Caratteristiche di un tripolo
Un tripolo può essere rappresentato come una scatola da cui escono tre reofori. Esso possiede tre coppie di variabili descrittive (tre tensioni e tre correnti) che ne specificano il funzionamento. Per conoscere il comportamento di un componente di questo tipo in un circuito elettrico, risulta fondamentale analizzarne le caratteristiche. Questa lezione prende in esame lo studio delle caratteristiche di un tripolo qualunque in regime stazionario: ne descrive la rappresentazione grafica e i metodi di linearizzazione che rendono più agile il suo utilizzo.
Variabili descrittive
modificaComponenti con maglia e superficie di taglio |
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Si crei una maglia che connetta tutti e tre i morsetti del tripolo e si decidano le convenzioni di segno (figura 1); applicando la legge di Kirchhoff delle tensioni otteniamo:
Come si vede dipende dalle due variabili e . Questo significa che basta conoscere le due variabili indipendenti per ottenere la terza che assume quindi un ruolo di secondo piano nell'analisi della caratteristica. Lo stesso procedimento si può applicare alle correnti attraverso un'adeguata superficie di taglio e la legge di Kirchhoff delle correnti:
Quanto affermato fin qui è del tutto analogo alle considerazioni che si possono fare per un bipolo qualsiasi. Esso possiede due reofori e quattro variabili (in figura 2 ); applicando le leggi di Kirchhoff si ottiene:
per cui si può esprimere la caratteristica per mezzo di due sole variabili nella forma (o la sua duale).
Per convenzione abbiamo scelto di prendere il terzo nodo come riferimento ma nulla vieta di scegliere come coppia di variabili indipendenti e per esempio. In quest'ultimo caso otterremmo:
Riassumendo:
- Le coppie di variabili descrittive di un tripolo sono tre.
- Conoscendo due delle tre coppie di variabili caratteristiche si può determinare in maniera univoca il comportamento del tripolo.
Equazione caratteristica
modificaSi può affermare che un n-polo qualsiasi può essere caratterizzato in modo completo da n-1 funzioni indipendenti e n-1 coppie di variabili. In particolare un tripolo è definito univocamente da due coppie di variabili e da un sistema di due funzioni indipendenti di cui si può dare una formulazione vettoriale.
Forma implicita
modificaDefiniamo innanzitutto i vettori e . Poiché ad un tripolo sono associate due funzioni indipendenti che lo caratterizzano in modo completo, possiamo descrivere il suo comportamento con un sistema di due equazioni del tipo:
che rappresentano due funzioni che operano nello spazio quadrimensionale. Utilizzando i vettori appena definiti possiamo scrivere il sistema in forma più compatta come equazione vettoriale:
Da notare la somiglianza con l'espressione generale della caratteristica nel bipolo.
Forma esplicita
modificaSi assuma che e abbiano almeno una derivata parziale continua e non nulla, e che la seconda funzione soddisfi questa ipotesi rispetto ad una variabile diversa da quella della prima funzione. Per il teorema del Dini dell'analisi matematica, entrambe le funzioni sono esplicitabili; per mezzo della sostituzione è poi possibile riportare il sistema visto sopra a due funzioni semplificandone lo studio. Vediamo un esempio: ipotizzando che e soddisfino le ipotesi richieste abbiamo
Tradotto nel linguaggio vettoriale, il risultato porta alla seguente equazione:
Formulazioni
modificaNaturalmente il caso esposto sopra è particolare. Le variabili in gioco sono quattro ed è frequente trovare funzioni che possono essere esplicitate rispetto a variabili diverse da quelle considerate. Quando si esplicita la caratteristica del bipolo si possono ottenere solo due tipi di formulazione: a comando di tensione e a comando di corrente: e . Nel tripolo al contrario, proprio perché le variabili da considerare sono quattro, si possono ottenere 6 formulazioni differenti:
- Formulazione pura in forma serie:
- oppure
- Formulazione pura in forma parallelo:
- oppure
- Formulazione ibrida in forma H:
- Formulazione ibrida in forma K:
- Formulazione di trasmissione in forma S':
- Formulazione di trasmissione in forma T:
Grafico delle caratteristiche
modificaQuello che si deduce dal paragrafo precedente è che il comportamento del tripolo deve essere descritto da due superfici nello spazio con due grafici distinti. Bidimensionalmente si può descrivere questo fatto con il concetto di famiglia di caratteristiche. Una famiglia di caratteristiche associata ad una funzione è l'insieme delle curve che si ottengono fissando una delle tre variabili e lasciando libere le altre due (figura 3). In altre parole una famiglia di caratteristiche è l'insieme delle linee di livello della funzione rispetto ad una determinata variabile (la variabile che si tiene fissa).
Linearizzazione delle caratteristiche
modificaÈ raro che si possano trovare funzioni lineari che descrivano alla perfezione il comportamento di un componente. La linearizzazione è il processo attraverso cui si sostituisce a una funzione non lineare una funzione lineare che ne approssima adeguatamente il comportamento in un intervallo finito. Queste ultime hanno molte ottime proprietà che ne facilitano la trattazione.
In un bipolo, il grafico della cui caratteristica sta nello spazio bidimensionale, una buona linearizzazione sostituisce alla curva la tangente di flesso. Questo perché nell'intorno di un punto di flesso la retta approssima maggiormente la funzione caratteristica. In maniera analoga, il problema della linearizzazione per il tripolo si può interpretare come la determinazione del piano tangente che meglio approssima la superficie nell'intorno di un punto.
