dei segnali ricevuti, potrebbero non identificarsi necessariamente con gli stessi, sino al punto da rendere lecito immaginare che le sensazioni potrebbero essere ben diverse da quelle abituali se avvenisse uno scambio di programma fra i lobi interessati, ipotesi secondo la quale, ad esempio, udiremmo suoni attraverso gli occhi e vedremmo immagini attraverso le orecchie (evento ovviamente devastante, almeno in una prima fase di assenza/carenza di allenamento).

Può, forse, essere di supporto all'ipotesi di virtualità dei sensi una sorta di mascheratura operata dal cervello in condizioni, come quelle in ambito pressorio e cinetico sotto indicate, nelle quali sia nullo o irrilevante il gradiente temporale di energie stimolatrici di livello piuttosto elevato.

  • (ambito pressorio) Non ci rendiamo per niente conto (se non razionalmente) del fatto che la pressione esercitata dalla lieve, volatile, flebile, impercettibile se non agitata, aria nella quale siamo piacevolmente immersi, essendo (a livello del mare) mediamente pari a quella esercitata da una colonna di mercurio dell'altezza di 760 mm., ovvero, con buona approssimazione, dalla forza-peso di 1 kg per ogni centimetro quadro, raggiunga la quindicina di tonnellate sulla superficie esterna media di un adulto (1,6 metri quadri) e, parimenti, la tonnellata, con la connivenza (o, perlomeno, preterintenzionale complicità) del liquido amniotico, per la superficie esterna di un feto supposta pari ad 1/10 di metro quadro.
  • (ambito cinetico) Non ci rendiamo conto di trovarci, in pratica, su di un tappeto volante che si muove, rispetto all'asse terrestre, ad una velocità nulla ai poli Nord e Sud, crescente fino a circa 1.700 Km/h all'Equatore, velocità alla quale vanno algebricamente aggiunte quella dell'asse terrestre determinata dalla rivoluzione della Terra attorno al Sole, quella di traslazione del sistema solare e, probabilmente, molte altre.

Allora, è azzardato o tristemente doveroso pensare che non esistano luce, ombre, colori, immagini, nonché suoni, tuoni, parole, musica, nonché sapori di peperoncino, di cioccolatto, di miele, nonché odore, profumo, puzza, nonché caldo e freddo, nonché, infine, il tanto deprecato quanto meritevole dolore?

Ma, allora,culturalmente, è accettabile, ovvero rigorosamente raccomandabile o, invece, assurdo, che persino in testi scolastici a livello universitario si parli, ad esempio, di “luce” che, dopo aver attraversato i mezzi diottrici dell'occhio, raggiunge la retina, sulla quale realizza una “immagine” (scrupolosamente fedele, tra l'altro) della realtà?

Ogni volta che ci sembra di scorgere attraverso uno spiraglio della fantasia la bozza di una nuova faccia della realtà ci rendiamo conto di quanto la realtà superi la fantasia di chi non la conosce.

Note modifica

  1. Fonte: Galanter [1962]