Supereroe Marvel/Diversi ed emarginati
c) Supereroi «diversi» ed emarginati
modificaI) umani
modificaIn questa sottocategoria possiamo citare quasi esclusivamente uno dei primi personaggi Marvel: Hulk. Come abbiamo già detto in precedenza, la serie non ebbe un immediato successo, ma i creatori, Stan Lee e Jack Kirby, insistettero, probabilmente cogliendo la necessarietà del personaggio nel contesto fantastico di quegli anni, tant'è che la seconda serie fu uno dei maggiori successi della casa editrice e il personaggio uno dei più famosi nel mondo.
Hulk è il prodotto di un esperimento dello scienziato Bruce Banner, investito da raggi gamma. Da quel momento, ogni volta che l'umano vive uno stato di alterazione emotiva, si trasforma in un mostro che fa il verso a Frankenstein, verde, enorme, fortissimo, e, soprattutto, minorato mentale. Proporre un supereroe non intelligente fu, a nostro avviso, la più grande rivoluzione del settore in quegli anni. La distanza da Superman era ormai abissale. Non più l'essere perfetto, o quasi. I nuovi eroi erano esseri più simili all'umano, potevano, cioè, avere grandi doti, ma allo stesso tempo, gravi handicap, fino al più assurdo rispetto al mondo ideale, ma decisamente più plausibile se calato nel mondo reale.
Il piano si spostava, dunque. I parametri estetici (utilizzeremo questo termine, da ora in poi, nel senso di reazione normale alle percezioni) variavano, anche se in maniera altalenante, poiché non tutte le innovazioni ebbero lo stesso tipo di successo di pubblico.
Stava avvenendo ciò che, con altri miti, era già avvenuto: una progressiva smitizzazione e antropizzazione dell'eroe, direttamente proporzionale alla presa di coscienza sociale del potere umano nei confronti della natura. L'uomo prendeva sempre più confidenza con la Luna e la discesa sul satellite del 1969 sarebbe stato l'inizio di una nuova epoca, il simbolo di un nuovo periodo dell'umanità (di quella cosiddetta civilizzata, s'intende) in cui, a torto o a ragione, la natura non è più un pericolo, ma un mezzo d utilizzare. Questo periodo non poteva non essere il più fertile per un inizio di una «caduta degli dei» e per il trionfo della «fantascienza», genere nel quale tutto ciò che vi è di mitico è prodotto del cervello umano, del soggetto che vince sull'oggetto, quindi, e non della mistica, ovvero dell'oggetto.
Chiaramente questa distruzione degli dei con la presenza degli stessi implicava l'utilizzo del mezzo ironico e paradossale, necessario al progressivo distaccamento dalla sicurezza dell'eroe per la conquista di quella nell'uomo.
E Hulk fu uno dei prodotti di questa tensione antitetica. Per lui essere supereroe è una condanna. L'eroe-mostro è la negazione dell'uomo e continuamente rinnegato dall'uomo, perché ha, in sé, la carenza dell'intelligenza. L'uomo sa che ciò che l'eroe ha da offrire, che apparentemente è ancora utile perché produce effetti mediamente positivi, è la forza, ma sa anche che, di lì a poco, sarà sovrastata dall'intelligenza. Per questo Hulk è denigrato ed emarginato dall'umanità, poiché egli è l'emblema dell'ultimo appiglio agli eroi. L'uomo, così, non abbandona totalmente l'idea dell'eroe per tema di non farcela da solo, ma lo ridicolizza, intuendo che la sua emancipazione sarebbe stata vicina.
II) alieni
modificaMolti sono gli alieni dell'universo Marvel, per restare nel rispetto della tradizione iniziata da parte DC con Superman, ma la novità introdotta da parte della casa editrice più giovane fu quella di sfruttare la differenza di provenienza per iniziare a parlare di razzismo. Due di questi eroi (ma il confine fra eroe ed antieroe diviene sempre più labile), infatti, furono protagonisti di vicende più che tormentate.
Il primo, in ordine cronologico, fu uno di quei personaggi “riciclati” dall'epoca Atlas, ovvero Namor the Sub-Mariner, il principe di Atlantide.