Piano approssimante
modificaSupponiamo per semplicità che le funzioni che costituiscono il sistema della caratteristica abbiano tutte le derivate seconde continue. Poiché , quindi è differenziabile e di conseguenza esiste un piano tangente in tutti i punti in cui la funzione è definita. Con questo abbiamo dimostrato l'esistenza del piano, seppur per funzioni molto regolari; determiniamo ora quale sia il piano tangente capace di linearizzare la nostra funzione.
Utilizziamo il polinomio di Taylor al secondo ordine per la funzione :
o con una notazione più compatta:
Si osserva che quando si ottiene una funzione del primo ordine con una approssimazione del secondo ordine. Questa è la condizione che si cercava. Ora il differenziale secondo è una forma quadratica del tipo che si annulla per per ogni oppure per determinati valori di con . Nel nostro caso
Chiedersi se la forma quadratica si annulli per alcuni equivale a chiedersi se il differenziale secondo si annulli per qualche incremento , cioè solo per alcune direzioni dello spazio; ma a noi interessa conoscere i punti in cui per ogni direzione considerata cioè per ogni incremento . Questo si verifica solo quando tutti i coefficienti sono nulli, cioè quando tutte le derivate parziali seconde sono nulle, il che equivale a dire che , dove è la matrice hessiana della funzione.
Siamo dunque arrivati alla conclusione: data una funzione , il piano che meglio approssima è quello tangente ai punti in cui .
Dal punto di vista pratico, una volta individuati i punti in cui viene soddisfatta la condizione sopra esposta, si può procedere in questo modo:
dove sono le coordinate del punto in cui l'hessiana è nulla. Sostituendo nel sistema si ottiene un sistema del tipo:
dove sono costanti. In questo modo i calcoli vengono enormemente semplificati al prezzo di un'approssimazione che tutto sommato risulta buona.
Superficie approssimante
modificaNon è detto che data una funzione si possa trovare un punto tale che ; il punto potrebbe non esistere o la funzione potrebbe non essere derivabile; è difficile infatti che ci si trovi a lavorare con una caratteristica reale (non ideale) per mezzo della sua rappresentazione analitica. Poiché un grafico nello spazio risulta più difficoltoso da leggere rispetto ad uno in due dimensioni, facciamo qualche considerazione sul grafico in due dimensioni di una famiglia di caratteristiche.
Supponiamo che le curve nel piano che compongono la famiglia abbiano almeno un punto di flesso. Ognuno di questi punti si trova in corrispondenza diretta con un punto della superficie descritta dalla famiglia di caratteristiche. Che relazione lega il flesso all'hessiana nel relativo punto dello spazio tridimensionale? Anche se la derivata seconda è zero, non è detto che l'hessiana in quel punto sia nulla; la derivata seconda infatti considera solamente una direzione mentre abbiamo detto precedentemente di come sia necessario che le derivate seconde si annullino per tutte le direzioni. Possiamo quindi dire che la presenza di un punto di flesso nel grafico della famiglia di caratteristiche è condizione necessaria (ma non sufficiente) perché l'hessiana sia nulla. In altre parole non è detto che in un punto di flesso si riesca ad approssimare la funzione nel senso visto in precedenza. D'altronde ci si accorge intuitivamente che la retta approssima bene le linee di livello della funzione.
Fino a questo momento abbiamo utilizzato come funzione approssimante una superficie piana. In generale una superficie si ottiene dal movimento continuo di una linea. Ora riferendoci alla figura 4, tracciamo la retta tangente nel punto di flesso di una qualsiasi linea di livello della funzione; immaginiamo di muovere questa retta nello spazio in modo che:
- giaccia sempre su un piano parallelo al piano ;
- sia sempre tangente al punto di flesso di una linea di livello.
Procedendo in questo modo si costruisce una superficie curva che ha la proprietà di avere derivata prima e seconda nella direzione delle linee di livello identiche alla caratteristica nei punti di flesso. Se traduciamo il discorso nel bidimensionale possiamo dire di aver trasformato la famiglia di caratteristiche in una famiglia di rette con tutte le semplificazioni che ne derivano. Una volta conosciuta la variabile si può univocamente determinare la caratteristica associata a quel valore; a questo punto si può utilizzare la retta tangente nel flesso per linearizzare la funzione il che permette di lavorare nell'intorno del punto con una caratteristica approssimata.
Variabile descrittiva costante
modificaPer fare un esempio, prendiamo di nuovo in considerazione il tripolo in figura 1 avente caratteristica
Supponiamo di collegare al nodo 2 un generatore ideale di corrente che genera 5A; il valore di risulta quindi fissato. Sostituendo nella caratteristica otteniamo:
e quindi diventano semplici funzioni . Queste funzioni non sono altro che le linee di livello che possono essere approssimate con i metodi conosciuti. Quando una variabile viene forzata da noi o dal sistema ad assumere un certo valore il problema si riduce all'analisi di una funzione reale di variabile reale
Da notare che, se invece di fissare la variabile che è presente in entrambe le equazioni del sistema, avessimo collegato un generatore di tensione per forzare il problema sarebbe stato semplificato solo parzialmente: la prima equazione sarebbe risultata in due variabili mentre la seconda in tre.