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Verbi in arabo
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Lingua e letteratura araba
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 50%

Richiami di grammatica

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La flessione

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La maggior parte delle lingue possiede la cosiddetta flessione del verbo: i verbi cioè assumono forma diversa a seconda della persona, del tempo, del modo.

Esempio (flessione al variare della persona)
  • In italiano scrivo si riferisce al pronome "io", scrivi si riferisce al pronome "tu"
  • In inglese write si riferisce tanto al pronome "I" quando al pronome "you", ma per i pronomi "he", "she", "it" si usa writes
  • In tedesco schreibe si riferisce al pronome "ich", schreibst si riferisce al pronome "du"
  • In arabo أكتب (àktubu) si riferisce al pronome أبا (ana), تكتب (tàktubu) si riferisce al pronome أنتَ (anta) e تكتبين (taktubîna) si riferisce al pronome أنتِ (anti).
Esempio (flessione al variare del tempo o del modo)
  • In italiano scrivo indica il presente indicativo, scriverò indica il futuro indicativo, scrissi indica il passato remoto indicativo, scriverei indica il presente condizionale
  • In inglese write indica il presente indicativo, wrote indica il passato indicativo
  • In arabo (àktubu) significa scrivo, (kàtabtu) significa scrissi.

La radice

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Come si vede, nella flessione una parte del verbo è sempre riconoscibile. Negli esempi, in italiano si continuano a riconoscere le lettere scri(v), dove la /v/ scompare solo in forme irregolari come scrissi. In inglese, si riconosce la sequenza wrt, ma la vocale /i/ diventa /o/ nel passato.

In arabo, già in questi esempi si riconosce un comportamento più complesso, perché non cambiano solo le lettere finali e le vocali interne, ma anche le lettere iniziali.

La parte che non cambia durante la flessione si chiama radice del verbo.

Nell'esempio, la radice da considerare per il verbo scrivere è costituita dalle sole consonanti ktb, perché le vocali brevi sono soggette a cambiamento. (Vedremo che la radice può invece contenere vocali lunghe.)

Sostantivi derivati da radici verbali

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In tutte le lingue, sono comuni sostantivi derivati da radici verbali.

Esempio (sostantivi che indicano l'attore)
In italiano scrittore deriva dalla radice di scrivere
In inglese writer deriva dalla radice di write
In tedesco Schreiber deriva dalla radice di schreiben
In arabo (kâtib) deriva dalla radice ktb.
Altri esempi (in arabo)
  • "Maktaba" vuol dire "biblioteca", ovvero "il luogo dove si conserva il materiale scritto".

oppure:

  • "Darasa" è il verbo "studiare"
  • "Madrasa" vuol dire "scuola", ovvero "il luogo ove si studia".
  • "Dirasa" vuol dire "studio"

Introduzione al verbo in arabo

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Caratteristiche

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Il verbo arabo presenta le seguenti caratteristiche:

  • tre tempi (passato, non-passato; il futuro è formato aggiungendo la particella sawfa o sa al non-passato)
  • due diatesi (attivo, passivo)
  • due generi (maschile, femminile)
  • tre persone (prima, seconda, terza)
  • tre numeri (singolare, duale, plurale)
  • sei modi, solo per il non-passato (indicativo, congiuntivo, apocopato, imperativo, e, solo in arabo classico, energico I e II)
  • diciannove forme; il sistema derivazionale permette di esprimere varie funzioni derivate come l'intensività, la causatività, la reciprocità, la riflessività, la frequentatività ecc. Per ogni forma esiste anche un participio attivo e uno passivo (entrambi aggettivi, declinati normalmente per genere, numero, caso e diatesi) e un nome verbale (declinato per caso; inoltre, quando è lessicalizzato, può essere declinato per numero)

La debolezza è una proprietà inerente di un dato verbo che dipende dalle particolari consonanti di una radice verbale, dando origine a cinque tipi principali di debolezza con due o tre sottotipi ciascuna.

