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Moneta
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia della moneta

Una definizione

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Come scrive il premio Nobel Samuelson:

«la moneta, in quanto moneta e non in quanto merce, è voluta non per il suo valore intrinseco ma per le cose che consente di acquistare.»

(Samuelson, Economia, Zanichelli, 1983, pag. 255)

Per moneta si intende dunque ogni oggetto materiale o entità astratta che svolga le funzioni di:

  • Misura del valore (moneta come unità di conto);
  • Mezzo di scambio nella compravendita di beni e servizi (moneta come strumento di pagamento);
  • Fondo di valore (moneta come riserva di valore);
  • Riferimento per pagamenti dilazionati (funzione implicita nelle tre precedenti).

La funzione "centrale" della moneta è comunque quella di strumento di pagamento, visto che tutte le altre funzioni sono o conseguenza di tale funzione o condizione necessaria per lo svolgimento di questa funzione stessa.

Mentre nell'antichità esistevano soltanto le monete metalliche, consistenti solitamente in dischi di varie dimensioni e composizione, usati come strumenti di pagamento o tesaurizzati, nelle economie moderne alla moneta metallica si è affiancata o sostituita la moneta cartacea, più facile da produrre e utilizzare, nonché diverse altre tipologie di "monete" immateriali, a cominciare dal deposito bancario (in quest'ultimo casi si parla di "moneta" intesa in senso lato, come strumento di pagamento complementare rispetto alla moneta in senso stretto).

Le origini del nome "moneta"

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Nella nostra esperienza quotidiana la moneta è essenzialmente uno strumento di pagamento, un mezzo di scambio con cui paghiamo e siamo pagati.

In realtà la moneta ha avuto ed ha anche altre funzioni, ma nessuna di queste può essere rintracciata dall'etimo del suo nome che risulta particolarmente affascinante e che si deve alla famosa storia delle oche del Campidoglio.

Nel 396 a.C. RomaRoma si trovava sotto l'assedio dei Galli di Brenno; sulla cittadella del Campidoglio vi era il tempio dedicato a Giunone dove venivano allevate delle oche sacre alla dea.

Una notte, al sopraggiungere dei Galli, le oche presero a starnazzare e svegliarono l'ex-console Manlio che dette l'allarme. L'attacco fu quindi sventato grazie alle oche sacre. Manlio aggiunse al suo nome il cognomen Capitolinus.

Da quel momento la dea Giunone acquisì l'appellativo di Moneta, dal verbo latino monere che sta per avvertire, ammonire, in quanto si credeva che avesse lei destato le oche per avvertire dell'arrivo dei Galli.

Successivamente, verso il 269 a.C., in prossimità del tempio venne edificata la zecca che venne messa proprio sotto la protezione della Dea Moneta. A quel punto fu il linguaggio popolare a trasmettere l'appellativo della Dea dapprima alla zecca e poi a ciò che lì si produceva.

Il nomisma dei greci ed il nummus dei latini divenne quindi moneta.

La zecca si trovava dove oggi sorge la chiesa di chiesa di Santa Maria in Aracoeli.

Denaro e moneta

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È necessario fare un'importante distinzione tra il concetto di denaro e quello di moneta.

Il denaro è il circolante accettato del mercato, ossia da tutti, in un distinto periodo storico. I gettoni telefonici, i miniassegni degli anni '70, le caramelle date di resto al bar, le hours di Ithaca (N.Y.) sono un esempio di denaro. In antichità, prima della nascita della moneta, il denaro era costituito da svariate tipologie di oggetti e non solo: semi di cacao, conchiglie, barrette di ferro, spiedi, sale (da cui "salario") e così via.

La moneta è il circolante emesso dallo stato in un distinto periodo storico. La moneta quindi fa parte della categoria del denaro fino a quando viene accettata dal mercato. Le monete fuori corso e le monete svalutate non sono più denaro in quanto nessuno le accetta.

Storia della moneta

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Dal baratto alla moneta

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In assenza di moneta lo scambio di beni e servizi comporta il ricorso al baratto. Lo scambio di beni o servizi contro altri beni o servizi può essere efficiente solo in economie estremamente primitive.

