Giacomo Leopardi/pensiero filosofico: differenze tra le versioni

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È il dialogo tra Leopardi e gli autori della tradizione e tra il poeta stesso e un’entità futura che prende volto (donna, natura, lettore…)
 
[[s:Canti_(Leopardi)/Ad_Angelo_Mai:_quand'ebbe_trovato_i_libri_di_Cicerone_della_Repubblica |Angelo Mai] era un filologo gesuita che aveva scoperto il ''De Repubblica'' di Cicerone e Leopardi omaggia colui che ha trovato una parte delle ''disiecta membra''<ref> Ancora ''appunti'' personalmente tratti dalle lezioni della professoressa Francesca D’Alessandro, anno accademico 2007-2008 </ref> di Cicerone ed è anche un’occasione per riflettere sul senso della tradizione.
Leopardi coglie l’occasione per tracciare un canone ideale , una ''bella scola'' di riconoscimento da Dante fino a Tasso che il poeta di Recanati sente umanisti e poeti per vocazione.
 
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È un uomo fatto di membra fragili, soggetto a malattie e cadute; si chiede come una creatura così fragile e piccola possa concepire pensieri così grandi; l’uomo è piccolo di fronte alle immensità del cosmo.
Ma nonostante tutto è un poeta che non perde mai la capacità di stupirsi, che mostra la sua speranza di piccola creatura. È meglio che sia in dubbio che sicuro del nulla; Leopardi si mostra qui come un poeta che, pur dubitante, trova sempre una via d’uscita e i conti che fa con la speranza sono conti in cui l’uomo non esce completamente distrutto.
 
=== Canti===
====''A Silvia''====