I grammatici arabi usano solitamente la radice desemantizzata ف ع ل f-ʿ-l come forma generica per esprimere un dato elemento di un paradigma verbale. Ad esempio, ُيُتَكَاتَب yutakātabu 'gli viene scritto da (qualcuno)' viene generalmente espresso con ُيُتَفَاعَل yutafāʿalu, specificando la forma generica di un verbo sano passivo in VI forma, alla terza persona singolare maschile del non-passato indicativo.

Il numero massimo possibile di forme verbali derivabili da una radice - senza contare i participi e i nomi verbali - è di circa 13 forme persone/numero/genere per 9 combinazioni tempo/modo, compreso il futuro sa (dato che i modi sono attivi solo nel non-passato e l'imperativo ha solo 5 delle 13 voci), per 17 combinazioni forma/voce (dato che le forme IX e XI–XV esistono solo per un piccolo numero di radici stative e la VII forma non può solitamente formare il passivo), per un totale di 1989. Ognuno di questi ha il suo paradigma e ciascuno di questi paradigmi ha varie forme, a seconda dell'eventuale debolezza della radice con cui è formato

In arabo, a causa della maggior complessità della flessione verbale rispetto alle lingue indoeuropee, è importantissimo riconoscere la radice verbale.

La radice, come abbiamo detto, non contiene vocali brevi e quindi è una successione di consonanti (o vocali lunghe).

La maggioranza dei verbi hanno radici trilittere. Una minoranza ha radici di quattro lettere.

Persone e numero

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Come nelle lingue indoeuropee, esistono tre persone verbali:

  • 1^ persona (io/noi)
  • 2^ persona (tu/voi)
  • 3^ persona (lui/lei/essi/esse)

Per quanto riguarda il numero, come per i sostantivi, esistono tre numeri:

  • singolare
  • duale
  • plurale

Il duale, però, è limitato alla 2^ e 3^ persona (rispettivamente "voi due" e "loro due"). Per la prima persona duale si usa il plurale (cioè "noi due" è trattato come il generico "noi" plurale).

Genere del verbo

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Una caratteristica delle lingue semitiche, che le differenzia dalle lingue indoeuropee, è che il verbo possiede un genere (maschile o femminile).

Esempio
(yàktubu) significa "scrive" riferito a un soggetto maschile
(tàktubu) significa "scrive" riferito a un soggetto femminile

Il genere è applicato solo alla 2^ e alla 3^ persona.

Esempio
(àktubu = "scrivo") può essere riferito tanto a un soggetto maschile quanto a uno femminile

Categorie flessive

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Ogni verbo lessicale viene espresso da quattro temi, due per ciascuna diatesi. Di questi, uno (il passato) è usato per il passato, mentre l'altro (il non-passato) è usato per il presente e il futuro, e si coniuga anche in modi diversi dall'indicativo, come il congiuntivo, l'apocopato e l'imperativo. I temi del passato e del non-passato sono talvolta detti rispettivamente perfettivo e imperfettivo, basandosi su un'errata interpretazione tradizionale che vede nei due temi l'espressione dell'aspetto piuttosto che del tempo; sebbene ci sia ancora disaccordo sull'interpretazione dei temi in base al tempo o all'aspetto, l'opinione dominante attuale ritiene che essi rappresentino il tempo, talvolta di natura più relativa che assoluta. Esistono inoltre alcuni usi insoliti dei temi in alcuni contesti che una volta erano considerati distinzioni di aspetto, ma sono oggi ritenuti semplici costruzioni idiosincratiche che non rientrano efficacemente in nessun paradigma aspettuale.

Al tema del passato si aggiungono suffissi per indicare la persona, il numero e il genere, mentre nel tema del non-passato si aggiunge una combinazione di prefissi e suffissi. In sintesi, i prefissi specificano la persona, mentre i suffissi indicano il numero e il genere. Per entrambi i temi esiste un totale 13 forme che esprimono la persona (prima, seconda, terza), il numero (singolare, duale, plurale) e il genere (maschile, femminile).

