Test di mutagenesi
Uno degli scopi della genetica, e in particolare dello studio della mutagenesi, è di determinare quali sostanze siano mutagene, cioè quali possono causare mutazioni (e quindi, nella maggior parte dei casi, malattie come il cancro) nell'uomo o negli altri organismi. Per saperlo, occorre ovviamente fare degli esperimenti, dei test su queste sostanze.
In teoria, il test dovrebbe consistere nel mettere a contatto il DNA che si vuole sapere se può essere mutato, con la sostanza in esame, e successivamente ricercare eventuali mutazioni avvenute sul DNA. Ci troviamo però già di fronte al primo, principale problema: di solito quello che interessa sapere è se la sostanza è mutagena nei confronti dell'uomo, ma non è eticamente possibile sottoporre esseri umani ad un trattamento con la sostanza sospetta mutagena e osservare su di loro i risultati.
Quindi è necessario effettuare il test su altri organismi: occorre però essere sufficientemente sicuri che i risultati ottenuti su questi organismi siano predittivi, cioè possano dare informazioni sul comportamento che questa sostanza ha sull'uomo. In parole povere, il test è tanto migliore quanto più l'organismo è simile all'uomo, almeno per quanto riguarda tutto il "percorso" che la sostanza mutagena compie da quando entra a contatto con l'organismo a quando arriva a essere in grado di agire sul DNA.
Se la composizione chimica e la struttura del DNA è uguale per tutti gli organismi, tutto il resto può essere molto diverso: la diversità più importante in questo caso sta negli enzimi di riparazione del DNA, che sono proprio quelli che si occupano di riparare eventuali mutazioni, e negli enzimi adibiti a distruggere le sostanze estranee alla cellula (che sono quindi in grado di neutralizzare le sostanze mutagene prima che possano arrivare al DNA). Nell'uomo, ad esempio, gli enzimi di riparo sono concentrati soprattutto nell'epidermide (è la zona più esposta a radiazioni), mentre sono presenti in tutti i batteri (che hanno un'unica cellula); d'altra parte gli organismi evoluti come l'uomo possiedono molti enzimi per degradare sostanze estranee (contenuti soprattutto nei lisosomi), mentre i batteri ne sono molto più poveri.
Un secondo, grosso problema consiste nella bassissima frequenza delle mutazioni: spontaneamente, avviene una mutazione ogni 107, 108 individui; l'azione di sostanze mutagene aumenta questa frequenza, ma è comunque necessario osservare diverse migliaia o milioni di individui per effettuare un test significativo. Questo comporta grossi problemi se si intendono usare organismi superiori: allevare migliaia o milioni di individui è fattibile in termini di tempo e costi solo per organismi estremamente semplici come il moscerino della frutta (Drosophila melanogaster). Una soluzione molto più semplice potrebbe essere costituita dai batteri, che date le loro infinitesimali dimensioni, la semplicità di coltivare miliardi di individui in poco tempo, poco spazio e con poche risorse, risolverebbe del tutto questo problema. Purtroppo i batteri sono sicuramente molto diversi dall'uomo, e occorre applicare soluzioni per colmare queste differenze.
Nonostante questo, sono proprio i batteri gli organismi più utilizzati per i test di mutagenesi, per le difficoltà, con tutti gli organismi superiori, di analizzare i risultati: in un animale, ad esempio, una mutazione si riconosce da variazioni nel fenotipo (aspetto esteriore), ma non è certamente proponibile osservare milioni o miliardi di individui, uno per uno, cercando una mutazione. Così sono stati pensati metodi più rapidi e semplici per individuare mutazioni, e sono stati ideati usando proprio i batteri come organismi campione.
Replica plating
modificaIl tipo concettualmente più semplice di test è la replica plating, che individua eventuali mutazioni nei geni che codificano enzimi coinvolti nelle vie metaboliche: una mutazione in questi geni porta quasi sempre a enzimi non funzionanti, e quindi blocca quella via metabolica. Tra questo tipo di mutazioni, quelle più importanti per il test sono le mutazioni auxotrofe, cioè quelle che tolgono a un organismo la capacità di produrre una sostanza necessaria alla vita partendo da componenti inorganici di base.