Si tratta, appunto, del reggente del mondo subacqueo di Atlantide, sprofondato tempo prima negli abissi e, precedentemente, cosa unica con la terraferma attuale, che, parlando esclusivamente dell'epoca Marvel e non di quella Atlas, a partire da una famosa puntata fra le prime dei Fantastic Four, cerca di rivendicare, a causa di pressioni di alcune fazioni del popolo, le terre perdute. Non spenderemo troppe parole su questo personaggio, perché nasce come cattivo per poi ammorbidirsi nel tempo. Chiariremo, quindi, che è difficile stabilire, in epoca Marvel chi fossero i buoni e chi i cattivi, poiché la discriminante normalmente è la titolarità o meno di una testata a fumetti, ma è anche vero che alcuni illustri cattivi (“villains”) sono stati detentori di una testata col loro nome, primo fra tutti la nemesi del capo dei Fantastic Four, ovvero il Doctor Doom. Nell'ambito degli appassionati, quindi, vi è come un mutuo accordo su chi debba essere considerato buono e chi cattivo, nonostante le ambiguità, e Namor rientra fra i primi. È vero, però, che, in mezzo a tutta l'ambiguità, questo eroe nasce come nemico dell'umanità, anche se tormentato in questo ruolo, al punto poi di redimersi, e che avrà questa veste per lungo tempo.
Non si tratta, quindi, di un eroe che fa del bene e che, nonostante ciò, viene emarginato, come succederà qualche anno dopo con Silver Surfer, di cui andiamo a parlare qui di seguito. Questo supereroe alieno fu, infatti, protagonista di una breve ma famosa saga. A detta di molti, si tratta di uno dei più bei capitoli della letteratura a fumetti, scritto da Lee e disegnato quasi totalmente da Buscema (che in questa saga tentò un approccio sperimentale che poi non sarà più suo, ma che fu particolarmente d'effetto) e, in parte, dall'ormai noto Kirby.
Nonostante ciò, allora, non fu un grande successo di pubblico (e infatti chiuse dopo soli diciotto numeri), anche se amato profondamente da chi lo seguiva.
Sia il tratto sperimentale che le tematiche eccessivamente innovative, però, furono troppo all'avanguardia per il pubblico, non ancora pronto per un salto in avanti così ampio. La storia in sintesi è la seguente. Il pianeta Zenn-La è minacciato da Galactus, una delle entità metafisiche (e estremamente potenti) dell'universo Marvel, il cui compito è divorare mondi quando ha fame. Questa entità si avvale, però, per svolgere meglio il suo compito, di araldi (esseri «normali» presi qua e là nello spazio e trasformati in super-esseri) al suo servizio. Essa accetta, quindi, lo scambio fra la salvezza del pianeta e l'avvento di un nuovo araldo: Norrin Radd, che da allora diventerà Silver Surfer.
Fin qui una normale storia di araldi di Galactus. Il racconto prende, però, un'altra piega, poiché il surfista argenteo, dopo aver servito il suo capo devotamente per lungo tempo, visto il valore degli abitanti del pianeta Terra, si rifiuta di farlo divorare dall'entità suddetta. Quest'azione del suddito comporta una punizione da parte del signore, il quale lo condanna ad essere imprigionato nell'atmosfera terrestre a tempo indeterminato. Si può immaginare quale tormento potesse essere per chi era abituato a solcare l'universo in tempi brevissimi. E, in effetti, qui inizia la saga di Silver Surfer, ovvero l'avventura terrestre dell'eroe (l'antefatto è raccontato tramite flashback).
Qui, ciò che più ci interessa, dal punto di vista del riflesso sociologico, è che, nonostante la quasi abnegazione che ha portato l'ex araldo alla sua sfortunata condizione, la Terra non gli è per niente grata, anzi lo denigra ed emargina, come fosse un reietto, nonostante egli continui a prodigarsi per il pianeta.