Esistono sei modi distinti per il non-passato: indicativo, imperativo, congiuntivo, apocopato (o iussivo), energico I ed energico II. I modi sono generalmente indicati da suffissi. Quando non esiste un suffisso numerale, le terminazioni sono -u per l'indicativo, -a per il congiuntivo, nessuna per l'imperativo e l'apocopato, ـَنَّ -anna per l'energico I e ـَنْ -an per l'energico II. Quando sono presenti suffissi numerali, i modi sono distinti da forme diverse dei suffissi (ad esempio, ـُونَ ūna per l'indicativo maschile plurale e ـُو per il congiuntivo/imperativo/apocopato maschile plurale), oppure non sono affatto distinti. L'imperativo esiste solo per le seconde persone e si distingue dall'apocopato per la mancanza del normale prefisso di seconda persona ـت ta-/tu-.

La terza persona maschile singolare del passato serve come forma di citazione per identificare il verbo, in modo simile all'infinito in italiano; l'arabo non possiede un modo infinito confrontabile con quello delle lingue europee. Ad esempio, il verbo che significa 'scrivere' è spesso citato come كَتَبَ kataba, forma che in realtà significa 'egli scrisse'. Ciò significa che il tema del passato è كَتَبْـ katab-, mentre il corrispondente tema del non-passato è ـكْتُبْـ -ktub-, come in يَكْتُبُ yaktubu 'egli scrive'.

Ci sono tre tempi in arabo: il passato o perfetto (اَلْمَاضِي al-māḍī), il non-passato o imperfetto (اَلْمُضَارِع al-muḍāriʿ) e il futuro. Il futuro in arabo classico si forma aggiungendo o il prefisso سَـ sa o la parola سَوْفَ sawfa davanti al verbo al non-passato, ad esempio سَيَكْتُبُ sa-yaktubu o سَوْفَ يَكْتُبُ sawfa yaktubu 'egli scriverà'.

In alcuni contesti, i tempi indicano distinzioni aspettuali piuttosto che temporali. Così si utilizzano i tempi dell'arabo:

  • il passato ha spesso (ma non sempre) il significato di un passato perfettivo, ossia esprime il concetto di 'fece' opposto a 'faceva'. Quest'ultimo si esprime utilizzando il passato del verbo كَانَ kāna 'essere' combinato con il non-passato o il participio attivo, ad esempio كَانَ يَكْتُبُ kāna yaktubu o كَانَ كَاتِبٌ kāna kātibun 'scriveva', 'stava scrivendo'. Esistono alcuni verbi speciali detti "verbi composti" che possono esprimere l'aspetto grammaticale dell'incoativo, del durativo ecc., ad esempio bada’a yulfitu nnażara significa "iniziò ad attirare l'attenzione", in cui bada’a porta il significato di "iniziare a fare qualcosa (nel passato)"
  • i due tempi passato e non-passato possono essere utilizzati per esprimere il tempo relativo (o in un'altra prospettiva, l'aspetto grammaticale) quando seguono altri verbi in una serializzazione verbale. In questo tipo di costruzione, il tempo non-passato indica simultaneità temporale con il verbo principale, mente il tempo passato indica anteriorità rispetto al tempo principale; oppure, alternativamente, il tempo non-passato indica l'aspetto imperfettivo mentre il passato quello perfettivo.

