Responsabilità e giurisprudenza legate al primo soccorso
Il primo soccorso nella maggior parte dei casi sottintende la manipolazione di una persona estranea, a volte in maniera anche cruenta (ad esempio durante la rianimazione cardio-polmonare). Occorre pertanto comprendere i limiti della legge all'interno del quale un soccorritore può agire.
Responsabilità come cittadino
modificaPartiamo subito ricordando quanto affermato nel codice 593 del codice penale:
"Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro.
Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'autorità.
Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale [c.p. 582, 583], la pena è aumentata [c.p. 64]; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata".
Ergo, se ci si imbatte in una persona ferita o bisognosa di qualsiasi assistenza in quanto incapace di provvedere alla propria sicurezza e salute, è nostro dovere assisterla al meglio delle nostre possibilità.
Pertanto il semplice cittadino che assiste ad un arresto cardiaco è tenuto ad avvisare le autorità (nel caso specifico il SUEM), ma non necessariamente a compiere manovre di primo soccorso -come la rianimazione- a meno che non sia assolutamente sicuro di ciò che sta facendo, nonché di non mettere a repentaglio la salute propria e della vittima. Se non ci si sente in grado di compiere tali manovre, l'aver chiamato il SUEM (ed eventualmente averne seguito le direttive) è considerato dal punto di vista legale più che sufficiente.
Responsabilità come soccorritore laico
modificaCi si potrebbe giustamente chiedere: "Perché non tentare comunque di rianimare una persona in arresto cardiaco, anche se non si possiedono nozioni specifiche? Piuttosto che attendere il corso degli eventi (magari con la morte del paziente), tanto vale tentare di salvargli la vita in un modo o nell'altro!". Sebbene dal punto di vista filosofico questo ragionamento possa avere una sua logica di fondo, occorre però considerare che le manovre eseguite possono causare danni fisici anche importanti, giuridicamente considerabili come lesioni personali colpose (articolo 590 del codice penale), nonché nei casi più gravi il decesso della vittima (omicidio colposo, articolo 589 del codice penale).
Il primo soccorso può essere cruento e non scevro da rischi fisici per il paziente. Basti pensare che spesso e volentieri durante le manovre rianimatorie (anche quelle attuate da personale sanitario) è possibile che a causa degli sforzi applicati si vada incontro alla frattura di una o più delle coste del paziente. Allora perché qualsiasi soccorritore non riceve ogni volta una querela per lesioni volontarie da parte della vittima per aver tentato di salvargli la vita?
In questo caso risulta fondamentale il cosiddetto stato di necessità, espresso nell'articolo 54 del codice penale:
"Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo".
Ovvero, se io semplice cittadino causo un danno fisico fornendo primo soccorso (ad esempio fratturare una costa durante una rianimazione cardiopolmonare) non sono penalmente perseguibile dato che è avvenuto mentre cercavo di evitare un pericolo proporzionalmente maggiore per la vittima (la morte). Dal punto di vista giuridico lo stato di necessità risolve eventuali problemi o situazioni paradossali che potrebbero in linea del tutto teorica verificarsi in varie situazioni: si consideri ad esempio che la semplice incisione chirurgica durante un intervento è considerabile come lesione personale volontaria (dato che il chirurgo ha tecnicamente come obiettivo il taglio della cute e degli organi interni), ma dal punto di vista legale non corre alcun rischio dato che il fine (la diagnosi o il trattamento di una patologia sottostante) è proporzionalmente più grande del danno fisico causato; oltre al fatto, ovviamente, che il chirurgo ha precedentemente avuto il paziente il consenso all'operazione.
Riassumendo: il semplice cittadino è tenuto ad aiutare un ferito e a chiamare i soccorsi, ma non è formalmente obbligato a compiere manovre di primo soccorso, neanche se in possesso di un attestato di formazione per aver svolto un corso BLS (anche se ovviamente è auspicabile che presti il suo servizio!). Chiunque esegue manovre rianimatorie errate rischia di rispondere penalmente in caso di aggravamento della salute della vittima: motivo per cui è fondamentale saperle eseguire bene.