Storia della circolazione monetaria nell’Italia nord-occidentale tra l’XI e la prima metà del XII secolo

Approfondimento
Dipartimento di Studi umanistici



Antonio Olivieri

Tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo le tensioni che avevano percorso per decenni l'economia dell'Italia centro settentrionale giunsero a un punto critico. La moneta, che del processo economico era componente secondaria ma che è documentata meglio di altre, entrò in una nuova fase di mutamenti. I notai, alle prese con le pressioni di una società in fase espansiva che chiedeva l'adeguamento del loro strumentario professionale, non furono sordi alle novità che incalzavano sul fronte monetario. Questa loro sensibilità non era, del resto, una novità: redattori delle cartule e dei brevia che costituiscono le fonti principali di questo contributo, essi operavano nel solco di una tradizione da sempre attenta alle sottigliezze delle transazioni finanziarie e alle connesse esigenze di rappresentazione documentaria.[1] Proprio l'osservazione dei loro comportamenti redazionali, nel campo specifico delle espressioni formulari relative alle definizioni monetarie, consente di riflettere sul senso delle costanti e delle variazioni che emergono con speciale evidenza all'occhio di un diplomatista abituato all'esame della materialità linguistica del documento notarile. Così, per esempio, nella fascia settentrionale della marca di Torino, ai lembi occidentali del Regnum Italiae, i professionisti al servizio della contessa Adelaide e degli enti religiosi che gravitavano intorno agli ultimi membri della dinastia arduinica si risolsero a dare un nome preciso alla moneta che menzionavano nei loro documenti, cosa che in precedenza non risulta avessero mai fatto.

Uno dei più interessanti fra costoro, Aldeprando, precisò che Adelaide e la sua nuora Agnese, vedova del marchese Pietro, avrebbero dovuto pagare alla canonica di San Lorenzo di Oulx cento lire di buoni denari pavesi come pena nel caso in cui avessero violato i termini di una importante concessione fatta alla canonica; alcuni anni prima, nel 1079, Giselberto, altro personaggio chiave dell'entourage adelaidino, nella clausola penale di un documento per il monastero di Santa Maria di Pinerolo aveva segnato la stessa moneta e la medesima cosa avrebbe fatto più tardi, al limite estremo dell'età arduinica, in un documento che attesta, unico nel suo genere, gli interessi finanziari della marchesa di Torino[2]. La precisione in questo genere di determinazioni era divenuta importante. Da occidente premeva già da alcuni anni un circolante di provenienza transalpina, il denaro del Poitou: le carte della canonica di Oulx, purtroppo non sempre ben databili, cominciano a menzionarlo almeno dal 1075. La ragione della sua fortuna è spiegata in un documento pinerolese del 1096, dove il suo valore rispetto al denaro pavese venne indicato in ragione di due contro uno: rapporto di valore tra specie monetarie concorrenti che, come si vedrà, torna altre volte nella storia monetaria del territorio prescelto. Con la forza del suo basso valore dilagò negli spazi del Torinese e dell'Eporediese; nel 1095 lo si trova menzionato a Vercelli, al principio del secolo successivo nei pressi di Biella. I conti di Moriana e Savoia, nel quadro dei tentativi che andavano compiendo per raccogliere quella parte dell'eredità arduinica che sembrava più alla loro portata, tentarono di proporre una loro propria emissione per contrastare l'onda della moneta pittavina. Non sembra che l'iniziativa, nella sua prima fase, riscuotesse successi significativi, ma è interessante notare che, almeno sotto questo profilo, i conti mostrarono di muoversi nel solco di una tradizione signorile prettamente transalpina.[3] Nelle zone più vicine alle fonti della monetazione italiana del tempo, linguistica del documento notarile. Così, per esempio, nella fascia settentrionale della marca di Torino, ai lembi occidentali del Regnum Italiae, i professionisti al servizio della contessa Adelaide e degli enti religiosi che gravitavano intorno agli ultimi membri della dinastia arduinica si risolsero a dare un nome preciso alla moneta che menzionavano nei loro documenti, cosa che in precedenza non risulta avessero mai fatto.


Note modifica

  1. Si veda, per esempio, F. Bougard, La justice dans le royaume d'Italie de la fin du VIIIe siècle au début du XIe siècle, Rome 1995 (Bibliothèque des Écoles Françaises d'Athènes et de Rome, 291), pp. 323 sgg. Ricordo subito che nel periodo e nell'area che interessano questo studio (ma più in generale in tutta l'Europa carolingia e postcarolingia) l'unica moneta effettivamente coniata fu il denaro d'argento (insieme con una sua frazione, l'obolo, la cui produzione da parte delle zecche italiane è stata revocata in dubbio) al quale nella documentazione scritta si affiancano come suoi multipli delle pure unità di conto non coniate, vale a dire il soldo (in ragione di dodici denari per soldo) e la lira (in ragione di venti soldi per lira o duecentoquaranta denari): si veda, tra gli altri, L. Travaini, Monete e storia nell'Italia medievale, Roma 2007, pp. 40 sgg., 94 sg., 209 sgg.
  2. Per i documenti citati qui e oltre in questo primo capoverso si vedano i parr. 5 e 2. Cfr. G. Sergi, I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995, pp. 127 sgg. (in particolare p. 129 per l'appellativo marchesa, mai usato nelle fonti diplomatiche cisalpine). Per le vicende relative alla zecca abusiva di Aiguebelle, in Moriana, in cui Adelaide fu coinvolta in quanto vedova di Oddone I e madre dei suoi figli cfr. C.W. Previté Orton, The Early History of the House of Savoy (1000-1023), Cambridge 1912, pp. 98, 123, 224 sg.
  3. Per le coniazioni signorili transalpine nei secoli X e XI e per il conseguente accentuato frazionamento della monetazione nei territori francesi e tedeschi, da confrontare con la continuità della tradizione della moneta publica nel Regnum Italiae fino almeno ai primi decenni del XII secolo, si veda P. Spufford, Money and its use in medieval Europe, Cambridge 1988, pp. 55 sgg.; per il solo X secolo, ma con un efficace quadro comparativo che comprende il Regnum Italiae, F. Dumas, La monnaie au Xe siècle, in Il secolo di ferro: mito e realtà del secolo X, Spoleto 1991 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'alto medioevo, 28), pp. 565 609; per la sola


Per la storia della circolazione monetaria nell'Italia nord occidentale tra l'XI e la prima metà del XII secolo. La testimonianza delle fonti documentarie

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011)