Rito gallicano
Per rito gallicano si intendono le tradizioni liturgiche in uso nelle diocesi della Francia
La liturgia della Gallia
modificaLa liturgia cattolica in uso in Gallia nel tardo impero romano e fino al IX secolo è molto mal conosciuto perché la sua organizzazione non è sopravvissuta alle riforme di Carlo Magno.
Si attribuisce a san Germano di Parigi [1] una Expositio missae Gallicanae che rappresenta una descrizione della forma tardiva verso la fine del VII secolo.
Nella sua struttura la liturgia gallicana è avvicinabile alla liturgia visigota di cui c'è la continuazione nei secoli nella liturgia mozarabica che conosce una grande preghiera sacerdotale e delle parti mobili. Si è visto nel VII e VIII secolo un'influenza di usi orientali, in particolare di rito siriaco.
Le liturgie neo-gallicane
modificaIn seguito, scomparso il vecchio rito gallicano si è usato lo stesso termine per indicare i riti delle diocesi francesi.
Il rito lionese
modificaIl rito lionese (in latino : ritus lugdunensis) è un rito liturgico dell'arcidiocesi di Lione a partire dal IX secolo, ma a differenza dei riti ambrosiano o mozarabico è pressoché scomparso in seguito alla riforma liturgica del 1969. Tuttavia, alcune sue caratteristiche (soprattutto dettagli delle rubriche) persistono nella liturgia celebrata in alcune chiese di Lione, ad esempio in cattedrale dove l'incensazione si fa a catena lunga, all'orientale, anziché a catena corta come nel rito romano.
Un rito antico
modificaIl rito lionese attinge le sue particolarità da una storia ricca di componenti fissati a partire dal basso Medioevo. Si situa, come il rito romano, nella famiglia dei riti liturgici occidentali, ma con alcuni prestiti dai rituali gallicani in vigore fino al IX secolo. Questi prestiti furono resi marginali dalla progressiva romanizzazione della liturgia franca voluta da Carlo Magno, ma il rito lionese ne conserva un certo numero.
Il nucleo principale della liturgia lionese è costituito dal rito romano così com'era nel IX secolo, al quale si aggiungono elementi gallicani. Ma se il rito romano è in costante evoluzione, il rito lionese è caratterizzato da un conservatorismo estremo. Formatosi attorno all'850, conoscerà le prime revisioni solo nel XVIII secolo, con le riforme dell'arcivescovo Montazet.
La progressiva romanizzazione
modificaPrima di lui, altre innovazioni liturgiche avevano profondamente modificato il rito lionese — Dom Denys Buenner assimila queste riforme a una mutilazione — e sono sancite dal messale dell'arcivescovo Rochebonne che è promulgato nel 1737. L'intenzione sottesa a queste modifiche è quella di avvicinarsi ai libri liturgici romani e l'arcivescovo Montazet, che allinea pressoché tutto il messale lionese — tranne alcune rubriche e l'ordinario della Messa — al messale parigino, non farà che ratificare un movimento che era partito dalla fine del XVII secolo.
La romanizzazione è perseguita anche dal cardinal Bonald nel XIX secolo. Nel 1866] promulgò un messale il cui titolo già annuncia il contenuto: «Missale Romano-Lugdunense, sive missale Romanum in quo ritus Lugdunenses ultimi tridui ante Pascha, ordinis missae et vigiliae Pentecostes auctoritate Sanctae Sedis Apostolicae iisdem ritibus romanis proprio loco substituuntur».
L'edizione del 1904, a cura del cardinal Coullié, intercalava riti e feste proprie. L'ultima edizione tipica del Messale lionese fu pubblicata nel 1956, con il cardinal Gerlier. Nove anni più tardi, nel 1965, quando la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II era in corso di preparazione, fu ancora pubblicato un rituale proprio per l'arcidiocesi di Lione.
Nonostante quest'ultima pubblicazione, la riforma liturgica comportò la scomparsa pressoché completa del rito lionese, sostituito dal rito romano rinnovato da papa Paolo VI. Solo qualche canonico di Lione e qualche membro della "société Saint-Irénée" (una fraternità sacerdotale di Lione) hanno officiato occasionalmente in rito lionese.
Prima la Fraternità Sacerdotale San Pio X (a partire dagli anni 70), poi la w:Fraternità Sacerdotale San Pietro (nel 1988), si stabilirono nell'arcidiocesi di Lione utilizzando la Messa tridentina, che non era mai stata celebrata nelle parrocchie lionesi. Alla chiesa di san Giorgio dove i fedeli avevano ottenuto di poter celebrare secondo la forma antica del rito romano con l'indulto del motu proprio Ecclesia Dei, una messa in rito lionese fu celebrata regolarmente nel corso degli anni 90.
Messa lionese e Messa romana
modificaLe differenze più evidenti tra la forma straordinaria del rito romano e il rito lionese emergono per la Messa pontificale, tuttavia delle sfumature si possono riscontrare anche nella Messa bassa.
« Per la Messa bassa, notate innanzitutto: testo differente delle preghiere ai piedi dell'altare; conservazione delle sequenze (scomparse nel rito romano dopo il Concilio di Trento); utilizzo di un corporale a quindici parti; offertorio differente (ostia e calice in contemporanea); il celebrante incrocia le braccia durante l'Unde et memores, e incrocia le braccia sul petto durante il Supplices te rogamus; il trasporto del messale chiuso da parte del ministro (è aperto nel rito romano).»
