Supereroe DC e supereroe Marvel

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Supereroe DC e supereroe Marvel
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Supereroi nei fumetti statunitensi

«Hal Foster, l'autore di Prince Valiant, un fumetto sui Cavalieri della Tavola Rotonda, riferì che alcuni lettori l'avevano accusato di pregiudizi razziali perché in certe scene erano apparsi "schiavi nubiani, un mercante ebreo e un irlandese". Con una smorfia, Foster aggiunse a parte: "La sola gente che si può disegnare sono protestanti ricchi e di razza bianca".»

(David Manning White e Robert H. Abel, Il fumetto e l'ideologia americana.)

Archetipi del supereroe DC: Superman e Batman

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La DC (Detective Comics, nome successivo rispetto all'originario National Comics), nel 1938, inventò un personaggio nuovo nel mondo del fumetto, il primo supereroe: The Superman, il Superuomo (ricordiamo che, in Italia, sull'onda dell'abbandono di terminologie fascistoidi, per lungo tempo, Superman venne chiamato Nembo Kid). Non parleremo diffusamente del raffronto fra Superman e l'Übermensch nietzschiano o col superuomo hitleriano, poiché in questa sede ci occupiamo di questo primo eroe solo per ragioni di cronaca. Ci limiteremo, per dovere di chiarezza, a far notare che Superman è esattamente l'opposto di un superuomo-evoluzione dell'uomo, autosufficiente rispetto alla divinità: Superman è una sorta di divinità di stampo giudaico-cristiano. Egli, infatti, è una sicurezza per l'umanità, non ciò a cui l'umanità può tendere. In questo senso saranno più superuomini nietzschiani i primi eroi Marvel, uomini che diventano super in modi non inaccessibili, almeno teoricamente, spesso attraverso la scienza e l'ingegno. Afferma, infatti, Nietzsche nella Gaia Scienza, che l'Übermensch è caratterizzato da “una voglia e una forza di autodeterminazione” e da “una libertà della volontà in presenza delle quali uno spirito prende commiato da ogni fede e da ogni desiderio di certezza, abituato com'è a tenersi a funi e a possibilità lievi, continuando a danzare anche sull'orlo dell'abisso” (Nietzsche, Roma, 1993, p. 177).

Superman è un alieno, Kal-el, e viene dal pianeta Krypton. Sul suo pianeta non è un superuomo, ma sulla terra sì, per questioni di gravità ecc. (non ci soffermeremo qui, e non lo faremo poi, sulle questioni tecniche, a causa delle contraddizioni che queste hanno preso negli anni, specie nelle serie di lunga durata).

Arriva sulla Terra perché spedito dal suo pianeta natale prima che questo andasse distrutto. Viene adottato, ancora infante, da una coppia senza figli, e cresciuto come un uomo. Diventerà poi un importante giornalista e condurrà la sua vita «civile» in maniera pressoché normale, con delle contraddizioni legate alla doppia identità, le quali non possono essere definite problemi veri e propri, anche perché Superman sembra reagirvi con una discreta dose di indifferenza pragmatica.

E qui non procediamo oltre nell'esplorare il quasi infinito (il termine non è casuale perché, negli anni ‘60, la DC avrebbe complicato notevolmente il suo universo con l'introduzione di vite parallele, possibilità alternative e simili, che, si sarebbe scoperto poi, erano degli altri mondi «realmente» esistenti, fino a non poterne venire più a capo in maniera razionale) mondo di Superman.

Ci limiteremo ad analizzare che:

  1. la testata (Action Comics), al suo esordio, fu un inaspettato successo e, dunque, il personaggio era ciò di cui il pubblico aveva bisogno;
  2. l'eroe è monolitico, senza dubbi su come operare, e nessuno discute il suo operato, se non nelle primissime storie, vista la novità;
  3. Superman accetta, rispetta e ama l'umanità e, dato interessante per le analisi successive, la popolazione rappresentata nel fumetto reagisce come se conoscesse questi sentimenti, e non bada al fatto che, per distruggere un nemico, Superman demolisce case o automobili.

Dal terzo punto emerge un trucco narrativo, che sarà utilizzato, e lo vedremo, anche per gli eroi successivi: poiché il lettore conosce i retroscena e sa a che fine l'eroe compie quell'azione, l'opinione pubblica rappresentata nel fumetto rappresenta il lettore, pensandola come lui.

Fino al 1961, quindi, non sarà scardinato il manicheismo che separava il «buono» dal «cattivo», che diventavano, così, giudizi aprioristici e inconfutabili. Lo farà, in quell'anno, la Marvel, con i supereroi con superproblemi, e sarà la sua fortuna.