Qualora il venditore non desiderasse ricevere, in cambio del bene ceduto, il bene che gli viene proposto, può rifiutare lo scambio oppure accettare il bene proposto per poi rivenderlo ad altri in cambio di un bene gradito oppure di un bene che a sua volta consenta di ottenere quanto desiderato.

 
Tetradracma proveniente da Atene (V sec. a.C. circa)

Così il venditore può ottenere il bene desiderato solo dopo una serie di scambi (baratto multiplo), che non facilitano la compravendita di beni e servizi: l'assenza di un mezzo di pagamento di diffusa accettazione frena certamente gli scambi e quindi lo sviluppo economico.

Inoltre in assenza di moneta è quasi impossibile il risparmio. Chi produce un bene deve consumarlo o venderlo prima che deperisca (si pensi ai generi alimentari) e solo una piccola parte dei beni può essere conservata e consumata in futuro.

Inoltre il baratto diventa difficile da realizzare per beni indivisibili. Un esempio può essere offerto dai capi di bestiame (vivo).

Diventa perciò necessario che negli scambi entri in gioco un mezzo accettato in pagamento da tutti gli operatori economici, che conservi il proprio valore nel tempo (altrimenti verrebbe meno parte dell'accettazione) e sia facilmente divisibile.

I primi beni a fungere da mezzo di scambio ("moneta" in senso lato) presentano probabilmente i caratteri della non deperibilità, della notevole disponibilità e diffusione (negli scambi), della facile verificabilità della loro qualità: la prima caratteristica favorisce la tesaurizzazione in attesa di scambi futuri desiderati ma incerti; la seconda caratteristica garantisce una diffusa accettazione (che a sua volta ne accrescesce ulteriormente la diffusione, innescando un meccanismo moltiplicativo); la terza caratteristica riduce le incertezze legate al pagamento e aumenta quindi l'accettazione di tali beni come mezzo liberatorio di pagamento.

Solo successivamente fanno la loro comparsa, come strumenti di pagamento, i metalli preziosi, in considerazione soprattutto della loro notevolissima resistenza rispetto al trascorrere del tempo.

Nelle economie occidentali i metalli preziosi si sono affermati come strumenti di pagamento, in particolare con la loro trasformazione in monete d'oro, d'argento o di altri metalli preziosi.

Con riferimento a questi primi strumenti di pagamento, consistenti di fatto in beni con un proprio valore intrinseco, si usa l'espressione moneta merce.

La moneta in metallo prezioso

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Nelle economie rinascimentali chi dispone di metallo prezioso (oro o argento) può portarlo alla zecca, gestita da chi esercita il potere politico, perché diventi moneta. La zecca trattiene parte delle monete coniate per coprire le spese di coniazione e come signoraggio.

Il signoraggio e le spese di coniazione impediscono che il valore nominale delle monete coincida con il valore intrinseco, che dipende dalla quantità di metallo prezioso (spesso l'oro) in esse contenuto; questo serve anche a proteggere la moneta dal pericolo d'essere usata come metallo e non come valuta.

L'impiego di monete metalliche in oro o argento consente di regolare facilmente gli scambi internazionali perché i metalli preziosi sono accettati ovunque. Chi riceve in pagamento la moneta di un paese straniero può usarla anche nel proprio, se è accettato l'uso della moneta straniera, oppure fondendo il metallo prezioso e usandolo per coniare monete accettate nel proprio paese.

La nascita delle banconote

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Monete giapponesi

L'impiego di monete metalliche in oro o argento presenta tuttavia due limiti insormontabili.

Il primo limite riguarda la possibilità di controllare l'offerta di moneta.

La moneta è infatti un mezzo di scambio che serve a regolare gli scambi. Più grande è il prodotto interno lordo di un paese, più numerosi sono gli scambi e maggiore è la quantità di moneta necessaria a regolarli. L'offerta di metalli preziosi non è una variabile che si può controllare facilmente, dipendendo dalla produzione delle miniere e dagli afflussi e dai deflussi di metallo prezioso da e verso l'estero, per esempio attraverso il regolamento dei saldi commerciali.

