I riflessi del terrorismo islamista nel diritto: differenze tra le versioni

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* '''Laicità da Combattimento:''' che è la laicità che vede con ostilità il fenomeno religioso e vuole tenerlo fuori dal contesto statale (e possiamo vedere chiaramente in questo caso come l'integrazione sia un dovere da parte del fedele che deve piegarsi alla legislazione statale senza quasi avere libertà religiosa pubblica ma solo nel proprio foro intero).
* '''Laicità Separatista:''' che si basa sulla fictio storica da cui è nato lo Stato Laico. È infatti quella laicità dove si ritiene che lo Stato sia una cosa e la Religione un 'altra non tenendo conto che invece la Religione è un fattore sociale e in quanto tale non può essere manicheamente separata dal Diritto.
* '''Laicità Simmetrica:''' Lo Stato assimila in se le diversità religiose, riconoscendole e garantendole, e, pur mantenendo una visione elevata e regolatrice, ugualmente cerca una mediazione affinché le singole diversità religiose possano vivere in maniera maniera conforme al diritto statale con il minor sacrificio (e qui non possiamo non vedere il caso in cui a muoversi verso l'integrazione siano sia lo Stato che il fedele. Un moto di avvicinamento che scalfisce ma non elimina da una parte l'essere laico, e quindi terzo rispetto alla Religione, dello Stato, dall'altro non annienta la fede del cittadino credente).
 
E non possiamo non dire che è proprio quest'ultima la laicità a cui uno Stato di Diritto Laico deve puntare ed è proprio questa la Laicità messa in atto dalla nostra Costituzione e dal nostro Stato.
Seguire le altre due forme di laicità può comportare infatti il rischio di non permettere una serena integrazione da parte del fedele allo Stato. Può portare ad un rigetto del diritto statuale e a quello che viene detto scontro di civiltà ma ci torneremo tra poco.
 
È fondamentale, infatti, chiarire la nozione di Laicità Simmetrica che per un qualsiasi occidentale può apparire una nozione poco chiara. Siamo abituati a credere che laico significhi non religioso. Siamo abituati a credere che lo Stato non debba in alcun modo essere influenzato dalla religione né occuparsi di religione. In realtà questa è una assurdità logica. Abbiamo già detto come la Religione sia null'altro che un fenomeno sociale e in quanto tale entra a piede teso nel Diritto e non potrebbe non essere così. Questo ha un risvolto concreto nell'attività del legislatore. Il legislatore non può non tener presente che esiste la religione, come tra l'altro non può non tener presente che esiste una società civile portatrice di propri interessi. È la stessa nostra Costituzione, tra l'altro, che impone allo stesso il riconoscere e garantire la libertà religiosa. Questo non significa, come molti ritengono, che lo Stato debba solo lasciar libero ad ognuno di pregare in quel che crede. Significa anche lasciar libero il fedele di esprimere la propria religione anche quando essa ha risvolti giuridici, salvo la non lesione degli altri principi costituzionali. E ritorna qui in mente l'esempio del matrimonio che più di ogni altro istituto fa comprende questo concetto. Lo Stato riconosce e garantisce al fedele di svolgere il proprio matrimonio religiosamente. Permette, in un certo senso, una deroga al diritto statale per attuare in pieno il principio della libertà religiosa. È chiaro che, come dicevamo, queste deroghe non possono ledere altri articoli della Costituzione. Per esempio non si potrà mai permettere ad un islamico di attuare il ripudio coranico perché lo stesso infrange i diritti della donna che lo stato riconosce e garantisce. Insomma, lo Stato si avvicina al fedele agevolandone l'integrazione, il fedele si avvicina allo Stato perché non sente in esso un nemico ma un protettore della propria religiosità.
Tutto questo se e solo se si applica una laicità simmetrica. E se questa laicità non si applica?
 
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Il non essere laici simmetricamente è sicuramente un fattore determinante per l'avvio dello scontro di civiltà. Il fondamentalismo islamico si nutre degli errori degli Stati di Diritto Laico è un dato di fatto. D'altronde il messaggio dei fondamentalisti è quello che l'Occidente e la propria Cultura annientano l'Islam e i suoi valori. E quindi non può che non favorire questo messaggio il comportamento, non laico, di uno Stato Occidentale, come in questo caso francese. D'altronde una reazione del genere non avviene solo da parte dell'Islam. Mutatis Mutante tutte le Religioni reagiscono in questo modo quando vedono lesi i propri valori (si pensi ai moti cattolici contrari ad esempio all'introduzione dell'aborto nel 1978). È una cosa naturale e propria di ogni religione. Certo non vi è la nascita di un radicale fondamentalismo (questo anche perché come detto i cristiani hanno maturato una sorta di separazione tra l'essere cittadino e l'essere religioso) ma ugualmente vi è una reazione più o meno dura.
 