In tutte le forme tranne la I c'è una sola possibilità per il tema del passato e del non-passato di una data radice. Nella I forma, invece, vari verbi hanno diverse realizzazioni. Esempi:

  • كَتَبَ يَكْتُبُ kataba yaktubu 'scrivere'
  • كَسِبَ يَكْسِبُ kasaba yaksibu 'guadagnare'
  • قَرَأَ يَقْرَأُ qaraʾa yaqraʾu 'leggere'
  • قَدِمَ يَقْدَمُ qadima yaqdamu 'girare'
  • كَبُرَ يَكْبُرُ kabura yakburu 'crescere, diventare grande'

Da notare che la seconda vocale può essere una qualsiasi fra a, i, u nei temi del passato e del non-passato. La vocale a ricorre nella maggior parte dei tempi passati, mentre la i solo in alcuni (in particolare intransitivi), mentre u si trova solo in alcuni verbi stativi (ad esempio, il cui significato è 'essere X' o 'diventare X' dove X è un aggettivo). Il modello più comune è:

  • passato: a; non-passato: u o i
  • passato: a, non-passato: a (quando la seconda o terza consonante radicale è una "gutturale", cioè una fra ʾ, ʿ, h, ḥ)
  • passato: i; non-passato: a
  • passato: u; non-passato: u

L'arabo ha tre modi (حَالَات ḥālāt, una parola che significa anche "casi"; sg. حَالَة ḥāla), le cui forme sono derivate dal tema imperfettivo: il modo indicativo (مَرْفُوع marfūʿ), terminante in u, il congiuntivo (مَنْصُوب manṣūb), terminante in a, e l'apocopato o iussivo (مَجْزُوم majzūm), senza terminazioni. Nell'arabo meno formale e nei dialetti parlati le vocali finali dell'indicativo e del congiuntivo non sono pronunciate, rendendoli identici all'apocopato. L'imperativo (صِيغَة اَلْأَمْر ṣīghat al-’amr) (positivo, solo per le seconde persone) si forma togliendo il prefisso verbale all'apocopato, ad esempio قَدِّم qaddim 'presenta!'. Se ciò che risulta inizia con due consonanti seguite da una vocale (a o i), si aggiunge all'inizio della parola un'alif waṣla vocalizzata in i, ad esempio اِغْسِلْ ighsil 'lava!' o اِفْعَل ifʿal 'fa'!'; se la vocale del non-passato è u, anche la alif è vocalizzata in u, ad esempio أُكْتُب uktub 'scrivi!'. L'imperativo negativo si forma con l'apocopato.

L'eccezione alla regola appena descritta è il verbo in IV forma. In questi verbi l'apocopato viene sempre prefissato da un'alif hamza vocalizzata in a, ad esempio أرسل ’arsil 'manda!', أضف ’aḍif[1] 'aggiungi!'.

Il congiuntivo si usa nella proposizioni subordinate introdotte da certe congiunzioni. L'apocopato si una nella negazione, nell'imperativo negativo e nella forma esortativa li + apocopato. Ad esempio, 2ª pers. masc. sg.:

  • non-passato indicativo تفعلُ tafʿalu 'tu stai facendo'
  • congiuntivo تفعلَ an tafʿala 'che tu faccia'
  • apocopato لا تفعلْ lā tafʿal il significato dipende dal prefisso che si aggiunge; in questo caso significa 'che tu non faccia!'
  • energico I تفعلن tafʿalanna il significato dipende dal prefisso che si aggiunge; se il prefisso è li- significa 'devi fare'
  • energico II تفعلنْ tafʿalan ha meno enfasi rispetto all'energico I, il significato dipende dal prefisso che si aggiunge; se il prefisso è li- significa 'dovresti fare'
  • imperativo افعل ifʿal 'fa'!'.

Diatesi

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Il verbo arabo possiede due diatesi (صِيغَات sīghāt 'forme', sg. صِيغَة sīgha), attiva (صِيغَة اَلْمَعْلُوم ṣīghat al-maʿlūm) e passiva (صِيغَة اَلْمَجْهُول ṣīghat al-majhūl). La diatesi passiva si esprime cambiando la vocalizzazione. Ad esempio:

  • attivo فَعَلَ faʿala 'egli fece', يَفْعَلُ yafʿalu 'egli fa'
  • passivo فُعِلَ fuʿila 'fu fatto', يُفْعَلُ yufʿalu 'viene fatto'

Come si vede, le due diatesi sono scritte allo stesso modo; cambia solo la vocalizzazione.

