Le avventure di Pinocchio. Storia d'un burattino

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Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è il titolo di un romanzo scritto da Carlo Collodi (pseudonimo dello scrittore Carlo Lorenzini) a Firenze nel 188] e pubblicato nel 1883 dalla Libreria Editrice Felice Paggi con le illustrazioni di Enrico Mazzanti.[1] Si tratta di un classico della cosiddetta letteratura per ragazzi, benché grazie al giudizio favorevole di Benedetto Croce, che ne scrisse nel 1903, sia rientrato a pieno titolo nella letteratura.[2] Il romanzo ha come protagonista un notissimo personaggio di finzione, appunto Pinocchio, che l'autore chiama impropriamente burattino, pur essendo morfologicamente più simile a una marionetta (corpo di legno, presenza di articolazioni) al centro di celeberrime avventure.

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Le avventure di Pinocchio. Storia d'un burattino
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Letteratura per ragazzi

Il personaggio di Pinocchio - burattino umanizzato nella tendenza a nascondersi dietro facili menzogne e a cui cresce il naso in rapporto ad ogni bugia che dice - è stato fatto proprio con il tempo anche dal mondo del cinema e da quello dei fumetti. Sulla sua figura sono stati inoltre realizzati album musicali e allestimenti teatrali in forma di musical.

Nelle intenzioni di Carlo Collodi pare non vi fosse quella di creare un racconto per l'infanzia: nella prima versione, infatti, il burattino moriva impiccato a causa dei suoi innumerevoli errori. Solo nelle versioni successive, pubblicate a puntate su un quotidiano (il Giornale per bambini diretto da Ferdinando Martini, a partire dal n. del 7 luglio del 1881), la storia venne prolungata anche dopo la sequenza dell'impiccagione, giungendo al classico finale che oggi si conosce, con il burattino che assume le fattezze di un ragazzo in carne ed ossa.

Il calcolo delle copie vendute di Pinocchio in Italia e nel resto del mondo è praticamente impossibile, anche perché i diritti d'autore sono scaduti nel 1940, e quindi a partire da quella data chiunque ha potuto riprodurre liberamente l'opera di Collodi.[3] Una ricerca degli anni settanta condotta da Luigi Santucci annoverava 220 traduzioni in altrettante lingue. Ciò significa che, all'epoca, si trattava del libro più tradotto e venduto della storia della letteratura italiana.[3] Una stima più recente fornita dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi alla fine degli anni novanta, e basata su fonti UNESCO, parla di oltre 240 traduzioni.[3]

Ambientazione temporale e geografica

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Benché sia stato scritto nel 1881, il romanzo è ambientato nel passato, presumibilmente all'epoca del Granducato di Toscana, come si può notare anche dai riferimenti ai quattrini, soldi e zecchini d'oro che vengono citati nella storia. Durante il periodo di Leopoldo II (1824-1859) gli zecchini d'oro corrispondevano a 80 crazie o a 400 quattrini, mentre un soldo era pari a 3 quattrini.

Nel 1861 invece era stato formato il Regno d'Italia, Firenze non era più capitale e dal 24 agosto 1862 la Lira italiana aveva soppiantato tutte le altre monetazioni preunitarie.

Alcune fonti ambienterebbero le avventure di Pinocchio nella zona a nord di Firenze, in particolare nelle località di Castello, Peretola, Osmannoro e Sesto Fiorentino.[4][5] Punto di partenza di tale possibile ricostruzione è rappresentato da villa Il Bel Riposo (situata in prossimità di villa La Petraia e [w:Villa Corsini a Castello|villa Corsini]]), e nella quale Collodi soggiornò a più riprese durante la seconda metà dell'Ottocento.[5][6]

«C'era una volta...
- Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
No ragazzi, avete sbagliato: c'era una volta un pezzo di legno.»

(Carlo Collodi, incipit de "Le avventure di Pinocchio")
 
Mastro Ciliegia osserva stupito il tronco

Nella bottega del falegname mastr'Antonio detto mastro Ciliegia (per via del colore del suo naso sempre rosso) si trova un pezzo di legno di poco valore, che il falegname intende trasformare in una gamba di tavolino. Quando mastro Ciliegia però si accorge che il pezzo di legno comincia a parlare, spaventato lo regala all'amico [w:Personaggi de Le avventure di Pinocchio#Geppetto|Geppetto]], detto Polendina per via del colore della sua parrucca gialla, capitato in quel momento nella sua bottega per chiedergli un pezzo di legno per costruire un burattino[7], con il quale girare tutto il mondo per guadagnarsi da vivere.