A onor del vero, è doveroso affermare che il tema della diversità e un accenno di relatività, erano già stati introdotti dalla DC, in parte con Green Lantern, ma, soprattutto, col ricco, filantropo e allo stesso tempo misantropo Bruce Wayne, alias Batman, l'eroe forse più oscuro che allora (...) si potesse inventare, con un occhio alla produzione horror (come succederà, poi, in maniera più esplicita, per uno tra gli eroi più tormentati: Hulk), creando, quindi, una sorta di mostro, che faceva il verso sicuramente al conte Dracula. Questa oscurità dell'uomo-pipistrello, inoltre, nasceva dallo sterminio della propria famiglia ad opera di un criminale.

È presente, quindi, in Batman, un disagio latente, a volte anche paventato, ma la socialità di fondo non era in discussione, così come non lo era, il plauso dell'opinione pubblica rappresentata, nonostante la coscienza di trovarsi di fronte ad un eroe nettamente differente rispetto a Superman, più oscuro, e, dunque, meno trasparente riguardo al suo operato.

Niente a che vedere, quindi, ancora, con gli eroi emarginati, denigrati, o, per lo meno, esposti al pubblico dubbio, prodotti dalla Marvel e di cui parleremo qui di seguito.

Archetipo del supereroe Marvel: The Fantastic Four

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Premettiamo che, nel proporre questo confronto fra archetipi antitetici, stiamo valutando il nuovo corso Marvel, a partire, dunque, dal 1961.

È doveroso spiegare, però, che la Marvel fu erede della casa editrice Timely (poi Atlas), che, all'epoca - anni '30 - si occupò di supereroi. Questi eroi erano di vecchio stampo e vennero riciclati in epoca Marvel (Torch, Captain America, Namor), ma presero personalità tipiche del nuovo stile. Non ci occuperemo, quindi, di questo primo periodo, che, anch'esso, meriterebbe un'analisi dedicata, magari per cercare di scoprire se, in nuce, qualcosa del tema del «diverso» fosse già presente. Passeremo, piuttosto, direttamente al nuovo corso, iniziato nel 1961 con “The Fantastic Four” n° 1.

La prima, rilevante, particolarità di questo supergruppo (questo termine starà ad indicare, da ora in poi, un'unione ufficiale, anche se disordinata - come nel caso dei Defenders - di supereroi, e non le alleanze sporadiche che spesso si presentavano in questi universi fumettistici - ricordiamo a tal proposito che Spider Man ha avuto una testata dedicata solo agli incontri con altri supereroi e che, in casa DC, ne esisteva una che presentava storie di Batman e Superman che lottavano insieme per la giustizia -), fu il richiamo netto, in particolare tramite le tute blu, alla fantascienza, di cui Jack Kirby, l'autore grafico, era ghiotto.

Il rimando non era più alla mitologia, mondo ormai troppo indirettamente rappresentativo dell'uomo, con un antropocentrismo necessariamente conseguente.

Come si è accennato, infatti, gli eroi DC presentavano un richiamo frequente alle divinità (dalle ali ai piedi - o nel cappello - di Flash, all'effettiva divinità di Wonder Woman, agli atteggiamenti di superiorità di Superman). Questo primo gruppo di supereroi Marvel, invece, era un gruppo di scienziati che, in viaggio verso la Luna, vengono investiti da radiazioni e assumono superpoteri: Reed Richards diventa plastico, Ben Grimm roccioso e fortissimo, Johnny Storm una torcia umana, Susan Storm, infine, invisibile. Ancora non erano maturi i tempi per l'esplicitazione del tema del «diverso» (ma lo sarebbero stati di lì a poco con Hulk), ma già si notano due elementi particolarmente pregnanti:

  • Ben Grimm odia il suo aspetto, poiché è l'unico del gruppo ad avere costantemente l'aspetto da supereroe: riesce a fidanzarsi, infatti, solo con una ragazza non vedente;
  • Susan Storm è la fidanzata di Reed Richards (si sposeranno anni dopo e avranno anche un figlio) e, sicuramente, non si emancipa dalla condizione subordinata nei confronti del fidanzato (che è anche il capo) e del resto del gruppo (è l'unica, si noti, ad avere un potere difensivo), ma lo fa, comunque, rispetto al ruolo femminile classico del fumetto statunitense, ovvero quello di compagna svenevole nei confronti dell'uomo-protagonista, facendo, così, da apripista a supereroine con personalità forti, fino ad arrivare, non molti anni dopo, a Valkyrie, la prima supereroina «femminista».

Si potrebbe obiettare che, in nuce, e forse neanche troppo, Wonder Woman potrebbe essere considerata un personaggio più avanti riguardo a questa specifica dialettica. È sicuramente vero che Diana, alias Wonder Woman, fu, forse, il personaggio più rivoluzionario della DC fino all'avvento della Marvel, e che fu la vera apripista a proposito del tema della donna, ma è anche vero che, in Susan Storm, vi è un avanzamento dialettico poiché questa donna vive nel mondo reale e non in un mondo semi-divino, e, inoltre, è la prima compagna di un uomo ad iniziare ad essere emancipata, presentando, così, una situazione in cui il pubblico femminile poteva facilmente, e non solo idealmente, rispecchiarsi.