Utente:Pegasovagante/sandbox/15
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Fino a tutto l'Ottocento, e generalmente anche dopo, le uniformi europee erano in massima parte di panno, pensate per essere indossate in tutte le stagioni in un clima temperato. Nella seconda metà del Settecento comprendevano un panciotto (solitamente con maniche e bavero alto), una giubba a lunghe falde per lo piú chiusa da ganci, calzoni al ginocchio (coulottes) e ghette, il tutto di lana; in alcuni eserciti (per esempio in quello francese), il cappotto non veniva neppure fornito e doveva essere procurato a proprie spese. I copricapo erano in genere ingombranti o pesanti, o entrambe le cose. I reparti venivano inviati oltremare colle uniformi indossate nel territorio metropolitano, che in genere erano le uniche prescritte.
L'inadeguatezza di queste uniformi, soprattutto per i climi tropicali, ma anche per i teatri impervî come quello nordamericano, era evidente. In alcuni casi venivano adattate sul posto, in modo improvvisato; in certi altri le illustrazioni del tempo mostrano l'impiego in combattimento delle uniformi da fatica, cioè del panciotto senza giubba. Per i reparti stanziati permanentemente in zone calde, come le Indie occidentali, si adottarono uniformi di taglio e colore regolamentari, ma confezionate in tela (documentate per la Francia alla fine del Settecento).
Già nella seconda metà del secolo, comunque, apparvero le prime soluzioni pensate appositamente per i teatri d'oltremare. I reparti volontarî, come le milizie locali, furono i piú creativi nell'escogitare nuove fogge e anche nuovi capi. Un esempio è l'unione di ghette e calzoni in un capo unico, piuttosto aderente, fermato da sottopiedi e che copriva anche parte del piede; non si scomponeva in azione, era piú economico, piú agevole da indossare e poteva essere realizzato anche in tela.
Le Compagnie delle Indie
modificaAlgeria: nascita del chepí
modificaUna riflessione organica sull'inadeguatezza dei copricapi all'impiego oltremare si ebbe solo colla conquista francese dell'Algeria. Venne avviata la sperimentazione di numerosi prototipi, finché fu scelto un modello di berretto a visiera, di panno, con una fascia rigida alla base e un'alta imperiale floscia, leggermente rastremata e quindi tronco-conica. Il nuovo copricapo piacque subito ai fanti della Legione straniera, a quel tempo in buona parte svizzeri, che lo battezzarono Käppi (da Kappe, berretto), o, alla francese, Képi.
Il casco di sughero
modificaIl color cachi
modificaLa sahariana
modificaChe i climi caldi fossero inadatti alle uniformi europee di panno si era osservato fin dal Settecento; la risposta in generale erano state versioni dei capi consueti in tessuti piú leggeri. Nella seconda metà dell'Ottocento s'erano diffuse uniformi coloniali in colori piú adatti al clima, come il bianco o il cachi, ma si trattava sempre d'una giubba a tunica, spesso coll'aggiunta di tasche sul petto. Nel Novecento si giunse finalmente alla sahariana, sorta di giubba leggera, di cotone robusto, per certi versi simile a una camicia. Era tagliata in modo da consentire una miglior ventilazione; pur avendo il collo chiuso, l'ultimo bottone poteva esser lasciato aperto, alla maniera appunto delle camicie.
Evoluzione del mimetismo
modificaAltri teatri operativi
modificaAccenniamo qui brevemente alle uniformi da neve, introdotte a partire dalla Prima guerra mondiale.
Accanto a quelle descritte, esistono uniformi per ambiti operativi specifici: tute, mute, camici e via elencando; pur trattandosi generalmente di modelli specifici per le forze armate e i corpi di polizia, possono esser fatte rientrare nel campo piú vasto dell'abbigliamento tecnico, di quello professionale e dei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.). Infatti non hanno in sé una funzione identificativa (ridotta semmai all'uso di distintivi standardizzati, mutuati da altre uniformi) ma solo quella di adattarsi al compito da svolgere.
Note
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