L'uso di monete in metallo prezioso ha inoltre effetti potenzialmente destabilizzanti sull'economia. Se la quantità di moneta cresce troppo, per effetto di un surplus commerciale o della scoperta di nuovi giacimenti di metallo prezioso, si produce un aumento della domanda di beni e servizi superiore all'offerta (nelle economie che usano monete in metallo la crescita è in genere assai limitata) e quindi aumentano i prezzi (inflazione). In caso contrario si assiste al calo dei prezzi (deflazione).

Il secondo limite riguarda i trasferimenti di denaro.

L'uso di monete metalliche comporta notevoli problemi di sicurezza nel trasferimento di grandi somme di denaro, sia per il rischio di furti che per quello di perdite, ad esempio nei commerci via nave. È quindi opportuno usare strumenti di pagamento differenti, di tipo cartaceo, che trasformano la moneta metallica in banconota o in ordine di pagamento.

A introdurre l'uso delle prime banconote sono i banchieri, che a fronte dei depositi in oro effettuati presso le banche stesse, emettono titoli rappresentativi del credito in oro nei loro confronti, attribuendo al depositante/possessore del titolo il potere di scambiare le banconote presso un altro banchiere collegato col primo da legami d'affari, evitando così le spese e i rischi connessi al trasporto della moneta metallica (in genere i banchieri distribuiscono strategicamente la loro attività nei più importanti luoghi dove si concentrano gli scambi di merci), oppure il potere di utilizzare direttamente le banconote come strumenti di pagamento (purché vi sia la fiducia del venditore nei confronti della solvibilità del banchiere emittente, e la verificabilità della veridicità del titolo stesso).

Successivamente le banche cominciano ad "emettere" moneta cartacea, ovvero iniziano a stampare banconote (titoli di credito nei confronti dei depositi in oro detenuti dalla banca) per un ammontare maggiore rispetto alla capacità di copertura aurea delle banconote stesse. Questa procedura (per certi versi rischiosa, dal punto di vista della solvibilità) è incoraggiata fondamentalmente da due fattori:

  • Da un lato la considerazione del fatto che in realtà il "circolante" maggiormente e stabilmente diffuso negli scambi è ormai rappresentato dalle banconote (le effettive conversioni in oro effettuate dai possessori di banconote sono diventate molto rare);
  • Dall'altro lato la possibilità di ottenere elevati profitti, attraverso gli interessi dei prestiti effettuati in banconote di nuova emissione.

Il Sistema Aureo

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In epoca industriale diventa importante disporre di monete in quantità sufficiente a soddisfare le esigenze di economie in forte crescita. Contemporaneamente il diffondersi del benessere amplia il numero di chi può risparmiare.

Nascono perciò banche che raccolgono il risparmio e prestano denaro, sotto forma di depositi bancari oltre che di banconote.

L'oro e l'argento si trasformano gradualmente in riserve, uscendo dai commerci per entrare nei forzieri delle banche centrali. Vengono usati per regolare i deficit delle bilance commerciali. Poco per volta si fa strada la regola secondo cui le autorità monetarie possono emettere moneta fino ad un valore massimo pari ad alcune volte il valore dell'oro detenuto.

Le autorità monetarie possono così regolare la quantità di moneta in funzione dei propri obiettivi di politica monetaria, mentre le riserve di metalli preziosi servono a regolare i saldi nella bilancia dei pagamenti.

Tale sistema, noto come sistema aureo (o gold standard), viene adottato verso la fine dell'Ottocento da tutte le principali economie occidentali.

Ha il vantaggio di rendere più flessibile la creazione di moneta e tuttavia il limite che, in presenza di un paese con una bilancia dei pagamenti costantemente in deficit, devono essere presi provvedimenti per evitare che si esauriscano le riserve di tale paese.

Il ricorso alla svalutazione è la risposta, che però si ripercuote anche sul valore delle altre monete, provocando situazioni di instabilità che si diffondono rapidamente dall'economia in difficoltà alle economie ad essa collegate.

Bretton Woods

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La soluzione che viene escogitata durante la Conferenza di Bretton Woods, dopo la fine della seconda guerra mondiale, consiste nel prevedere finanziamenti da parte dei paesi in surplus (primo fra tutti, gli USA) a favore dei paesi in deficit.