Participio

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Ogni verbo ha un corrispondente participio attivo e molti possiedono un participio passivo. Ad esempio, معلم muʿallim 'insegnante' è il participio attivo della II forma della radice ع ل م ʿ-l-m ('sapere').

  • il participio attivo della I forma è فاعل fāʿil, mentre il passivo è مفعول mafʿūl.
  • le forme II–X prendono il prefisso مـ mu- e terminazioni nominali in entrambi i participi. L'unica differenza fra i due è la vocale fra le ultime due consonanti della radice, che è -i- per l'attivo e -a- per il passivo (ad esempio, II forma attivo مفعِّل mu-faʿʿil, passivo مفعَّل mu-faʿʿal).

Nome verbale (maṣdar)

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Oltre al participio, esiste un nome verbale (in arabo مَصْدَر maṣdar, pl. مَصَادِر maṣādir, letteralmente 'fonte'), talvolta detto infinito, simile all'infinito italiano e a nomi deverbativi di vario tipo (ad esempio, "corsa" e "il correre" da "correre"; "obiezione" e "l'obiettare" da "obiettare"). Come mostrato dagli esempi in italiano, il suo significato si riferisce sia all'atto di fare qualcosa (spesso attraverso estensione semantica) sia al suo risultato. Una delle sue funzioni sintattiche è quella di complemento verbale per altri verbi e il suo uso corrisponde in questo caso all'infinito italiano (mi ha impedito di correre oppure ha iniziato a correre ).

  • la formazione della I forma è irregolare
  • nella II forma è تفعيل tafʿīl. Ad esempio: تحضير taḥḍīr 'preparazione' è il nome verbale in seconda forma di حضر ḥaḍara ('essere presente').
  • la III forma spesso forma il nome verbale con il femminile del participio passivo, così per ساعد sāʿada, 'egli aiutò', produce il nome verbale مساعدة musāʿada. Ci sono anche alcuni nomi verbali del tipo فعال fiʿāl: جاهد jāhada, 'egli si sforzò', porta a جهاد jihād 'sforzo (per una causa o uno scopo)'

Alcuni esempi ben noti di nomi verbali sono فتح fatḥ (vedi Fatah) (I forma), تنظيم tanẓīm (II forma), جهاد jihād (III forma), إسلام ’islām (IV forma), انتفاضة intifāḍa (femminile di nome verbale VIII forma) e استقلال istiqlāl (X forma).


Categorie derivazionali, coniugazioni

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Il sistema della coniugazione verbale in arabo è piuttosto complicato e si sviluppa su due assi. Uno, noto come forma (I forma, II forma etc.), serve per esprimere concetti grammaticali come la causatività, l'intensività, la reciprocità, la passività o la riflessività, e comporta la variazione della forma del tema. L'altro asse, noto come debolezza, è determinato dalle consonanti che compongono la radice. Per esempio, i verbi difettivi (o tertiae infirmae) hanno una و w o ي y come ultima consonante della radice (ad esempio, ر م ي r-m-y 'lanciare', د ع و d-ʿ-w 'chiamare'), mentre i verbi geminati hanno la seconda e la terza consonante uguali (ad esempio, م د د m-d-d 'estendere'). Queste "debolezze" hanno l'effetto di determinare varie irregolarità nel tema e nelle terminazioni dei verbi.