 
Geppetto veste Pinocchio

Geppetto nella sua povera casa inizia a scolpire il burattino, che battezza Pinocchio, il quale inizia a deriderlo e a canzonarlo ancora prima di essere terminato. Una volta finito il burattino, Geppetto, che già si considera come suo padre, gli insegna a camminare, ma Pinocchio impara così alla svelta che corre in strada, inseguito da Geppetto; un carabiniere riesce a fermarlo, ma finisce per portare in prigione Geppetto, temendo che possa punire troppo severamente il burattino. Pinocchio torna da solo a casa di Geppetto, e qui incontra un Grillo-parlante filosofo, che lo ammonisce riguardo al suo comportamento: Pinocchio, indispettito, uccide il grillo con una martellata. Sentendosi affamato, cerca in tutta la casa qualcosa da mangiare: trova un uovo, ma quando lo rompe ne esce un pulcino. Prova a chiedere un po' di pane in una casa del paese, ma rimedia soltanto una secchiata d'acqua in testa. Tornato a casa affamato e inzuppato d'acqua, si addormenta vicino a un braciere per asciugarsi mettendo incautamente i piedi sul braciere. Quando Geppetto l'indomani viene rilasciato dalla prigione, trova Pinocchio piangente con i piedi bruciati; lo sfama con tre pere che aveva portato dal carcere e gli ricostruisce i piedi: Pinocchio, fuori di sé dalla gioia, promette di andare a scuola, così Geppetto gli prepara un vestito di carta e compra un abbecedario vendendo la propria giacca, nonostante il gelo invernale.

 
Il burattinaio Mangiafoco

Pinocchio s'incammina verso la scuola, ma durante il tragitto viene distratto da una musica proveniente dal "Gran Teatro dei Burattini": incuriosito, Pinocchio vende l'abbecedario per poter entrare nel teatro. Qui Pinocchio viene notato dai compagni burattini che interrompono la recita per festeggiarlo. Il burattinaio Mangiafoco, però, irato per lo scompiglio, dopo la recita ordina ai suoi burattini di gettare Pinocchio nel fuoco per poter cuocere un montone, ma poi si commuove per le invocazioni di pietà del burattino, tanto che lo libera e gli regala cinque zecchini d'oro.

 
All'osteria del Gambero Rosso con il Gatto e la Volpe

Pinocchio ritorna verso casa, ma s'imbatte in due imbroglioni, il Gatto e la Volpe, e quando incautamente racconta loro delle monete d'oro, viene convinto a sotterrarle in un vicino campo miracoloso dove, secondo loro, seminando monete sarebbero cresciuti alberi colmi di zecchini d'oro. I tre s'incamminano e giungono verso sera all'osteria del Gambero Rosso, dove il Gatto e la Volpe mangiano a crepapelle a spese di Pinocchio; durante la notte i due imbroglioni si allontanano dall'osteria accordandosi con l'oste perché svegli dopo qualche tempo Pinocchio affinché riprenda il cammino. Quando Pinocchio si avvia di notte nel bosco per raggiungere il "Campo dei miracoli", il Gatto e la Volpe, travestiti da Assassini e perciò non riconosciuti dal burattino, cercano di rapinarlo delle monete d'oro e lo inseguono a lungo. Pinocchio, cercando riparo dagli Assassini, giunge nei pressi di una casa bianca e bussa alla porta. Si affaccia una bambina dai capelli turchini, che tristemente dice a Pinocchio che in quella casa sono tutti morti, compresa lei, che sta aspettando la bara. Intanto gli Assassini raggiungono Pinocchio, e, non riuscendo ad aprirgli la bocca dove aveva nascosto le quattro monete, lo impiccano a una quercia, pensando di ritornare più tardi per riprendere le monete dalla bocca spalancata dell'impiccato. Qui, al capitolo XV, finiva in origine l'opera di Collodi.