Le riserve in oro perdono il ruolo di primo piano giocato fino a quel momento e lasciano spazio al dollaro, come moneta alla base del sistema monetario internazionale. A sua volta il dollaro è convertibile in oro.

L'abbandono di ogni legame con l'oro

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Anche il sistema di Bretton Woods non regge alla prova del mercato e di una economia che diventa sempre più complessa e nella quale operano interessi sempre più consistenti. La fine della convertibilità del dollaro in oro viene decretata dal presidente americano Nixon quando appare chiaro che il sistema è troppo oneroso per gli USA.

Si passa così nel 1971 ad un sistema di cambi flessibili: i deficit non generano più flussi di oro o di altri beni a favore del paese in surplus, ma danno luogo a svalutazioni delle monete.

Teoricamente qualunque metallo può essere riserva o materiale di conio della moneta. Quando la moneta inizia a essere stampata su carta o su un supporto metallico che non ha un valore (se fuso e rivenduto) pari a quello nominale, quantità dello stesso materiale vengono accumulate a riserva. Il passaggio alle riserve si ha quando l'oro o il metallo di conio non è disponibile in quantità sufficienti per le monete che si vogliono emettere.

Dapprima si coniano monete con una quantità di metallo inferiore al valore nominale, progressivamente ridotta. I forzieri e le riserve non sono accessibili pubblicamente e non è possibile accertare il loro ammontare effettivo.

Le autorità monetarie possono quindi emettere moneta nella quantità desiderata e non più in base alla quantità di oro o di altri metalli preziosi presenti nei propri forzieri.

Con riferimento a questi strumenti di pagamento, privi di qualsiasi contropartita in beni, si usa l'espressione moneta legale (o moneta a corso legale), in contrapposizione al concetto di moneta merce.

Valore della moneta

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Valore intrinseco della moneta

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Il valore intrinseco di una moneta è il valore dello strumento (per esempio la moneta metallica o la banconota) usato come moneta. Esso dipende dal valore del bene che compone la moneta. Una moneta cartacea, come un biglietto da 10 €, ha un valore intrinseco pari al costo per produrlo, vale a dire pari al costo degli inchiostri, della stampa, del trasporto dalla zecca alla banca, dei diritti sul sistema anti-falsificazione, ecc. Una moneta metallica, come la moneta da 1 €, ha un valore intrinseco pari al costo per coniarla.

Il costo di una moneta elettronica dipende dalla necessità di addebitare ad un conto bancario e accreditare ad un altro una certa somma di denaro.

Di solito si tratta di costi modesti. Il valore intrinseco delle monete moderne è quindi assai basso, con l'eccezione delle monete che assumono un interesse per gli esperti di numismatica.

Il loro valore intrinseco resta basso, ma la rarità, il desiderio di collezionarle e tutto quanto alimenta l'interesse dei numismatici contribuiscono a dare ad esse un valore.

Il passaggio graduale dall'uso delle monete in metallo prezioso a monete immateriali ha abbattuto il valore intrinseco della moneta e conseguentemente anche i costi per produrla. La riduzione dei costi è avvenuta contemporaneamente alla crescita dell'economia che ha reso necessario l'uso di quantitativi sempre più grandi di moneta.

Se non si fosse verificata diminuzione dei costi per emettere moneta, al crescere della domanda di moneta sarebbe cresciuto il costo totale di emissione. Di conseguenza si sarebbe dovuta destinare una parte consistente della maggiore ricchezza alla creazione dello strumento monetario.

Per tale ragione è impensabile l'uso dell'oro o l'argento come moneta nelle economie moderne: se anche fosse disponibile tanto oro da soddisfare la domanda di moneta, il costo per procurarsi la moneta sarebbe estremamente elevato.

Valore nominale della moneta

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Altra cosa è il valore nominale delle monete. Il valore di ciascuna moneta è quello segnato sulla moneta stessa. È indispensabile nelle economie moderne disporre di mezzi di pagamento nella quantità necessaria a regolare flussi di scambi sempre maggiori. Questo implica per le autorità monetarie la libertà di emettere moneta nella quantità che esse ritengono adeguata ad un buon funzionamento del sistema dei pagamenti.