“Il fallimento di SS maggiormente stigmatizzato è quello che segna la sua emarginazione sociale da parte degli uomini. Il perpetuarsi ciclico di questa […] condizione di esclusione costituisce, infatti, come si è visto, la struttura portante del paradigma diegetico sul quale sono costruiti gli episodi […]. L'ostilità degli uomini contro SS è motivata essenzialmente in due modi: sommariamente, riconducendola allo stereotipo della violenza cieca contro il diverso in quanto tale; in maniera più problematicamente sottile, come una conseguenza dell'incomunicabilità radicale e insuperabile tra l'escluso e la maggioranza che discende dalla fondamentale soggettività della conoscenza umana. È un fatale fraintendimento, ossia il puntuale concretizzarsi, in due soggetti che osservano o partecipano simultaneamente ad un avvenimento, della possibilità di interpretazioni antitetiche dello stesso fatto […] che impedisce a SS l'integrazione con l'umanità” (Distefano, 2005, p. 17).
Tutto ciò, poiché egli è un alieno e non rinnega la sua natura originaria, a differenza di Superman. Silver Surfer, libero dalla condizione di araldo, infatti, auspica soprattutto di tornare sul suo pianeta natio e, ancor di più, dalla sua bella. Un personaggio, dunque, intriso di malinconia per qualcosa che è diverso da quello che era considerato il migliore dei mondi possibili. Oggi, sicuramente, una simile affezione non sarebbe così rivoluzionaria, ma allora significava che poteva esistere qualcosa di altrettanto (se non più) bello di ciò che, per stare in ambito biblico, è il creato.
Era esattamente ciò che avrebbe fatto poi la generazione giovanile nei confronti di quella precedente, ottenendo una vera e propria rivoluzione. Perché stravolgere i punti di riferimento sui quali si basa la tendenza alla perfezione, che, in quanto tale, si deve poggiare su valori assoluti e assolutamente condivisi, significa decidere che, chi o cosa è più in alto su una scala di valori, non lo può più essere perché non esiste più la scala stessa.
L'aiuto, in ultima analisi, di Silver Surfer, non poteva essere ben accetto, perché egli rifiutava di pensare l'umanità come perfezione. Offriva, quindi, un aiuto relativistico, egualitario e riceveva razzismo.
Fuor di metafora, era una storia presentatasi più volte nel corso dell'umanità e che si sarebbe ripresentata proprio in quegli anni negli Stati Uniti, con la tendenza, fortemente contrastata, a valutare pari a tutti gli altri donne, afro-americani ed altre minoranze.
Accettiamo, quindi, la lettura di Gabilliet, il quale riscontra, in questo eroe, “obvious analogies with Jesus Christ” (Gabillet, Michigan, 1994, p. 209). Queste analogie sono, infatti, documentate da notevoli paralleli facilmente riscontrabili nella lettura del testo e nell'interpretazione dei segni grafici. Riportiamo la più emblematica. Silver Surfer allarga le braccia in una maniera che ricorda molto da vicino le rappresentazioni di Gesù Cristo in croce, guarda in alto rivolgendosi, forse, alle forze cosmiche (come Gesù Cristo potrebbe rivolgersi al Dio Padre) e, prima di sfogare la sua rabbia sugli umani, dice:
“Perdonatemi per ciò che sto per fare! E concedetemi la forza di poterli perdonare… per avermi costretto a tanto!” (Lee, Nepi, 1990, p. 92).
Il parallelo con Gesù Cristo sulla croce è presto fatto: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca Evangelista, Lc, 23, 34). Non si può negare, dunque, l'esplicito richiamo di Lee al messaggio cristiano, ma non si può neanche non notare l'umanità maggiore dell'affermazione dell'araldo. In ogni caso, il richiamo a Gesù Cristo, a nostro avviso, non ha la funzione di divinizzare Silver Surfer, ma di umanizzarlo, ricordando quanto il tema del “diverso” possa essere familiare agli occidentali cristiani, che non hanno per dio un Krishna, una Amaterasu o un Allah, ma il primo dio della storia che ha la caratteristica di essersi volontariamente umanizzato, non per godere di alcune caratteristiche positive dell'umanità (come nel caso di alcune divinità indiane, greche e così via), ma per vivere la condizione di diverso ed emarginato. Si può affermare, quindi, che Lee, per la natura intrinseca del fumetto, che abbiamo già analizzato, usa il tema cristiano a fini retorico-pubblicitari, rivolgendosi a un pubblico che poteva essere sensibile a quelle tematiche. L'opera, poi, come abbiamo visto, sarebbe stata troppo all'avanguardia. Ma non inefficace, poiché, “it proved it was possible for the comic book medium to achieve a shift from stereotypes to narrative myth by means of an exploration of a genre's ideological margins: in this respect, The Silver Surfer opened the way for such atypical strips as Len Wein and Berni Wrightson's Swamp Thing” ” (Gabillet, Michigan, 1994. p. 210).
