Storia della microbiologia

I batteri sono la forma di vita più diffusa sulla Terra: si stima che siano grosso modo 5 x 1030, ovvero 5000 miliardi di miliardi di miliardi. Non solo: sono anche la forma di vita più antica, esistendo da 4 miliardi di anni. Nonostante questo, per le loro dimensioni microscopiche (qualche millesimo di millimetro) ci siamo accorti della loro esistenza solo tre secoli fa.

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Storia della microbiologia
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Microbiologia

Microbiologia nell'antichità

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Anche se l'uomo non poteva vedere i microrganismi, e non ne conosceva nemmeno l'esistenza, ha interagito con essi involontariamente fin dalla sua comparsa, a volte per difendersi, a volte per sfruttarne le capacità.

Ad esempio, l'antichissima produzione del vino si svolgeva e si svolge tuttora sfruttando il lavoro dei lieviti che fermentano il mosto, trasformando gli zuccheri in alcool; tracce di questa simbiosi tra l'uomo e i lieviti sono state trovate in giare iraniane risalenti a 5000 anni prima di Cristo.

Per evitare che i batteri patogeni che abbondano nei liquami si diffondessero nelle città portando malattie, i romani nel 600 a.C. cominciarono a costruire le fogne; anche se poi nel medioevo questa buona pratica igienica venne abbandonata.

Oggi sappiamo che la maggior parte delle malattie si trasmettono con la diffusione di batteri e virus dai malati agli individui sani; nel medioevo non avevano ancora queste conoscenze, ma si accorsero che isolare gli ammalati nei lazzaretti era un modo discreto per limitare il contagio e preservare il resto della popolazione. Queste misure si intensificarono, dopo che nel XIV secolo una buona fetta della popolazione europea venne eliminata dalla Yersinia pestis, in provvedimenti come la quarantena delle navi prima di entrare nel porto di Venezia.

Generazione spontanea o no?

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Gli uomini cominciarono a porsi domande intelligenti sull'esistenza dei microrganismi nel XVII secolo: allora era diffusa l'idea che le mosche si generassero spontaneamente dalla carne lasciata a marcire (così come che il brodo spontaneamente si avariasse), almeno finché un medico toscano, Francesco Redi, non dimostrò, attraverso il metodo scientifico, che le larve delle mosche non nascevano se la carne rimaneva protetta.

Come ogni scoperta scientifica, non fu facile convincere il mondo di questo fatto: il secolo successivo un prete e biologo inglese (John Needham) e un biologo emiliano (Lazzaro Spallanzani) si disputarono nuovamente la conferma o la smentita della teoria della generazione spontanea. L'inglese con alcuni esperimenti su generi alimentari mostrò come la vita sembrasse generarsi da materia inanimata, ma subito dopo l'italiano fece notare che, se questi venivano coperti, non si generava un bel niente. Needham ribatté sostenendo che l'aria era necessaria alla vita, e che togliendola era ovvio che questa non si sarebbe presentata. Inoltre, mostrò come anche se un brodo di carne veniva bollito, distruggendo così ogni eventuale forma vivente, dopo un po' di tempo comunque andava a male.

Nel frattempo, generazione spontanea o no, era ormai chiaro che bollendo e togliendo l'aria non si sviluppava nessuna forma di vita indesiderata, e poiché sempre tra i due litiganti il terzo gode, un astuto francese, Nicolas Appert inventò la conservazione dei cibi in barattoli sigillati, che gli fruttò i 12000 franchi del premio indetto da Napoleone per chi trovasse il modo di conservare efficacemente il cibo per le sue truppe. Il metodo era molto semplice: si inseriva il cibo in un vasetto a chiusura ermetica, e una volta che questo era sigillato si bolliva il tutto finché il contenuto non era ritenuto cotto. Senza saperlo, in questo modo venivano uccisi tutti (o quasi) i batteri presenti, e la chiusura ermetica impediva che ne entrassero altri successivamente.

Questa lunga diatriba della generazione spontanea venne finalmente conclusa nel 1861 da Louis Pasteur, che dimostrò la presenza di batteri osservando che un brodo bollito in un pallone dal collo ricurvo come un sifone rimaneva intatto anche per molto tempo: l'aria era libera di passare, ma i batteri (che non sono capaci di volare, ma si muovono nell'aria come le particelle di polvere) rimanevano bloccati nel sifone. Inoltre, osservò che bastava inclinare il pallone fino a portare il brodo a contatto con il sifone (dove si erano depositati i batteri), che in poco tempo il brodo intorbidiva e andava a male.

Lo studio dei microrganismi

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Non fu uno scienziato il primo a osservare i batteri: fu invece Antoni van Leeuwenhoek, un mercante di tessuti olandese, che nel 1676, usando un suo rudimentale microscopio per osservare la trama dei tessuti, vide diversi piccoli organismi che descrisse nelle sue lettere alla Royal Society.

Solo nel XIX secolo, però, incominciarono i primi veri studi di microbiologia.

All'inizio del secolo Agostino Bassi cominciò a capire che le malattie erano causate da parassiti, scoprendo che un fungo era la causa di una malattia del baco da seta, che aveva portato notevoli danni economici in Europa. Nello stesso periodo, in germania Theodor Schwann osservava il lievito di birra, chiamandolo fungo dello zucchero.

Verso la fine del secolo incominciò un "periodo d'oro" per la microbiologia, con una grandissima quantità di nuove scoperte in poco tempo: Sergei Winogradsky studiò il ciclo dell'azoto e la chemioautotrofia, Martinus Beijerinck scoprì i virus, Robert Koch introdusse la tecnica della coltura pura e i postulati di Koch sulla patogenicità dei microrganismi.

Dentro la cellula

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Con l'inizio del XX secolo gli studi di microbiologia non si limitarono più ai semplici microrganismi: ci si cominciò a chiedere che cosa ci fosse dentro le cellule, come funzionassero i batteri insomma. Si studiarono così le proteine, la degradazione degli zuccheri, i primi antibiotici, fino ad arrivare nel 1953 a determinare la struttura del DNA.

Dopo quella data, i più grandi sviluppi si concentrarono proprio sul codice genetico, dal suo funzionamento fino al sequenziamento del primo genoma, nel 1995.