I riflessi del terrorismo islamista nel diritto: differenze tra le versioni

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Tutto ciò che abbiamo detto nel paragrafo precedente è di fondamentale importanza per capire la situazione di un credente islamico in Italia o comunque in uno qualsiasi dei Paesi di diritto che si riconoscono laici.
È un problema non di poco conto dato che basta dare una rapida occhiata a un planisfero che indichi la diffusione dell'Islam per capire che, chi più e chi meno, tutti gli Stati laici (prevalentemente occidentali e del Nord del mondo) hanno a che fare con cittadini di fede islamica.
 
In questo contesto si instaura il concetto di integrazione. Esistono prevalentemente tre forme di integrazione, o meglio l'integrazione può avvenire in tre modi a seconda del soggetto che si muove. Detto in altre parole, potremmo avere casi in cui lo Stato resta fermo nelle sue convinzioni di laicità e impone le sue regole al fedele (per esempio il legislatore impone una forma legale di matrimonio e ritiene valida solo questa forma non riconoscendo la forma di matrimonio religioso). In questo caso è il fedele a doversi, per forza, integrare, o meglio piegare, alla volontà dello Stato. In un altro caso abbiamo invece che è lo Stato a piegarsi alla fede del credente. È chiaro che in questo caso il rischio maggiore è che lo Stato perda la sua laicità e diventi stato confessionale. Questo è quanto sta accadendo recentemente, ad esempio, in Turchia o in Algeria dove lo Stato da laico con leggi laiche non è riuscito ad imporre la sua volontà, né a mediare la stessa, e, sotto la pressione della società e quindi della religione, vede le proprie leggi o prive di efficacia nella realtà oppure abrogate di volta in volta, ovvero sostituite da leggi più vicine al diritto religioso (nella specie islamico), oppure lasciando, ''de facto'', le materie senza alcuna disciplina. Questo, nel lungo periodo, porterà la Stato a soggiacere alla religione e a perdere la sua laicità. La terza forma è un moto di avvicinamento di entrambe le parti. Da un lato abbiamo il fedele che pur mantenendo saldi i suoi precetti religiosi li pone in subordine rispetto alle leggi statali, dall'altra vi è però lo Stato che riconosce e garantisce ''in primis'' la libertà religiosa, e muovendo da questa garantisce il minimo di ''status personae'' giuridico-religiosa necessaria a non annullare la religiosità del soggetto stesso (per esempio il legislatore disciplinerà il matrimonio ma lascerà comunque un margine di libertà al cittadino fedele: quello di poter celebrare il proprio matrimonio religiosamente).
 
Da quel poco che abbiamo potuto capire, integrazione sembra che cammini in parallelo con laicità dello Stato. E in effetti è proprio così. Non è sbagliato infatti dire che, a seconda di come lo Stato esprime la sua laicità, si avrà una diversa forma di integrazione, che può anche arrivare al punto di far cessare proprio l'integrazione stessa e alimentare lo scontro di civiltà.