La moneta non viene emessa a fronte di riserve di oro detenute dalla banca centrale, come avveniva in passato, né quindi può essere ceduta alla banca emittente in cambio di oro o di un altro bene.

La circolazione della moneta e quindi il riconoscimento del suo valore nominale dipendono solo ed esclusivamente dalla fiducia che chi riceve in pagamento una certa quantità di denaro ha di poter a sua volta cedere ad altri il denaro in cambio di beni e servizi. Questo "meccanismo fiduciario" garantisce che il valore nominale sia anche il valore reale della moneta.

A rafforzare tale meccanismo basato sulla fiducia reciproca intervengono naturalmente tutti i sistemi anti-contraffazione, che offrono ai cittadini una elevata probabilità che al denaro posseduto (e ricevuto da altri) sia riconosciuto il valore nominale riportato su banconote e monete e non il valore intrinseco di biglietti e monete prive di valore legale.

Ma soprattutto il meccanismo fiduciario viene integrato dall'obbligo legale di accettare in pagamento la moneta legale del proprio paese e dalla regola, contenuta nel codice civile, che afferma che una volta effettuato il pagamento l'obbligazione si estingue, liberando per sempre il debitore.

In termini più semplici possiamo dire che una banconota da 20 € vale 20 € perché chiunque, accettandola in pagamento, è sicuro che altre persone, alle quali a sua volta verrà ceduta la banconota, riconosceranno (per volontà propria e perché obbligati dalla legge) che tale banconota vale 20 €.

Potrebbero riconoscere ad essa un valore diverso solo se la banconota fosse falsa (e in questo caso il valore sarebbe vicino allo zero) o se la banconota avesse valore in quanto interessante per i numismatici.

In sintesi, le monete cartacee oggi usate (totalmente svincolate dalle quantità di metalli preziosi) hanno valore in quanto mezzo di pagamento stabile riconosciuto nell'economia di un certo paese:

  • La stabilità è garantita dal controllo sull'emissione da parte delle banche centrali (la crescita dell'offerta di moneta deve essere infatti in linea con la crescita dell'economia, altrimenti eventuali eccessi si riproducono nel lungo periodo come inflazione);
  • Il riconoscimento come mezzo di pagamento è garantito dalla legge;
  • Infine il potere d'acquisto stabile e giuridicamente riconosciuto della moneta è rilevante solo in quanto può essere rivolto a beni e a prodotti finanziari desiderati, che sono prodotti e offerti dal paese in cui circola quella moneta.

In pratica, nessuno di noi accetterebbe un "pezzo di carta" in cambio di un bene, se quel pezzo di carta non ci consentisse di acquistare altri beni, se esso perdesse il suo valore nell'intervallo di tempo in cui lo deteniamo prima di scambiarlo con un altro bene, se esso attribuisse un potere d'acquisto puramente formale in un'economia di fatto improduttiva e inesistente.

Svalutazione della moneta

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La svalutazione è la perdita di valore di una moneta nei confronti di beni e servizi, comprese altre monete.

In passato, quando le monete erano composte da metalli preziosi, il valore nominale poteva essere più o meno vicino a quello del metallo prezioso contenuto. Se i governanti sostituivano parte del metallo prezioso con metallo comune (in particolare rame), allo scopo di emettere una maggiore quantità di denaro, la moneta finiva per perdere valore reale. E lo stesso avveniva se si imponeva ad una moneta già in circolazione un valore nominale superiore a quello avuto in precedenza rispetto ad altre monete dello stesso sistema monetario.

Infatti, una volta fuse, le monete rivelavano il loro vero valore che se non coincideva con il valore nominale, avrebbe portato a rifiutare la moneta contenente metalli poco nobili.

Ai nostri giorni non si usano più monete composte da metalli preziosi e le ragioni della perdita di valore di una moneta sono da attribuirsi all'operare della domanda e dell'offerta delle monete che servono a regolare le transazioni economiche (essa può anche essere indotta dall'uso della politica monetaria come strumento di politica economica da parte della banca centrale: una svalutazione competitiva per favorire la domanda di beni nazionali).