III) mutanti
modificaNel 1963 la Marvel, con un bimestrale che diventerà mensile nel 1966, The X-Men, introduce la massima esplicitazione della metafora del “diverso”, tramite l'invenzione del concetto di mutante, di una razza diversa, detta homo superior.
In questo caso il supereroe è imperfetto per nascita. L'homo superior, infatti, nasce supereroe (nonostante i poteri possano manifestarsi anche nell'adolescenza), nasce, cioè, con un patrimonio genetico differente da quello umano, che lo porterà a sviluppare uno o più superpoteri (teletrasporto, guarigione, trasformazione in ghiaccio o creazione dello stesso, istinto animale, ecc.). Per la prima volta gli esseri umani non hanno dubbi: hanno solamente paura del supereroe, in quanto ufficialmente “diverso”. Come nel caso di Silver Surfer, non è importante se il supereroe lotta negli interessi dell'umanità, ma vale il fatto che non si tratta di umani. Ancora un parallelo con Silver Surfer: i mutanti sanno di essere dei reietti. Alcuni mutanti, infatti, sceglieranno la via del Male, altri quella del Bene, ovvero gli X-Men, guidati dal Professor Xavier, anch'egli mutante, paralitico, ma con poteri cerebrali immensi, che fa da tutore dei mutanti e fonda una scuola specifica. Ancora una nemesi, topos quasi indispensabile nel mondo del fumetto, ovvero Magneto, che raccoglie intorno a sé dei mutanti i quali, invece, odiano l'umanità a causa del rifiuto che quest'ultima ha operato contro di loro.
Sempre più si esplicita il parallelo con la storia reale dell'emancipazione degli afro-americani. La serie, tra l'altro, fu foriera di tematiche allora di estrema attualità, come la contestazione giovanile. È interessante, a tal proposito, notare come gli X-Men fossero isolati nella loro scuola, ma nello stesso tempo c'era chi riusciva ad avere una vita normale e magari a frequentare il college (era importante a tal proposito la possibilità o meno di nascondere la loro diversità). Si hanno così incursioni di questo fumetto nella contestazione, nella psichedelia, nelle feste e nell'università, espressione questa sempre più palese di un'attenzione da parte della Marvel nei confronti dei temi dell'attualità di allora.
La serie avrà successo negli anni, portandosi appresso per tutta la gestione Claremont (fino alla fine degli anni '80) la tensione tragica legata alla diversità di questo gruppo di eroi. Addirittura Chris Claremont accentuerà il tono malinconico, introducendo una nuova guardia di mutanti, con poteri spesso di per sé problematici. Rogue, per esempio, ruba la memoria alle persone che tocca. Ciò le crea, ovviamente, dei problemi notevoli nella sfera relazionale fisica, non potendo, in pratica, avere contatti con nessuno se non filtrati da guanti o vestiti o altro. Wolverine, addirittura, sarà frutto di un esperimento (l'Arma X). Avendo, egli, il potere di guarigione, viene rapito in Canada al fine di essere trasformato in un'arma umana, tramite l'inserimento di un rivestimento di adamantio (il materiale più resistente dell'universo nell'immaginario Marvel) su tutto lo scheletro con anche degli artigli retrattili dello stesso materiale. Si intuisce facilmente come questo personaggio si porti tutto il carico del potere come sofferenza. Egli, per giunta, è dotato di sensi ed istinto animali, utili per sconfiggere i nemici, ma complicanti i rapporti sociali, poiché lo porta a reazioni spropositate rispetto al codice delle relazioni umane. Anche questo aspetto evidenzia chiaramente la tragicità dell'essere superuomo. Tutti questi personaggi, infatti, portano in sé l'esplicitazione della difficoltà di pensare un essere che semplicemente si erga a paladino di un ipotetico bene. Difficoltà maturata evidentemente dal pubblico potenziale dei fumetti. Non erano più necessari eroi che dessero sicurezze a un pubblico conservatore che ancora trasferiva la sua