 
Pinocchio spaventato dai conigli neri nella casa della Fata

La bambina dai capelli turchini, che si scopre essere una Fata, ordina a un servitore Can-barbone di prelevare il burattino dall'albero e portarlo nella sua casa, dove chiama a consulto tre illustri medici (tra cui il redivivo Grillo-parlante) per sapere se il burattino fosse vivo o morto. All'osservazione del Grillo-parlante, che ricorda i guai combinati dal paziente, il burattino rinviene piangendo. La Fata, accorgendosi che Pinocchio ha febbre alta, cerca di fargli bere una medicina, che il burattino rifiuta perché la ritiene amara; viene però convinto dall'arrivo di quattro conigli neri che trasportano una bara, venuti a prelevare il malato. Una volta guarito racconta alla Fata dell'incontro con i briganti, ma quando con una bugia le nasconde dove ha messo le monete, il suo naso si allunga in modo straordinario. La Fata, dopo avergli spiegato che esistono due tipi di bugie: quelle con le gambe corte e quelle (come nel suo caso) con il naso lungo, riporta il naso di Pinocchio alla lunghezza originale con l'aiuto di un migliaio di picchi, e gli consente di correre incontro al babbo Geppetto, avvertito dalla Fata della presenza del burattino.

 
Pinocchio davanti al giudice

Pinocchio, però, non riesce a raggiungere Geppetto: subito fuori dalla casa della Fata, infatti, incontra il Gatto e la Volpe, che lo convincono nuovamente a sotterrare i quattro zecchini rimasti nel Campo dei miracoli. Una volta sotterrate le monete d'oro, e aspettati venti minuti nella città vicina come suggerito dal Gatto e la Volpe, Pinocchio ritorna al Campo dei miracoli, ma non vede alcun albero colmo di monete; un vecchio pappagallo gli racconta che durante la sua assenza il Gatto e la Volpe erano tornati e avevano rubato le monete sotterrate. Pinocchio, disperato, si rivolge a un giudice, un vecchio gorilla, per denunciare il furto, ma questi, paradossalmente, lo condanna in prigione. Quattro mesi dopo, l'Imperatore del paese, dopo una grande vittoria militare, concede un'amnistia per tutti i condannati. Pinocchio, essendo innocente, rischia di rimanere in galera, ma riesce a uscire dichiarandosi un malandrino.

 
Ridotto a cane da guardia, Pinocchio incontra le faine

Subito Pinocchio corre verso la casa della Fata, che considera ormai come una sorellina, ma viene ostacolato dapprima da un grosso serpente dalla coda fumante che gli sbarra la strada - nel tentativo di scavalcarlo finisce a gambe all'aria dentro il fango facendo morire letteralmente dalle risate il mostro - poi viene preso da una tagliola mentre, affamato, sta rubando dell'uva in un campo. Il padrone del campo lo costringe per punizione a fargli da cane da guardia, con collare e catena al collo, sostituendo il suo cane Melampo morto quella mattina. Durante la notte viene svegliato da quattro faine, che ogni notte rubavano alcune galline spartendole poi con il cane Melampo in cambio del suo silenzio: propongono a Pinocchio lo stesso accordo; Pinocchio finge di accettare, ma poi rinchiude le faine nel pollaio e avverte il proprietario del campo, che per ringraziarlo lo libera.

Il burattino arriva finalmente dove dovrebbe essere la casa della Fata, ma trova soltanto una pietra di marmo con incise queste parole:

QUI GIACE
LA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI
MORTA DI DOLORE
PER ESSERE STATA ABBANDONATA DAL SUO
FRATELLINO PINOCCHIO.


 
In volo sul colombo

Mentre piange disperato, si avvicina un grosso colombo che, conosciuta l'identità del burattino, lo avverte che Geppetto sta partendo per il nuovo mondo per cercarlo, attraversando l'oceano con una barchetta. Si offre di portarlo in groppa per raggiungere la spiaggia della partenza, distante più di mille chilometri, ma quando arrivano sul posto Geppetto è appena partito: riconosce Pinocchio che lo chiama dalla spiaggia, ma non può rientrare per la burrasca, e poco dopo un'ondata lo travolge facendolo scomparire nel mare. Pinocchio, volendolo salvare, si tuffa da uno scoglio e cerca inutilmente di raggiungerlo a nuoto.