La svalutazione rende più costose le merci importate e di conseguenza può avere conseguenze sull'inflazione del paese che svaluta. E inoltre rende più convenienti i prodotti del paese che svaluta sui mercati esteri.

La fiducia come fondamento del valore di una moneta

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Normalmente gli strumenti impiegati come moneta non sono beni di consumo per chi li riceve. Questo vale per la carta-moneta (un biglietto da 50 euro ha un valore come banconota, mentre come pezzo di carta non ha praticamente nessun utilizzo), ma anche per l'oro, il cui impiego come bene intermedio o di consumo è assai limitato.

La ragione per la quale queste monete vengono accettate in pagamento risiede nella fiducia di chi le riceve che altri faranno altrettanto, accettando in pagamento monete, banconote, depositi bancari o titoli di stato.

Senza tale fiducia difficilmente una moneta sarebbe accettata in pagamento e neppure il corso legale di una moneta, ovvero l'obbligo di accettarla in pagamento, potrebbe molto contro il rischio di trovarsi in mano carta straccia o un deposito bancario inutilizzabile.

Si spiega quindi l'impiego nell'antichità dell'oro come mezzo di pagamento. L'oro era accettato ovunque perché tutti ritenevano che altri avrebbe accettato di essere pagati in oro. La stessa caratteristica è oggi posseduta dal dollaro e da altre monete e da alcuni beni.

L'emissione di moneta

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L'emissione in un sistema con sole monete metalliche

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Nelle economie primitive, circolavano quasi esclusivamente monete metalliche coniate impiegando da metalli preziosi. Si creava moneta ogni qual volta si coniavano le monete. Il metallo prezioso proveniva dalle miniere e dall'estero, in seguito a saldi commerciali positivi, regolati usando metalli preziosi.

La quantità di moneta circolante nell'economia poteva quindi aumentare o diminuire, nel caso di deficit commerciali regolati cedendo metalli preziosi, non compensati dalle nuove estrazioni minerarie. Le variazioni della quantità di monete aveva effetti sui prezzi. I prezzi aumentavano o diminuivano (deflazione) con la quantità di moneta e con effetti che si ripercuotevano su salari e occupazione.

L'emissione di moneta da parte delle banche

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L'evoluzione dell'economia porta poi alla creazione, accanto alle monete metalliche, della moneta bancaria (da non confondere con la moneta bancaria intesa come il complesso degli strumenti di pagamento forniti oggi dalle banche, in aggiunta alla moneta legale in circolazione). Il deposito dell'oro in sovrappiù presso gli orafi, alcuni dei quali si trasformano in banchieri e prestano il metallo prezioso ricevuto e non trattenuto come riserva, favorisce la nascita di un sistema creditizio, nel quale le passività dei banchieri diventano moneta. Ogni banca finisce per emettere una propria moneta, che è accettata in pagamento, solo se la banca è ritenuta solvibile.

La creazione di moneta da parte della banca centrale

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La molteplicità delle monete e degli emittenti, fonte di instabilità e di periodiche crisi finanziarie, viene affrontata decidendo di concentrare il potere di emettere moneta nelle mani di un unico soggetto, la banca centrale.

In tal modo si limita il potere di erogare credito da parte delle banche, che non possono superare il limite imposto loro dall'obbligo di detenere parte della raccolta sotto forma di riserve (oggi non più in oro, ma in attività estremamente liquide), e si attribuisce alla banca centrale il potere di rifinanziare le banche, quando occorra. Tale potere serve sia a far crescere l'offerta di moneta, attraverso l'aumento della base monetaria da parte della banca centrale, sia a garantire la solvibilità delle banche.

La moneta nel bilancio della Banca Centrale

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«Il biglietto di banca rappresenta un debito dell'istituto che lo emette e naturalmente un credito per chi lo possiede...È un'idea che pare semplice, ma che ha richiesto alcuni secoli per essere messa a punto»

(Alfredo Gigliobianco: Via Nazionale, Donzelli, 2006, pag. 377))

La banca centrale emette moneta acquistando titoli di debito di stati, banche o imprese. È bene sottolineare che le banche centrali non acquistano titoli di stato direttamente dallo Stato ma da chi li ha acquistati precedentemente e intende rifinanziarsi cedendo i titoli posseduti.

