Storia del diritto ecclesiastico
La storia del diritto ecclesiastico abbraccia le diverse relazioni tra lo Stato e la realtà più importante per molte centinaia di anni in tutto l'occidente europeo: il Cristianesimo.
Diritto ecclesiastico nel primo Cristianesimo
modificaLa storia del diritto ecclesiastico occidentale nasce, all'incirca, nel 313 con l'editto di Milano emanato dall'imperatore romano Costantino e il riconoscimento di una prima primitiva libertà di religione.
Con il formarsi della Chiesa Cattolica in un'organizzazione forte e gerarchizzata, accaddero vari eventi che segnarono la storia europea: dapprima il Concilio di Nicea che condannò l'eresia di Ario, in seguito l'Editto di Tessalonica e le invasioni barbariche.
Se in principio la Chiesa si vedeva universale, già dopo poco tempo esisteva una forte contrapposizione di primato spirituale tra Roma, che si autoproclamava il soglio di Pietro, e Costantinopoli, capitale dell'antico Impero . Le invasioni barbariche provocarono l'isolamento della chiesa romana dall'Impero, ma questo giovò sotto l'aspetto temporale all'ambiente ecclesiastico italico, in quanto godeva di poco controllo e di un'ampia autonomia, che gli permisero di elevarsi a figura politica carismatica del luogo agli occhi delle popolazioni locali.
In questo periodo storico era ben evidente una certa forma di cesaropapismo e la superiorità temporale dell'Impero alla Chiesa . Già ai tempi di Costantino, era lo stesso imperatore a convocare i concili cristiano, pur paradossalmente essendo ancora pontifex maximus della religione pagana, e ad adottare leggi e provvedimenti sulla base di quanto deciso dai concili stessi.
Mentre la Chiesa si serviva dell'autorità dell'Impero e delle istituzioni giuridiche romane, allo stesso tempo personaggi ecclesiastici come i vescovi assumevano un'importanza considerevole all'interno della società, sostituendosi spesso ai magistrati per le controversie giuridiche, a volte anche, col passar del tempo, in maniera esclusiva, dando vita a quello che verrà chiamato in seguito privilegio del foro e rafforzando la commistione fra temporale e spirituale.
È con la lotta alle eresie, spesso più temute delle altre fedi esterne al cristianesimo, e con l'Editto di Tessalonica, che inizia il processo di unificazione della chiesa, coincidente all'inizio con la massima espansione dell'Impero Romano, e che si sviluppa dal 325 all'869 in ben otto concili ecumenici, processo sociale oltre che religioso importantissimo che getta le basi di una unificazione se non razziale, quantomeno religiosa e in un certo senso culturale.
La questione religiosa in sé, tuttavia, si estende più sul piano concettuale e formale nel contrastare le varie eresie, col tempo sempre più complesse e raffinate, in una continua lotta all'eterodossia e questo porta al rafforzamento del dogma ormai indissolubile, specialmente per quel che riguarda la Trinità e la natura divina del Cristo, contestata dagli ariani prima e dai monofisiti poi.
Questa superiorità temporale dell'imperatore, ben salda in Oriente in virtù del fatto che il prestigio di Costantinopoli si basava sulla sua importanza politica ormai centrale, cominciò a scemare in Occidente col passare dei secoli: un primo esempio lo porta la figura di Sant'Ambrogio, che iniziò quel processo di secolarizzazione della Chiesa delimitando l'autonomia decisionale del sovrano e assoggettandola alla Chiesa per quel che riguardava decisioni politiche affini alla morale. Tale processo parte dalle vicende storiche che emarginano Roma dal resto dell'impero orientale, come ad esempio le Invasioni barbariche, e il primato che in maniera lenta ma inarrestabile si irroga il soglio petrino rispetto alle altre chiese, a partire da Papa Leone I. Il quadro storico e sociale dell'Europa occidentale, costellato da tante tribù barbare o di popolazione decisamente retrograde, rende il Papa e la sua Chiesa un soggetto attento al doversi confrontare con culture particolari e diverse, ma soprattutto lo rende sempre più capace ed autonomo politicamente: questo porta la Chiesa di Roma a un sempre più inevitabile distacco da Costantinopoli, che ancora omaggia ma dalla quale ormai dipende assai poco, cominciando a relazionarsi e contrattare per poi convertire popolazioni estranee.
I rapporti si logorano definitivamente con la discesa dei Longobardi in Italia, con la conquista di Ravenna e la minaccia costante di un'occupazione di Roma. In quel momento la Chiesa, sentitasi minacciata, compie il passo principale rivolgendosi non ad Oriente, con cui ormai ha contatti solamente formali, ma ai Franchi di Pipino il Breve, dai quali ottiene la cosiddetta Promissio Carisiaca, secondo la quale il popolo franco si sarebbe impegnato, scacciati i Longobardi, a consegnare alla Chiesa una fascia di territorio che sarebbe restata sotto la sua esclusiva sovranità. Poco dopo avviene la diffusione del Constitutum Constantinii (Donazione di Costantino), celebre falso storico secondo il quale Costantino aveva a suo tempo donato al papa beni materiali, territoriali nonché corona, scettro e vesti imperiali. Con questi due episodi prende vita il potere temporale papale, con la conseguente creazione di un'autonoma sfera politico-territoriale e il totale e definitivo distacco dalla Chiesa Orientale.
Si va formando in occidente una nuova figura di cesaropapismo, giacché la Chiesa Romana comincia a vivere integrata nel Sacro Romano Impero e del fenomeno feudale: stessa cosa si riflette all'interno dell'organizzazione ecclesiastica, dato che molto spesso funzionari di corte o personaggi pubblici sono vescovi o funzionari della Chiesa. L'imperatore arriva persino a disciplinare, con il Constitutum di Lotario dell'824, le modalità di elezione del papa e si irroga il diritto di approvare in via definitiva la consacrazione del nuovo pontefice, abolendo questa facoltà al clero. Il papato attraversa un periodo nero ed è ormai un feudo imperiale e si aprono lotte di fazioni e famiglie per le varie elezioni papali.