essenza nello Stato americano o in Dio (basti ricordare che le banconote americane ricordano continuamente: “In God we trust”), ma, al contrario esseri ai quali poter tendere, e che, in quanto costruiti ad immagine e somiglianza dell'uomo, fossero imperfetti. Semplicemente uomini con poteri amplificati che hanno coscienza – come ripete spesso Spider-Man – che a grandi poteri siano legate grandi responsabilità. Il nuovo superuomo, dunque, sceglie e sbaglia. Con poteri amplificati può commettere errori amplificati. Ed è questa la tragedia più grande che si porta appresso. E proprio per questo nasce un processo di identificazione col lettore. Il lettore del supereroe classico DC “giunge alla convinzione fondamentale di dover ricevere ordini” e “diviene credente” (Nietzsche, Roma, 1993, p. 177) e trova la sicurezza nel supereroe che colma le sue lacune; “in una società particolarmente livellata”, infatti, “in cui le turbe psicologiche, le frustrazioni, i complessi di inferiorità sono all'ordine del giorno; in una società industriale dove l'uomo diventa numero nell'ambito di una organizzazione che decide per lui, dove la forza individuale, se non esercitata nell'attività sportiva, rimane umiliata di fronte alla forza della macchina che agisce per l'uomo e determina i movimenti stessi dell'uomo – in una società di tale tipo l'eroe positivo deve incarnare oltre ogni limite pensabile le esigenze di potenza che il cittadino comune nutre e non può soddisfare” (Eco, Milano, 1964, p. 229). Il lettore del supereroe Marvel, invece, rafforza la sicurezza in sé stesso che sta conquistando attraverso le scoperte (conquista della Luna), le ribellioni (contestazione studentesca), la scoperta di potenzialità umane nuove tramite le droghe, le emancipazioni (femminile, sessuale e degli afro-americani), e vede uno specchio della società nel supereroe che ha potere, ma che col potere ha nuovi dubbi e nuovi problemi.
Un altro elemento caratterizzerà l'essenza della nuova generazione di X-Men, ovvero la multietnicità, ripresa poi più ampiamente in un altro gruppo che analizzeremo: gli Alpha Flight. Banshee, per esempio, è irlandese, Nightcrawler tedesco, Ororo figlia di un americano e di una keniota, e Colossus sovietico. A proposito di quest'ultimo eroe citiamo, a titolo d'esempio, un'emblematica serie in otto puntate di fine anni '80, creata da una delle scrittrici più sensibili e attente del mondo del fumetto, ovvero Ann Nocenti. Questa serie aveva un titolo altrettanto emblematico – American Pie – e portava l'attenzione sul problema dell'essere sovietici in America. Citiamo questo dialogo fra Pëtr Nikolaievitch Rasputin, ovvero Colossus e un edicolante, a proposito di alcune riviste pornografiche esposte, secondo l'eroe, troppo in bella vista.
“P: Esposti come dolci per bambini.
E: Chee?! Vuoi darci un'occhiata?
P: No!
E: Cos'è, non ti piacciono le donne?
P: Certo che sì, perciò non mi piacciono queste riviste.
E: Eh?!
P: Avete libertà di stampa in questo paese, potete dire quello che volete! La costituzione vi dà questa preziosa libertà. Perché beffeggiate il vostro governo con la pornografia? Perché abusate della vostra libertà e non rispettate questo dono? In Russia se la mia gente potesse…
E: Ma stai zitto! Perché non riporti quei tuoi piedoni in Russia, coglione rosso. Mi fate schifo, voi comunisti pieni di merda. Tutto questo parlare di Glasnost mentre accumulate armi di nascosto! Parlate di pace poi invadete l'Afganistan! Perfino i confini americani pullulano di comunisti coi loro fucili rossi! Che stronzi! Credete davvero a tutte le chiacchiere della nuova Glasnost? Vogliono solo adescare i dissidenti e i liberali… poi bang tutti in Siberia! Siete troppo scemi per imparare dalla storia! Avete il cervello pieno di patate e la mente di wodka…
P: Che stai dicendo? Non sai niente di noi! Che stai dicendo?
(Pëtr si trasforma in Colossus – la sua carne cioè diventa d'acciaio - per la rabbia mentre afferra l'edicolante per il bavero)
E: Ehi! Co – co - che - che… tu sei un… MOSTRO! (Nocenti, Nepi, 1991, pp. 3-4)
(Pëtr fugge)
[…]
P: (pensa) Questa terra è davvero libera? Solženicyn e altri grandi russi ci attirano qui con la promessa di qualcosa di meglio, ma poi troviamo… oh, non so! Essere un X-Man è così frenetico… anche se qualche volta salvo il mondo, rimango sempre distante da esso!” (ivi, p. 8).
Possiamo notare quanta umanità e normalità sia presente in questo dialogo, inconcepibile per gli archetipi DC come Superman. Il commento finale, ugualmente, denota l'umanità di Colossus, sembra, quasi, infatti, che prenda il salvataggio dell'umanità come un mestiere e non come una missione. Citiamo, a questo, punto, un dialogo da una storia di Superman, opposto a quello che abbiamo visto. Nell'ipotetico stato di Napkan, presso lo stretto di Panama, si svolge una insurrezione popolare, con tanto di attentati nei confronti degli Stati Uniti. Superman si reca da un ministro per avere delucidazioni e, al momento del congedo (cioè, quando Superman spicca il volo dalla finestra), il ministro commenta: “Fortuna che siamo noi ad avere qualcuno del calibro di Superman ad aiutarci! Secondo me vale parecchie armate e flotte!” (Siegel, Milano, 1990, p. 106). A missione compiuta, il ministro, leggendo il giornale, commenterà: “Per me è ovvio che dietro questi titoli c'è Superman! Che debito ha con lui il paese!” (ivi, p. 114). E Clark Kent chioserà dicendo: “Col lavoro dei sabotatori diminuito, la produzione per la difesa dovrebbe accelerare. E Dio sa quanto sia necessaria!” (ibidem). Si palesa in queste frasi quanto gli Stati Uniti si identifichino in Superman e quanto Superman si identifichi negli Stati Uniti e nel dio degli statunitensi. È un alieno, quindi, ma, come si direbbe oggi, assolutamente e dichiaratamente embedded, senza dubbi nei confronti della sua patria adottiva. Anche i lettori, dunque, non avranno dubbi nei suoi confronti e rafforzeranno la fede nei dogmi propri dell'America. Nel caso di Colosso, invece, il lettore ha bisogno di rafforzare il dubbio nei confronti dei vecchi dogmi che iniziano a stargli stretti. Il fumetto Marvel lo aiuterà in questo processo di sintesi, di maturazione e di assimilazione del diverso.
IV) supergruppi
modificaIn questa categoria si possono classificare tutti gli agglomerati (ufficiali o meno) di supereroi. Anche qui vige la distinzione fra gruppi governativi, ovvero approvati, finanziati e controllati dal governo, come gli Avengers (che apriranno anche una sezione nella Costa Occidentale) e i Fantastic Four, e gruppi spontanei di solito composti da supereroi emarginati. Di quest'ultimo tipo di gruppo ci occuperemo in questa sede.
Il primo gruppo non governativo è stato già analizzato nella sezione relativa ai mutanti, ed è quello degli X-Men. Nasceranno altri gruppi di mutanti, ma noi ci soffermeremo solo su quello degli Alpha Flight.
