Eduardo De Filippo (superiori)
Il teatro napoletano nella prima metà del Novecento è stato particolarmente ricco e vivace. Da queste esperienze discende anche il teatro di Eduardo De Filippo. Attore, autore e regista dei suoi drammi, De Filippo ha dato vita a una cifra stilistica unica e immediatamente riconoscibile, che ha mescolato le istanze della tradizione napoletana con le poetiche del neorealismo.
La vita
modificaNasce a Napoli il 24 maggio 1900. Il padre, Eduardo Scarpetta, è un celebre attore del teatro napoletano, come attrice è anche la madre Luisa De Filippo. Giovanissimo, fonda una compagnia teatrale insieme ai fratelli Peppino e Titina. Per la sorella in particolare scriverà varie farse e commedie, seguendo la tradizione napoletana. Come attore si fa conoscere per il suo talento nella recitazione, che attira l'attenzione di Pirandello. Collabora con lo scrittore siciliano, portando in scena la trasposizione della novella L'abito nuovo (1937). Dopo la seconda guerra mondiale rompe con Peppino e, insieme a Titina, fonda la Compagnia di Eduardo. Fino alla morte, avvenuta a Roma il 31 ottobre 1984, porterà in tour per i teatri le opere da lui scritte.[1] Oltre che a teatro, Eduardo (come viene generalmente chiamato) è attivo anche al cinema, sia come attore, sia come regista e sceneggiatore. Nel 1981, per i suoi meriti artistici è nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Opere
modificaLe opere di Eduardo De Filippo sono state raccolte e pubblicate da Einaudi nei volumi che compongono Il teatro di Eduardo. Con i suoi drammi, il teatro napoletano assume risonanza nazionale. Nei suoi testi coniuga i caratteri del teatro ottocentesco con le poetiche del neorealismo, un aspetto che è riconoscibile sia nell'uso del dialetto sia nella rappresentazione realistica della società piccolo borghese partenopea, di cui porta sulla scena anche gli aspetti più dolorosi. Ridà vita alla maschera di Pulcinella, ovvero all'uomo comune che cerca di sopravvivere alle difficoltà quotidiane ricorrendo anche a sotterfugi, ma comunque dotato di una profonda dignità. Nelle sue opere più riuscite crea un sapiente equilibrio tra le diverse componenti: la denuncia sociale si unisce alla ricerca di soluzioni sullo stile di Pirandello. Vengono così affrontati temi come l'identità o la follia, tipici del teatro pirandelliano.[2]
Quello che però rende unico il teatro di Eduardo è la creazione di un "personaggio", una figura teatrale immediatamente riconoscibile e che compare in tutte le sue opere, seppure con nomi differenti. Il suo teatro è inoltre strettamente legato con la sua presenza scenica e la sua capacità di creare un rapporto diretto con il pubblico. Vede il teatro come una possibilità per mostrare quanto di positivo c'è nell'uomo, un sogno di giustizia che però si scontra con la dura realtà quotidiana. Il comico diventa quindi un metodo di conoscenza, che mette a confronto le aspirazioni del personaggio Eduardo con la realtà contemporanea; per questo motivo il comico si trasforma in un riso amaro, quando non sfocia nel tragico o nel patetico.
La Napoli delle opere di Eduardo è animata da forti sentimenti popolari, e seppur attanagliata dalla miseria mostra sempre il suo lato civile. Il personaggio che porta sulle scene è intriso dei valori che animano quella realtà, a cominciare dall'amore per la famiglia, a cui si affida come luogo in cui è possibile una comunicazione integrale. Ma il suo candore si scontra con la degradazione che caratterizza il mondo che gli sta intorno, e anche la famiglia finisce per venirne coinvolta: il suo personaggio si trova infatti a dover affrontare lacerazioni familiari, diretta conseguenza delle trasformazioni sociali.
Nel teatro di Eduardo, inoltre il dialetto abbandona l'irruenza tipica della produzione popolaresca per essere utilizzato in una forma attenuata, calato in un ambiente piccolo borghese. È un napoletano molto semplice e facilmente comprensibile, senza particolari invenzioni espressionistiche. Le vicende si svolgono in interni familiari, come salotti e tinelli, nei quali si consumano i contrasti. Proprio in questi ultimi è evidente l'influenza di Pirandello, di cui talvolta Eduardo riprende la sottigliezza dialettica. Non mancano poi motivi filosofici o ideologici, che fanno la loro comparsa in alcuni drammi.[3]
Tra le opere più famose di Eduardo si ricordano Uomo e galantuomo (1922), Ditegli sempre di sì (1927), Sik-Sik, l'artefice magico (1929), Natale in casa Cupiello (1931), Non ti pago (1940), Napoli milionaria! (1945), Questi fantasmi! (1946), Filumena Marturano (1946), Il figlio di Pulcinella (1957), Sabato, domenica e lunedì (1959), Il sindaco del rione Sanità (1960), L'arte della commedia (1964), Dolore sotto chiave (1964), Gli esami non finiscono mai (1973).
Note
modifica- ↑ Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, La poesia, la saggistica e la letteratura drammatica del Novecento, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, p. 280.
- ↑ Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, La poesia, la saggistica e la letteratura drammatica del Novecento, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, pp. 280-281.
- ↑ Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2001, p. 1063.