Come fare ad individuare questa mutazione, ovvero la perdita di questa capacità? Riflettiamo sul fatto che un batterio selvatico, cioè non mutato, è capace di crescere su un terreno minimo (cioè che contiene solo i componenti base) perché si produce da solo la sostanza in questione, mentre il mutante, non potendo produrla, ha bisogno che sia già presente nel terreno.
Per ogni individuo del campione che stiamo analizzando, possiamo quindi osservane la crescita (o la non crescita) su un terreno minimo: gli individui che non crescono sul terreno minimo, sono mutanti.
Come fare però a valutare questa crescita per tutti i numerosissimi individui del campione (abbiamo detto che per fare un test occorrono migliaia o milioni di individui)? Qui sta il motivo del nome replica plating: il trucco è fare lo "stampo" di una piastra su un'altra — la prima piastra, con un terreno completo, sulla quale sono cresciute colonie di ogni individuo del campione, semina la seconda, con terreno minimo.
Incubando la seconda piastra, crescono colonie nei punti esatti dove sulla prima piastra c'era una colonia di batteri selvatici (non mutati), mentre rimangono dei vuoti dove c'erano colonie di batteri mutanti.
Nella pratica, per effettuare lo stampo delle piastre, si utilizza un tessuto sterile, teso su un supporto grande come le piastre, che si poggia sopra la prima piastra in modo che i batteri vi si depositino sopra, e successivamente si poggia sul terreno sterile della seconda piastra, così che i batteri passino dal tessuto al terreno, rimanendo nelle stesse posizioni che avevano sulla prima piastra.
Con questa tecnica è anche possibile, con un po' di lavorazione in più, determinare qual è il gene affetto dalla mutazione: utilizzando come seconda piastra un terreno contenente tutte le sostanze nutritive eccetto una, si evidenzia la non-crescita dei mutanti la cui mutazione è avvenuta nel gene dedicato alla produzione di quella particolare sostanza. Questa procedura si può ripetere cambiando ogni volta la sostanza mancante dal terreno, così da individuare i diversi tipi di mutanti.
Test di Ames
modificaCol passare del tempo sono state inventate procedure più rapide del replica plating.
Il test di Ames, ad esempio, si basa sul concetto di reversione della mutazione: in un ceppo di individui mutanti può capitare che avvenga una nuova mutazione che ristabilisca la situazione originaria, e questa mutazione all'indietro avviene con la stessa frequenza della mutazione in avanti (cioè quella che ha prodotto l'individuo mutante).
Grazie a questa possibilità, in un ceppo di mutanti auxotrofi possono nascere, spontaneamente o indotti da un mutageno, individui prototrofi, cioè in grado di sintetizzare da soli la sostanza che i mutanti non erano più in grado di sintetizzare.
Questi revertanti (così si chiamano i mutanti "tornati indietro") sono quindi in grado di crescere su terreno minimo: il test di Ames sfrutta questa loro capacità per determinare il potere mutageno delle sostanze.
Seguiamo il procedimento nel dettaglio.
Si parte da una coltura di batteri mutanti auxotrofi, incapaci di produrre una sostanza vitale (di solito si usano ceppi di Salmonella typhimurium his -, ovvero incapaci di produrre istidina).
I batteri di questa coltura vengono seminati in grandi quantità sulla superficie di una piastra contenente un terreno minimo (privo di istidina), e al centro della piastra viene posato un dischetto imbevuto del possibile mutageno.
Questa sostanza si diffonde sulla piastra nelle vicinanze del dischetto, e se ha realmente un effetto mutageno induce mutazioni all'indietro nei batteri vicini.
La piastra viene poi incubata: la maggior parte dei batteri, essendo rimasta mutante e incapace di produrre istidina, non cresce; crescono invece i revertanti, formando colonie che sono più fitte vicino al dischetto, se effettivamente la sostanza che conteneva ha sviluppato un effetto mutageno.
Questo test, rispetto al precedente test di replica plating, ha il vantaggio di essere molto più semplice e rapido: è sufficiente seminare e incubare una sola piastra, e il risultato è subito evidente, senza bisogno di confrontare piastre per cercare colonie mancanti.