A questo punto bisogna solo tirare le somme. Da una parte abbiamo detto, nel paragrafo precedente, che il credente islamico, più di ogni altro credente, sente in se la partecipazione, o meglio la cittadinanza, ad un diritto che si fonda sull'Islam e a cui esso si sente strettamente legato, dall'altra abbiamo qui detto che uno Stato deve in un certo senso agevolare l'integrazione altrimenti rischia di non permetterla e quindi di causare lo scontro di civiltà. La somma porta alla creazione del fondamentalismo, o comunque ad alimentarlo, e quindi lo scontro, potremmo dire istituzionalizzato, di civiltà. Aggiungiamo l'aggettivo istituzionalizzato perché il fondamentalismo si fonda su una dottrina religiosa e quindi ha una sua autorità spirituale/giuridica nell'Imam. Il passo quindi da fondamentalismo a organizzazione terroristica è davvero breve. Basta che entrino in gioco scopi economici, politici, militari, personali in testa all'Imam o ad un gruppo di Imam/Leader per trasformarsi in gruppi armati portatori di finti valori religiosi che celano invece "loschi" scopi ma di questo ce ne occuperemo nel prossimo paragrafo vedendo nel concreto la questione ISIS.
 
== I riflessi nel diritto internazionale del fenomeno ISIS ==
 
Veniamo quindi all'ultimo aspetto di questa Lezione Intercorso i riflessi del fenomeno ISIS nel diritto internazionale. Fare una trattazione completa degli stessi è quasi impossibile avendo un risvolto internazionalistico un po' in ogni cosa basti pensare i riflessi sui diritti umani. Tralasciando questi aspetti ci occuperemo nei due sottoparagrafi che compongono questo paragrafo di due aspetti che credo siano i più importanti e su cui poi si fondano un po tutti gli altri.
Tratteremo quindi in primo luogo del riconoscere o meno l'ISIS in quanto Stato e cosa questo potrebbe comportare in termini giuridici. Una volta discusso su questo vedremo se l'azione militare posta in essere da Francia e Russia in Siria sia o meno legittima e vedremo come il fatto che l'ISIS sia o meno uno Stato cambia la legittimità.
Tutta questa analisi, va preliminarmente segnalato, è segnata da un legittimo scontro di posizioni dottrinali pertanto, pur se si cercherà di essere quanto più neutrali, ugualmente non si può non segnalare che un'altra dottrina, sicuramente più autorevole di chi scrive, potrebbe ritenere quanto scritto nei prossimi paragrafi errato. Il mio compito sarà comunque segnalare, in questo caso, le divergenze di opinione.
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Questa tesi ora illustrata è la tesi dottrinale minoritaria. Al momento attuale, a parte la prassi di cui parlavamo sopra, non ci sono autori dottrinali di ampia fama che la sostengono e questo per vari motivi.
In primo luogo si temono gli effetti che un tale "riconoscimento" potrebbe comportare, non tanto per il caso di specie, ma per il futuro. Sarebbe, per la prima volta, fatta prevalere l'effettività alla legittimità. In altre parole si ammetterebbe, per la prima volta, che si può diventare Stati anche violando il diritto internazionale generale. Dall'altra parte ammettere che l'ISIS è uno Stato significa anche dover decidere su che fine hanno fatto gli Stati dell'Iraq e della Siria con una non dubbia conseguenza anche diplomatica di ciò. Significherebbe infatti decidere se si è in presenza di un distacco da parte dei territori ex Siriani o Iracheni a favore di un nuovo Stato oppure di Stati falliti con scarsa o addirittura inesistente effettività dei loro governi.
In ultimo si è sempre cercato di evitare una qualche forma di riconoscimento statale a gruppi armati terroristici anche perché, a ragione, si finirebbe in un certo senso per legittimarli. Ma questo è giustissimo nei confronti di organizzazioni terroristiche come Al-Qaida che in realtà non si è mai proclamato Stato ha dato vita ad una tale entità statale, anzi ha spesso "collaborato" con i governi locali, o comunque non è mai andata oltre al mero controllo di pozzi di petrolio. Non si può fare lo stesso nel caso di organizzazioni come l'ISIS e la diversità è facilmente intuibile.