Il Risorgimento: differenze tra le versioni

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==I Carbonari==
Nei carbonari i luoghi di riunione erano detti ''baracche'': le varie associazioni locali erano dette ''vendite''. La vendita più importante di una regione di chiamava ''alta vendita'', cioè vendita centrale. Gli appartenenti alla società si chiamavano tra loro ''buoni cugini''. La bandiera dei carbonari era un tricolore azzurro (colore della speranza), rosso (colore della libertà) e nero (colore della fede), il loro motto era ''Libertà o morte''. La loro pianta rappresentativa era l'acacia, perché è sempre verde e pungente. La cerimonia dell'iscrizione alla carboneria si svolgeva così: colui che desiderava iscriversi si inginocchiava sul ginocchio sinistro e rivolgeva un pugnale verso il cuore, poi pronunciava il giuramento, attorno a lui stavano con un pugnale in mano in atteggiamento di minaccia. Il capo pronunciava queste parole:
''Tutti questi pugnali saranno in tua difesa in ogni momento, se osserverai la santità del giuramento prestato; saranno invece a tuo danno se diventerai spergiuro. La pena del tradimento è la morte'', poi il capo lo abbracciava, nominandolo carbonaro.
La carboneria si diffuse molto nell'esercito, nella burocrazia, tra gli intellettuali ed i giovani nobili di idee aperte. Nel 1820, secondo lo storico P. Colletta, vi erano 642.000 carbonari nel solo Regno delle Due Sicilie. Mancò tuttavia alla carboneria una solida organizzazione sociale ed un programma politico ben definito e preciso. Ad esempio, i carbonari del Lombardo - Veneto volevano la costituzione, ma anche la guerra contro l'Austria, in Romagna si voleva addirittura la repubblica. La carboneria commise inoltre il grave errore di mantenere estranei alla loro società i contadini e gli operai, e ciò fu una delle cause del fallimento dei moti rivoluzionari dei carbonari.
==I moti dell'Emilia-Romagna==
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La rivoluzione francese del 1830 non ebbe ripercussioni né in Piemonte né nel Regno delle due Sicilie. In questi due Stati molti patrioti si trovavano in carcere o erano in esilio.
La rivoluzione invece scoppiò nell'Italia centrale.
 
Il sovrano del Ducato di Modena era l'arciduca Francesco IV, nipote di Maria Teresa d'Austria, che in gioventù aveva avuto grandi ambizioni. Aveva sognato negli ultimi anni dell'Impero napoleonico di conquistare l'Italia e porla sotto il suo scettro. Ma al Congresso di Vienna l'Austria preferì essere essa direttamente l'arbitra della vita italiana. A Francesco IV non restò che abbandonare le sue ambizioni e contentarsi del piccolo ducato di Modena. Ma a volte si lamentava di essere costretto a vivere in un piccolo ''guscio di castagne'' (tale egli considerava il suo Ducato).