Contabilità nazionale: differenze tra le versioni

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La somma di questi due dati dà la '''forza lavoro''', che quindi è definita come:
 
<div align="center">'''L''' <small>(forza lavoro)</small> = '''N''' <small>(occupati)</small> + '''U''' <small>(disoccupati)</small></centerdiv>
 
Il '''tasso di disoccupazione '''u''''' si ricava mettendo a rapporto il numero dei disoccupati con la forza lavoro, ovvero:
 
<div align="center"><math>u = \frac{U}{L}</math></centerdiv>
 
La costruzione del tasso di disoccupazione potrebbe non corrispondere alla realtà. Basti pensare al caso estremo in cui, in un Paese con alta disoccupazione, i lavoratori, scoraggiati, smettono di cercare lavoro, e decidono di non iscriversi alle liste di collocamento. Se tutte le persone che non hanno un lavoro smettessero di cercare lavoro, insomma, il tasso di disoccupazione sarebbe zero, il che non è assolutamente vero. Semplicemente, queste persone che hanno smesso di cercare un lavoro e che non sono occupate sono uscite dalla forza lavoro. Di solito, comunque, ad un aumento del tasso di disoccupazione corrisponde anche un aumento del tasso di partecipazione, ovvero del rapporto della forza lavoro totale sulla popolazione in età lavorativa.
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Il deflatore del PIL è definito come il rapporto fra il PIL nominale e il PIL reale, ovvero:
 
<div align="center"><math>P_t = \frac{\mathcal{E} Y_t}{Y_t}</math></centerdiv>
 
Il deflatore del PIL è un numero indice e pertanto non si può assegnare ad esso alcuna interpretazione. Più importante è il tasso di variazione del deflatore, che è uguale a:
<div align="center"><math>\frac{P_t - P_{t-1}}{P_{t-1}}</math></centerdiv>
 
Dal deflatore del PIL si può ricavare il prezzo medio dei beni che compongono il PIL stesso, ma può essere interessante verificare il prezzo dei beni che i consumatori consumano. I beni consumati possono notevolmente discostarsi dai beni prodotti, perché: