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Oltre che negli [[w:Accordi di Schengen|Accordi di Schengen]], il concetto è stato riportato nella [[w:Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea|Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea]] all'art. 8, che recita:
 
''Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano.''<br />
''Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica.''<br />
''Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un'autorità indipendente.''
 
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Per quanto attiene alla legislazione italiana, i fondamenti [[w:Costituzione della Repubblica italiana|costituzionali]] sono ravvisabili negli artt. 14, 15 e 21 Cost., rispettivamente riguardanti il domicilio, la [[w:libertà e segretezza della corrispondenza|libertà e segretezza della corrispondenza]], e la [[w:libertà di manifestazione del pensiero|libertà di manifestazione del pensiero]]; ma si può fare anche riferimento all'art. 2 Cost., incorporando la riservatezza nei ''diritti inviolabili dell'uomo''.
 
Prima della [[w:Legge sulla privacy|Legge sulla privacy]], la fonte di diritto principale in materia era costituita dalla [[w:Corte di Cassazione|Corte di Cassazione]]. Questa, con la sent. n. 4487 del [[w:1956|1956]], nega inizialmente la presenza di un diritto alla riservatezza. Il riferimento all'art. 2 Cost. di cui sopra arriva invece solo nel [[w:1975|1975]], con la sent. n. 2199, con cui la stessa Corte identifica tale diritto nella ''tutela di quelle situazioni e vicende strettamente personali e familiari, le quali, anche se verificatesi fuori dal domicilio domestico, non hanno per i terzi un interesse socialmente apprezzabile''. Questa affermazione è fondamentale per il bilanciamento col [[w:diritto di cronaca|diritto di cronaca]] .<br />
La casistica in materia è ampia; in particolare, il Tribunale di [[Roma]], nella sent. del [[13 febbraio]] [[1992]], aveva notato che ''chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlato alla sua dimensione pubblica''.