Niccolò Machiavelli
Niccolò Machiavelli
modificaNiccolò Machiavelli è stato il primo scienziato politico. Per lui nella politica si potevano prendere scelte drastiche, talvolta violente e immorali, dinanzi agli ostacoli che li necessitavano.
È stato segretario della seconda cancelleria dal 1498 fino al 1512 ambasciatore della sua città-stato presso le piccole e grandi corti italiane e internazionali (in Germania,Francia), autore di importanti relazioni diplomatiche in cui comincia a maturare il suo pensiero politico costretto a uscire dalla politica attiva dal ritorno al potere dei Medici nel 1512.
Esiliato fuori dalle mura, nel ritiro di San Casciano compose le sue opere fondamentali che a noi interessano, Il Principe nel 1513, ma edito postumo 1532, e Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, tra il 1512 e il 1517, ma anch'esso edito postumo nel 1531. Infine Istorie fiorentine (1520‐1526), in cui racconta la vicenda della sua città dalle origini alla morte di Lorenzo il Magnifico.
Machiavelli morì poverissimo, ricordato allora solo dai pochi amici.
Fortuna e Virtù; Il Principe
modificaSecondo Machiavelli il sovrano, Il Principe, doveva anche saper essere spietato se fosse stato necessario. Il principe capace infatti, il politico virtuoso, deve essere uomo e bestia, nel senso di umano e disumano, pietoso o spietato a seconda elle necessità del potere. Dev'essere “volpe e leone”. La sua virtù consiste nell'essere tutto astuzia e coraggio(o forza). Il concetto di virtù proposto da Machiavelli è del tutto diverso sia da quello della morale religiosa del Medioevo, sia da quello elaborato dall'Umanesimo; infatti la virtù politica comprende anche l'astuzia e l'uso della violenza, che deve essere comunque ben usata per mantenere lo Stato ordinato. Machiavelli sostiene che per salvare lo Stato il principe dev'essere disposto anche a operare contro la fede, la carità, l'umanità e la religione.
Il principe conosce un solo vero limite: la “fortuna”ossia la potenza delle circostanze imprevedibili. Su ciò Machiavelli si dice combattuto. Se in principio pensava alla impossibilità di farvi fronte (fatalismo), poi non si è sentito di negare del tutto la capacità umana di dominare gli eventi, giungendo ad affermare che la fortuna controlli solo la metà delle azioni umane. Quello che può fare il principe contro l'avversa fortuna non è prevederla in dettaglio, ma prevenirla, Se poi la mala sorte si accanisce occorre giocare non più con prudenza, mirando a salvare il salvabile, ma con il massimo di audacia possibile, rischiando il tutto per tutto.
Pensiero
modificaIn Machiavelli l'autonomia della politica ha due significati: in primo luogo il sapere che riguarda l'agire politico si deve costituire come scienza, definendo in modo rigoroso il proprio oggetto, i principi specifici, le finalità. In secondo luogo, è lo stesso obiettivo proprio della politica a richiedere l'indipendenza da istanze di ordine religioso e morale e la pena è l'insuccesso. Per Machiavelli l'agire politico ha la sua giustificazione in sé stesso, non in princìpi morali o religiosi.
E, poiché è convinto che i gruppi dirigenti dei vari Stati italiani siano deboli e corrotti, esprime l'esigenza di ricorrere all'opera di un Principe, cioè di un soggetto politico dotato di un'adeguata strategia e dei mezzi necessari per perseguirla.
L'azione umana è sovrastata dalla fortuna, cioè dalla necessità e dalla casualità, da uno stato di cose che la condiziona, limitandone misura più o meno ampia le possibilità di esercizio. Machiavelli ritiene che la fortuna, cioè lo svolgimento degli eventi storici, si manifesti indipendentemente e molto spesso contro l'agire politico. Essa è qualcosa che non dipende dall'uomo, ma dalla casualità delle circostanze. Questo fa sì che il successo o l'insuccesso di un'iniziativa politica dipenda dal caso. Ciò non toglie che la virtù, ossia l'insieme delle capacità umane, abbia un grande valore. Egli esalta la capacità di cogliere con destrezza le occasioni; valorizza soprattutto la capacità del politico di prevedere in tempo le congiunture a lui sfavorevoli e di porvi riparo in anticipo, o quelle che possono essergli favorevoli di volgerle a proprio vantaggio. La fortuna, scrive Machiavelli, "è come un fiume in piena che, straripando travolge tutto, senza che l'uomo possa far nulla per arrestarlo. Ma il suo impeto è meno rovinoso, per l'uomo, se questi provvede in tempo a costruire argini che permettano di disciplinare o ostacolare la piena."
Per Machiavelli le condizioni politiche e militari della sua epoca non sono favorevoli all'affermazione di un regime repubblicano-romano, poiché prevale l'esigenza di combattere con ogni mezzo per costituire uno Stato nuovo e liberare l'Italia dal “barbaro dominio”: nella travagliata fase storica che l'Italia attraversa sembra più adeguato il Principato. Ma ciò non toglie che, per conservare e ben governare lo Stato, occorra poi andare verso una maggiore estensione possibile del consenso, quindi verso un governo misto, fondato sulla libertà e sui buoni costumi, sul potere aristocratico e sulla partecipazione popolare. La Ragion di Stato: quando necessario, un Principe può fare anche atti che sarebbero crimine se fatti da chiunque altro: per Ragion di Stato.
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