Storia dell'agricoltura italiana (dal 1945)
Il commissario comunista
modificaLa Federconsorzi ha continuato la propria attività anche dopo la Liberazione senza alcuna certezza di sopravvivenza nel quadro politico futuro. Quale l'hanno rimodellata gli interventi dei ministri fascisti l'intera organizzazione, consorzi provinciali e Federazione, è mplto più simile agli istituti corporativi che sopravvivono al crollo del Regime che alle cooperative cattoliche o comuniste: l'incolmabile distanza con i due ideali non sarà causa ultima delle anomalie che, rifuggendo l'assimilazione ad entrambi, l'organizzazione consortile conserverà, singolarmente, mantenendosi genus istituzionale completamente singolare. Gli antichi dirigenti riferiscono dell'attesa della soppressione, che alla formazione del primo governo di coalizione antifascista è reputata certa.
Il dilemma viene superato dal decreto del ministro dell'agricoltura del governo di Ivanoe Bonomi, il comunista Gullo, che accantonando le riserve istituzionali nomina un commissario alla guida dell'organismo che sta svolgendo le proprie funzioni essenziali, la distribuzione dei generi alimentari, nel paese che, tra le rovine, rischia la fame. Il decreto che insedia il responsabile di fronte al primo governo democratico è varato con l'implicito presupposto che atti normativi futuri saranno approvati per rifare del contesto l'insieme di cooperative private, autonome e volontarie, della fondazione. La rottura dell'equilibrio tra cattolici e comunisti,, imprimerà al futuro del contesto consortile un corso diverso da quello che entrambe le parti avrebbero supposto nei mesi di tregua Lo schieramento di cui il sistema federconsortile diverrà roccaforte sarà quello democristiano, che sottrarrà la Federazione alla sfera comunista cui ha accettato fosse consegnata, con la nomina del commissario, durante l'interludio della coalizione.
La riconquista, e la disposizione dell'apparato nelle prime linee del fronte cattolico, sono opera di uno dei luogotenenti di De Gaspari, Paolo Bonomi.
L'evento che suggellerà il trionfo nelle campagne di quella che fu definita "a compagine bonomiana", sarà la presa dei consorzi agrari, e la successiva conquista, tramite il voto dei presidenti dei consorzi, della Federazione. Tra il decreto di Gullo che riapre le prospettive del futuro al contesto consortile e l'espugnazione democristiana, che si compie il 3 settembre 1949, trascorrono quattro anni: sono anni confusi in termini di direzione politica, piena di eventi sul piano operativo.
Il decreto Segni
modificaNel Paese uscito dalla guerra con il sistema agroalimentare compromesso provvedono a fornire l'essenziale alla tavola degli italiani i successivi piani di aiuto americani, Amg, Unrra ed Ausfap, tra le cui voci occupano un posto eminente le forniture alimentari. Dopo aver offerto ai vincitori appena sbarcati l'apparato annonario con cui sfamare i vinti, Mizzi ha continuato la medesima attività per conto del Commissariato all'alimentazione, quindi del Ministero dell'agricoltura, destinatari formali delle derrate americane. Ha riorganizzato, contemporaneamente, la rete dei consorzi per distribuire le prime macchine agricole che escono dalle catene di montaggio americane ristrutturate dopo aver prodotto carri armati, e i concimi prodotti dalle industri chimiche che hanno interrotto la produzione di esplosivi. Conservata nel quadro delle istituzioni pubbliche, per assolvere agli imperativi del momento, dal governo Bonomi, il contesto federconsortile attende di essere inserito organicamente nella cornice repubblicana dalla riforma che lo restituisca alla primitiva natura cooperativistica. Vara il decreto di riforma, il 7 maggio 1948, Antonio Segni. Sono trascorsi quindici giorni dal trionfo democristiano del 18 aprile: dello scontro senza quartiere di cui quel trionfo segna un cippo il testo è frutto emblematico. Piuttosto dell'attesa riforma, è l'espressione della scelta di nulla riformare: nell'incertezza di quali maggioranze potranno formarsi in ciascun consorzio, lo statuto del ministro democristiano perpetua l'accentramento fascista, la precauzione per affidare il controllo dei consorzi che potranno essere conquistati dagli avversari alla Federazione, che Segni spera sarà guadagnata alle forze democristiane.
Bonomi
modificaIl successivo scrutinio, tra i presidenti riuniti a Roma, per la designazione della giunta e del presidente della Federazione, si trasforma in plebiscito a favore di Paolo Bonomi. Il successo supera le aspettative più ottimisticheAll'indomani della vittoria, Bonomi convoca un convegno di responsabili consortili per dibattere della strategia futura dell'organizzazione. La riforma che Antonio Segni non ha osato compiere temendo l'interferenza di una minoranza socialcomunista può essere affrontata con sicurezza: a turbare i disegni democristiani nel consiglio della Federconsorzi non siede un solo comunista. L'assise si celebra a Fiuggi nel giugno del 1950: sarà occasione di mero esercizio declamatorio. Nei mesi trascorsi dalla vittoria il possesso delle leve del comando ha convinto Bonomi che la legge appena varata non richiede alcuna modifica: ha conquistato un organismo monolitico, e questo viene valutato come il più efficace strumento
L'età degli ammassi e del "muro anticomunista"
modificaNei primi anni del dopoguerra la Federconsorzi riordina l'apparato con cui distribuisce alle campagne beni strumentali, ma soprattutto perfeziona gli strumenti per le gestioni annonarie. I capitolati in base ai quali eroga alimentari americani e raccoglie il grano nazionale sono la chiave dell'età di Bonomi e di Mizzi. In quei capitolati è il segreto della ricchezza, dell'efficienza ma è anche la ragione remota del declino.
Affitti e spese elettorali
modificaSaltini afferma che le prime analisi storiche dell'età di De Gaspari e di Scelba, di Togliatti e di Nenni, hanno trascurato Bonomi e la Coldiretti, così come le prime indagini economiche sugli anni del "miracolo italiano" hanno lasciato ai margini del campo la Federconsorzi di Mizzi.
Delle correlazioni tra Coldiretti e Federconsorzi, dalla conquista democristiana al repentino collasso, è noto quanto testimonia una serie di dati obiettivi, la cui evidenza consentirà agli storici la semplice trascrizione della cronaca. Il primo è l'assoluta padronanza del consiglio di amministrazione della Federconsorzi da parte della Coldiretti, che può permettersi di offrire alla Confagricoltura, nell'età di Bonomi organizzazione vassalla, una rappresentanza paritetica.. Il secondo è la prestazione, da parte della Federazione e dei consorzi agrari, di una serie vastissima di tributi alla Confederazione e alle federazioni provinciali: l'elenco comprende l'affitto a prezzo simbolico del principesco palazzo che ospita l'organizzazione contadina e di innumerabili sedi provinciali, offerte dai consorzi agrari pertinenti; comprende lo stipendio di decine di funzionari, cui provvede la Federconsorzi, consentendo che operino, col titolo di "comandati", per l'organizzazione professionale; comprende la stampa, a centinaia di migliaia di copie, dei fogli periodici della Confederazione, demandata alla tipografia editrice della Federconsorzi, la società Reda, di cui l'organismo maggiore ripiana sistematicamente i bilanci.
Oltre alle prestazioni palesi vi sono quelle occulte, tali, peraltro, da non poter essere ignorate da chi scriverà la storia politica dell'Italia repubblicana. La storia non potrà trascurare, infatti, le erogazioni che avrebbero finanziato le campagne elettorali della Coldiretti, che all'apice dei propri fasti assicurava l'ingresso alla Camera di cinquanta deputati, contribuiva all'elezione di venti senatori. Gli indizi che suggeriscono che le mani di Bonomi abbiano convogliato fiumi di denaro sono molteplici, e, pure non mutando la natura di indizi, concordanti: oltre a indurre a reputare che il capitano della Coldiretti ne abbia largamente disposto a fini politici e elettorali, spingono a supporre che ne abbia trattenuta parte per ragioni diverse, seppure attinenti alla sfera familiare piuttosto di quella politica.
Della disponibilità elettorale costituisce eloquente neppure elemento di prova l'imponenza dell'apparato confederale. Casualmente per via dello scandalo Italcasse il grosso pubblico è venuto a conoscenza delle disponibilità liquide della famiglia Bonomi, mentre anche l'avversario più acceso ha mai sollevato dubbi sulla rigorosità personale del ragionier Mizzi