Nella contabilità della banca centrale la scrittura contabile relativa all'acquisto dei titoli è la seguente:

titoli @ moneta 100

La banca centrale acquista i titoli da una banca ordinaria che li possiede direttamente o per conto dei propri clienti.

L'acquisto di titoli viene registrato in dare di una voce che appartiene allo stato patrimoniale della banca centrale, mentre in avere di una voce allo stato patrimoniale si registra il debito nei confronti del venditore, la banca ordinaria.

A sua volta la banca ordinaria registrerà la seguente scrittura contabile:

moneta @ titoli 100

La banca ordinaria ha infatti un credito in moneta nei confronti della banca centrale per aver venduto i titoli, la cui cessione comporta una registrazione in avere del conto titoli.

La banca centrale può regolare il debito nei confronti della banca ordinaria versando ad essa banconote oppure riconoscendogli un credito di conto corrente. Credito per la banca ordinaria cui corrisponde un debito per la banca centrale.

La moneta, in senso lato (da non confondersi con le sole banconote o con le monete metalliche, che sono solo una piccola parte della moneta) è dunque nella contabilità della banca centrale un debito verso la banca ordinaria dalla quale sono stati acquistati i titoli.

Poiché solo una parte modesta dell'enorme massa di transazioni delle economie moderne avviene con l'uso di banconote, le banche ordinarie che cedono i titoli propri o della clientela alla banca centrale usufruiscono per lo più degli accrediti in conto corrente presso la Banca Centrale.

Alla scadenza dei titoli, la Banca Centrale li rivende all'emittente (può venderli anche prima della scadenza, se lo ritiene conveniente).

La moneta emessa in precedenza ritorna alla Banca Centrale, che tuttavia, se non ha l'obiettivo di ridurre la quantità di moneta in circolazione nell'economia, emette nuova moneta acquistando altri titoli.

Il processo di emissione di moneta acquistando nuovi titoli in sostituzione di quelli rimborsati è senza fine e man mano che l'economia cresce, cresce anche la massa di titoli acquistati e quindi di moneta emessa.

La moneta infatti è uno strumento, essenziale per il funzionamento dell'economia e spetta alla Banca Centrale regolarne la quantità in circolazione, attraverso l'emissione di moneta a fronte della quale vengono acquistati titoli, per lo più di stato (BOT,CCT, ecc).

La moneta bancaria oggi

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Nei sistemi monetari attuali il potere di produzione della moneta appartiene esclusivamente alla banca centrale, tuttavia le banche ordinarie continuano comunque, in un certo senso, a "produrre moneta" (in senso lato, ovviamente): non certo stampando banconote proprie (come facevano i banchieri del passato, a fronte di una copertura non totale in oro), ma emettendo strumenti di pagamento bancari (moneta bancaria, nel senso odierno del termine) a fronte dei depositi in moneta legale ricevuti (senza però tenere totalmente immobilizzati questi depositi), grazie alla loro elevata e professionale capacità di gestione della liquidità (di fatto "moltiplicando" la "liquidità" presente nell'economia).

Emissione di moneta e inflazione

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Per decenni le banche centrali hanno operato seguendo le direttive dei rispettivi governi, che ne avevano promosso la creazione per finanziare la parte della spesa pubblica non coperta con l'imposizione fiscale. L'obbligo di sottoscrivere i titoli non collocati ha gravato fino al 1981 sulla Banca d'Italia. Gli aumenti della base monetaria sono stati all'origine di forti aumenti dei prezzi. Il tasso di inflazione ha raggiunto, tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, al 20-25% annuo.

Argomenti correlati

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Per comprendere meglio la differenza tra moneta in senso stretto e moneta in senso lato vedi:

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Per comprendere meglio alcune differenze terminologiche vedi:

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Per approfondire il funzionamento dei sistemi monetari vedi:

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Per approfondire il funzionamento della politica monetaria della banca centrale vedi:

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Collegamenti esterni

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Circolazione monetaria nel medioevo