Il secondo gruppo della storia Marvel raccoglie proprio alcuni degli eroi che abbiamo già visto fra gli emarginati, più altri “diversi” come Devil. Il gruppo si chiama Defenders, ed è già il caso di specificare che si tratta di un non-gruppo; gli eroi si riuniscono, infatti, solo su convocazione telepatica da parte del capo, ovvero Doctor Strange. È un gruppo, questo, che riesce, grazie a questa estrema libertà individuale, a riunire i personaggi più problematici del mondo Marvel, da Hulk a Silver Surfer, da Namor a Valkyrie, da Nighthawk a Luke Cage, da Red Guardian a Moon Knight, a tanti altri che, per la natura elastica del gruppo, vi hanno partecipato solo per breve tempo. Analizziamo i personaggi non ancora presi in esame. Doctor Strange è il signore delle arti mistiche con un passato, anche nel suo caso, problematico. Infatti, “Stephen Strange was a brilliant but arrogant neurosurgeon whose meteoric career was cut short by an auto accident. Strange sustained minor nerve damage, which prevented him to perform delicate surgery. He invested his fortune in attempted cures and fraudolent doctors, and saw it dwindle to nothing. In short order, Strange degenerated from recluse to drifter to drunken derelict. Hitting rock bottom, he heard whispers of a learned miracle worker in Tibet known only as the Ancient One” (Brady, New York, 2002, p. 107). Dopo una serie di vicissitudini e prove che lo portano ad una totale redenzione, divine il Signore delle Arti Mistiche.
Valkyrie, invece, è la prima eroina ad esplicitare la questione del femminismo. Ella, infatti, è una guerriera dell'Asgard del mondo Marvel, che ha il vincolo di non fare del male alle donne, pena l'indebolimento fisico (anche questa ottima metafora del movimento femminista, ipotizzabile solo tramite una solidarietà di genere quasi incondizionata). Nel suo atteggiamento c'è sempre una difesa esplicita del mondo femminile e una denuncia dei soprusi del mondo maschile nei confronti dell'altro genere. Riportiamo, a tal proposito, un interessante spaccato da una storia dei Defenders del 1977 ambientata in un carcere femminile nel quale Valkyrie finisce per aver distrutto un ristorante con la sua spada. Anzitutto, la guerriera di Asgard, litiga con una compagna di carcere, ma senza mai usare violenza per il motivo suddetto. Ella viene quindi condotta dal direttore per un colloquio e si ha, quindi, uno “scambio di vedute” molto realistico. “D: Inutile usare un tono gentile, mia cara. Il tuo comportamento qui ti ha messo in guai seri. V: Se vi state riferendo al fatto della mensa, sono assolutamente innocente. È stata un'altra a iniziare l'alterco…
D: Può darsi. Ma sei stata tu che sei stata presa sul fatto.
(Il direttore mette una mano sulla spalla della guerriera)
V: Vi prego di togliermi quella mano di dosso, signore… immediatamente.
D: Smettila con quel tono, mia cara. Sto cercando di aiutarti. Sei giovane, carina… al primo reato, probabilmente. Mi spiacerebbe vedere che qualcuna di quelle tigri ti rovinasse il faccino.
(Il direttore mette entrambe le mani sulle spalle di Valkyrie)
Sarà più facile se ti comporterai… (Valkyrie colpisce le mani del direttore)
V: Sono assolutamente in grado di difendermi, signore…
(Valkyrie solleva il direttore per la cravatta)
…e l'idea di avere a che fare con voi, francamente mi ripugna.
(Valkyrie assesta un manrovescio al direttore)
Quindi, mettiamo subito in chiaro le cose! Io sono vostra prigioniera… non un vostro giocattolo. Rispetto alla vostra posizione perché non ho scelta al momento. Ma fate ancora il frescone con me e non avrete neanche il tempo per pentirvene.” (Gerber a, Milano, 1979, pp. 23–24).
Nighthawk, invece, è un ricco filantropo finanziatore del gruppo che fa il verso al Batman della DC e che, anch'egli, come Iron Man, soffre di cuore.
Red Guardian, invece, ha lo stesso problema di Colosso, essendo sovietica. Anche qui riportiamo una pagina emblematica relativa alla tematica del diverso affrontata in maniera molto esplicita. Ricordiamo che correva l'anno 1976 e che erano fumetti diffusi in tutta la nazione in maniera capillare. Sono temi, dunque, molto forti ed evidentemente interessanti per il pubblico. L'antefatto è il lancio all'interno della sede dei Defenders di una pietra avvolta in un foglio contenente il seguente messaggio: Come potete definirvi Americani se ospitate una comunista in casa?…, firmato da un sedicente Comitato per la libera migrazione.