Esempi delle differenti forme di un verbo sano (ossia senza debolezze nella radice): dalla radice ك ت ب k-t-b 'scrivere' (utilizzando ح م ر ḥ-m-r 'rosso' per la IX forma, che è limitata ai colori e ai difetti fisici):

Forma Passato Significato Non-passato Significato
I kataba

كَتَبَ

'egli scrisse' yaktubu

يَكْتُبُ

'egli scrive'
II kattaba

كَتَّبَ

'egli fece scrivere (qualcuno)' yukattibu

يُكَتِّبُ

'egli fa scrivere (qualcuno)'
III kātaba

كاتَبَ

'egli scrisse (a qualcuno), ebbe corrispondenza epistolare' yukātibu

يُكاتِبُ

'egli scrive (a qualcuno), ha corrispondenza epistolare'
IV ʾaktaba

أَكْتَبَ

'egli dettò' yuktibu

يُكْتِبُ

'egli detta'
V takattaba

تَكَتَّبَ

yatakattabu

يَتَكَتُّبُ

VI takātaba

تَكَاتَبَ

'egli ebbe corrispondenza (con qlc., mutualmente)' yatakātabu

يَتَكَاتَبَ

'egli ha corrispondenza (con qlc., mutualmente)'
VII inkataba

اِنْكَتَبَ

'egli firmò' yankatibu

يَنْكَتِبُ

'egli firma'
VIII iktataba

اِكْتَتَبَ

'egli copiò' yaktatibu

يَكْتَتِبُ

'egli copia'
IX iḥmarra

اِحْمَرَّ

'diventò rosso' yaḥmarru

يَحْمَرُّ

'diventa rosso'
X istaktaba

اِسْتَكْتَبَ

'egli chiese (a qualcuno) di scrivere' yastaktibu

يَسْتَكْتِبُ

'egli chiede (a qualcuno) di scrivere'

Le principali forme di debolezza sono le seguenti:

Principali debolezze nella I forma, verbo all'indicativo attivo
Debolezza Radice Passato

3ª sg. masc.

Passato

1ª sg.

Non-passato

3ª sg. masc.

Non-passato

3ª pl. femm.

Sano (non debole) ك ت ب

k-t-b 'scrivere'

كَتَبَ

kataba

كَتَبْتُ

katabtu

يَكْتُبُ

yaktubu

يَكْتُبْنَ

yaktubna

Assimilato (di prima debole), W و ج د

w-j-d 'trovare'

وَجَدَ

wajada

وَجَدْتُ

wajadtu

يَجِدُ

yajidu

يَجِدْنَ

yajidna

Assimilato (di prima debole), Y ي ب س

y-b-s 'asciugare'

يَبِسَ

yabisa

يَبِسْتُ

yabistu

يَيْبَسُ

yaybasu

يَيْبَسْنَ

yaybasna

Concavo (di seconda debole), W ق و ل

q-w-l 'dire'

قالَ

qāla

قُلْتُ

qultu

يَقُولُ

yaqūlu

يَقُلْنَ

yaqulna

Concavo (di seconda debole), Y س ي ر

s-y-r 'viaggiare, andare'

سارَ

sāra

سِرْتُ

sirtu

يَسِيرُ

yasīru

يَسِرْنَ

yasirna

Difettivo (di terza debole), W د ع و

d-ʿ-w 'chiamare'

دَعا

daʿā

دَعَوْتُ

daʿawtu

يَدْعُو

yadʿū

يَدْعُونَ

yadʿūna

Difettivo (di terza debole), Y ر م ي

r-m-y 'lanciare'

رَمَى

ramā

رَمَيْتُ

ramaytu

يَرْمِي

yarmī

يَرْمِينَ

yarmīna

Geminato م د د

m-d-d 'allungare'

مَدَّ

madda

مَدَدْتُ

madadtu

يَمُدُّ

yamuddu

يَمْدُدْنَ

yamdudna

  1. Quando un verbo termina in vocale, nell'imperativo questa è sostituita dalla corrispondente vocale breve.

Bibliografia

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  • (EN) Wallace M. Erwin, A Short Reference Grammar of Iraqi Arabic, Georgetown University Press, 1963
  • (EN) Hans Wehr, J. Milton Cowan, A dictionary of modern written Arabic, Spoken Language Services, 2001
  • C. M. Tresso, Il verbo arabo, Hoepli, 2002
  • (FR) Sam Ammar, Joseph Vichy, Bescherelle arabe: les verbes, Hatier, 2008