Per la Messa pontificale, il massimo spiegamento della pompa liturgica lionese accentua ancor più le differenze. Laddove la liturgia romana richiede il servizio di una quindicina di chierici, la Messa lionese mobilita trentasei ministri. Nella cattedrale ad esempio, prima della riforma liturgica di Paolo VI, il coro scendeva fino agli stalli per garantire uno spazio sufficiente per lo svolgimento delle cerimonie pontificali. Per le Messe solenni, la maggior parte dei canti erano salmodiata su toni differenti da quelli del rito romano, un suddiacono restava dietro l'altare durante l'elevazione - per questa ragione, l'altare lionese non è mai addossato alla parete terminale dell'abside - e incensava a catena lunga, alla maniera orientale. Inoltre, i ministri inferiori utilizzavano un manipolo, come i sacerdoti, e un rito proprio di Lione, l'amministrazione, si svolgeva durante il graduale.
Un'ultima differenza compare nella Messa pontificale del Giovedì santo: i sei preti assistenti il vescovo concelebravano sacramentalmente con lui. È il solo caso di concelebrazione in tutti i riti latini presente prima della riforma liturgica.[2].
Queste particolarità sono evidenti agli occhi dei fedeli mediante la semplice comparazione delle orazioni del Messale, ma le differenza fra la Messa tridentina e la Messa lionese nella Messa bassa e nella Messa cantata, sono minime. Tuttavia, pare che gli usi propri come l'amministrazione e il "rite des tablettes" siano ben note ai fedeli dell'inizio degli anni sessanta.
Messa in rito di Versailles
modificaCollegato al vecchio rito gallicano, ma fortemente romanizzato dopo la riforma carolingia, specialmente con l'introduzione del canone romano, si distingue per il fasto delle cerimonie e il numero dei ministri celebranti nelle messe solenni. Il suo mantenimento dopo il concilio di Trento e la riforma di San Pio V, è dovuto alla sua tradizione di più di 200 anni. Su questa scia ci fu una diffusione un po' anarchica di libri liturgici. In occasione del concordato del 1802 la Santa Sede diede un riconoscimento implicito a questi riti. Fu dom Guéranger a battersi per la restaurazione del rito romano che fu recuperato progressivamente a metà del XIX secolo, salvo aspetti secondari che si fondavano su alcune tradizioni ab immemorabili.
Rito parigino
modificaPrima del XV secolo, gli antichi breviari e messali parigini erano conservati in cattedrale. I sacerdoti che ne avevano bisogno li tracopiavano dagli originali e conservavano le copie nelle loro chiese. Il salterio era distribuito nei sette giorni della settimana, e le lezioni della Santa Scrittura in tutti i giorni dell'anno. Non c'erano inni.
La prima edizione di questi libri ebbe luogo durante l'episcopato di Louis de Beaumont (1473-1492). La revisione e l'edizione furono affidate a Jean Le Munérat che diede alle stampe il breviario nel 1479 e il messale nel 1481.
Nel 1583, il vescovo di Parigi, Pierre de Gondy, fu sollecitato ad adottare il breviario romano che il re Enrico III aveva introdotto nella sua cappella. Ma il capitolo di Parigi, s'appoggiava sulla bolle di papa Pio V per mantenere i riti propri della diocesi. Farà quindi correggere il breviario in qualche punto e pubblicherà nel 1584 il Breviarium insignis Ecclesiæ Parisiensis restitutum ac emendatum. Il messale fu pubblicato nel 1585, conservando nella loro completezza i riti di Parigi.
Desideroso di continuare l'opera di perfezionamento iniziata dai suoi predecessori e pressato inoltre dalla necessità di far ristampare i libri della sua diocesi, l'arcivescovo di Parigi, Charles de Vintimille, promulgò il Breviarium parisiense (1736) e il Missale parisiense (1738) . Questi libri sono stati ampiamente diffusi nelle diocesi francesi.
Il breviario distribuisce il salterio su tutte le ore canoniche della settimana e canta nove lezioni a mattutino. È questa l'impostazione che adotterà Papa Pio X per la riforma del breviario romano del 1911.
Le letture storiche del Breviarium parisiense sono riviste in maniera da evitare le leggende infondate, e il Messale propone delle scelte delle Epistole e dei Vangeli per i mercoledì e i venerdì di ogni settimana dell'anno. Queste disposizioni non sembrano estranee alla riforma liturgica che è seguita al Concilio Vaticano II.
Inoltre, il messale parigino -come la maggior parte dei messali francesi - proponeva una varietà di prefazi e di orazioni. L'incrocio di testi e formulari del Messale romano di Paolo VI. proviene molto frequentemente da queste liturgie neo-gallicane.
Una riforma delle rubriche del messale è stata promulgata nel 1830 da monsignor de Quélen.
Note
modifica- ↑ l'attribuzione è contestata dalla critica migliore
- ↑ Dom Jean-Denis Chalufour O.S.B., La messe, hier, aujourd'hui et demain, Petrus et stella, 2000, p. 214
Bibliografia
modifica- Dom Denys Buenner, O.S.B., L'Ancienne Liturgie romaine. Le rite lyonnais, Lyon / Paris, Emmanuel Vitte, 1934
- Dom Jean-Denis Chalufour, O.S.B., La messe, hier, aujourd'hui et demain, Petrus et stella, 2000. cap. 7