Al che i Defenders inseguono i provocatori e quando Red Guardian li raggiunge, dopo una spallata che li spazza via come birilli, si svolge il seguente dialogo:
“R.G.: Anche se pretendete di rappresentare un intero popolo, esso non ha colpa della vostra stupidità come non l'ha il mio delle ingiustizie commesse dallo stato sovietico!
P: Pupa, io vedo solo rosso. Rosso sangue… rosso come “comunista”!” (Gerber b, Milano, 1979, p. 11).
Moon Knight, invece, è un altro riccone con vita notturna che fa, anch'egli, il verso a Batman, che non avrebbe problemi, ma se li crea perché vive quattro vite parallele: mercenario, autista di taxi, riccone e supereroe.
Dopo questo salto nella quasi anarchia soggettiva e di gruppo degli anni '70, a metà anni '80 troviamo un nuovo gruppo con problematiche anche più profonde, più nuove e con tensioni tragico-decadenti decisamente più accentuate: gli Alpha Flight.
Questo gruppo canadese è un vero concentrato di problematiche, alcune delle quali ancora scomode anche negli anni '80, frutto della penna di un altro prolifico e originale scrittore di fumetti, John Byrne. L'originalità sta anche nel fatto che Byrne “iniziò una serie di vicende intricate e solitarie per farci scoprire l'indole, il passato e la personalità dei vari alfani. Per i primi undici episodi della serie, così Alpha Flight fu un non gruppo, in attesa della scintilla che fornisse il legame coesivo. Questo venne dato dalla triste e sconvolgente morte di Guardian. Apparentemente questo evento portò al definitivo sbando del gruppo, ma in realtà servì come stimolo alla moglie di Guardian […] che nel giro di pochi mesi riunì il team e ne divenne prima il cuore, poi il capo” (Scatasta, Bosco, 1992, p. 48).
Già si notano alcune caratteristiche: di nuovo si tratta di un non gruppo, non c'è coesione, ma, piuttosto, individualismo; il capo muore quasi subito; altri lutti segneranno la storia di questo gruppo; il nuovo capo è una donna e, per giunta, senza superpoteri; i temi affrontati sono scabrosi e inediti. Abbastanza per poter considerare questo gruppo l'apice della dialettica del diverso raggiunto dalla Marvel.
Se altri temi, come l'emancipazione femminile e quella degli afro-americani, erano ormai, almeno in parte, metabolizzati, ve n'erano ancora di irrisolti. E così nel gruppo troviamo Shaman, un nativo americano, e sua figlia Talisman, che incarnano molto bene il disagio di essere “indiani d'America” negli Stati Uniti, sulla scia del film di Forman “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, del 1975. Incontriamo, poi, Puck, imprigionato in un corpo nano e, ovviamente complessato per questo motivo. Citiamo a tal proposito una riflessione di questo eroe, mentre Heather, il capo del gruppo, che, come abbiamo già detto, invece porta con sé la diversità di essere vedova, lo sta trasportando in volo (Heather, dopo lungo travaglio, decide di indossare il costume del marito e diventare Vindicator).
“Ho già confessato ad Heather il mio amore, ma lei non mi dà risposta. Beh, Judd… cosa ti aspettavi? Una donna strana può amare un mostro… ma perché una donna normale dovrebbe desiderare di amare un brutto nanetto?” (Mantlo, Bosco, 1992, p. 53). La rassegna continua con Sasquatch che muore, con Roger Bochs, privo delle gambe, ma che si può fondere con il robot di sua invenzione Box. Aurora e Northstar, invece, “fratelli gemelli e mutanti […] hanno una personalità controversa e complessa. Le è schizofrenica, lui è un ex-terrorista” (Scatasta, Bosco, 1992, p. 53). Verso i primi anni '90, inoltre, Northstar sarà il primo supereroe a dichiarare la propria omosessualità.
Il grado di problematizzazione e di volontà di affrontare temi non ancora toccati nel mondo del fumetto di largo consumo, in questa serie, è altissima ed è per questo che consideriamo questo periodo il momento più alto, per il grado di esplicitazione, della dialettica del diverso.