 
Pinocchio ritrova la Fata

Dopo un'intera notte tra le onde, Pinocchio raggiunge la riva di un'isola; sulla spiaggia incontra un delfino, che gli indica la strada per arrivare al paese più vicino e lo informa che probabilmente il suo babbo era stato inghiottito dal Terribile Pesce-cane, definito <<L'Attila dei pesci e dei pescatori>>, che da qualche giorno era arrivato a portare morte e disperazione nelle acque dell'isola. Arrivato al "Paese delle Api industriose", cerca di elemosinare qualcosa per poter mangiare; alcuni abitanti del paese, gran lavoratori, gli propongono di ricompensarlo in cambio di piccoli lavoretti, ma Pinocchio rifiuta sempre. Alla fine, stremato dalla fame, accetta di portare una brocca d'acqua a casa di una donna, che lo ricompensa con un piatto di pane, cavolfiori e un confetto: una volta sazio riconosce improvvisamente nella benefattrice la sua Fata, fintasi morta, che da bambina è diventata improvvisamente donna.

 
La lotta sulla spiaggia

La Fata l'ha perdonato grazie al rimorso mostrato da Pinocchio davanti alla sua finta tomba: vuole considerarsi come sua madre e trasformarlo in un ragazzo in carne e ossa; prima però desidera che il burattino frequenti la scuola e si cerchi un buon mestiere. Pinocchio, un po' a malincuore, promette, e riesce a diventare il primo della classe. Alcuni suoi compagni, invidiosi, un giorno lo convincono a marinare la scuola per correre alla spiaggia dove, secondo loro, si poteva vedere il Pesce-cane che, secondo il delfino, aveva ingoiato Geppetto. In realtà è un trucco, e Pinocchio finisce per fare a botte con i compagni che vogliono convincerlo a diventare un ragazzaccio come loro. Durante la lotta, un grosso libro di Pinocchio, tiratogli da un compagno, finisce per sbaglio in testa a Eugenio, un altro compagno di classe di Pinocchio, che sviene. Tutti scappano tranne Pinocchio che cerca di soccorrerlo; due carabinieri, capitati per caso, lo arrestano credendo che sia il colpevole, ma Pinocchio riesce a fuggire.

 
Alidoro salva il burattino dal pescatore verde

Non potendolo raggiungere, i carabinieri gli lanciano contro un cane mastino, Alidoro, che però rischia di annegare nel mare dove Pinocchio si è rifugiato. Alla richiesta di aiuto di Alidoro, Pinocchio lo salva, in cambio della libertà. Alidoro, riconoscente, promette di ricambiare il favore alla prossima occasione. Seguitando a nuotare per sfuggire ai carabinieri, Pinocchio raggiunge una grotta, decide di nascondersi al suo interno e, mentre si incammina sugli scogli, viene preso da una rete insieme ad altri pesci. Dalla grotta esce infatti un pescatore dalla pelle verde, con una barba lunghissima verde, i capelli increspati verdi e gli occhi verdi. Porta Pinocchio e i pesci all'interno della sua "casa" e, prendendolo per un nuovo tipo di pesce ("il pesce burattino") decide di friggerlo. Alla fine tutti i pesci vengono fritti, tranne Pinocchio, che viene infarinato e quasi fritto, quando il cane Alidoro, attratto dall'odore della frittura, arriva, lo riconosce e riesce a fuggire con il burattino in bocca, ricambiando così il salvataggio precedente. Pinocchio, rimasto senza vestiti, si fa rivestire con un sacco da un vecchietto in una capanna poco distante, e apprende da questi che Eugenio si era riavuto dallo svenimento.

Rinfrancato, torna a casa della Fata arrivando di notte, sotto una pioggia scrosciante. Una Lumaca, cameriera della Fata, gli viene ad aprire la porta, ma la sua lentezza esasperante lo induce per stizza a dare un calcio alla porta, rimanendovi incastrato con il piede. Dopo molte ore la Lumaca arriva finalmente ad aprirgli: non potendolo liberare da quella scomoda posizione, gli offre la colazione, composta però da cibi di gesso e di cartone: è la crudele lezione della Fata, e il burattino sviene. Dopo questa lezione Pinocchio si comporta bene per il resto dell'anno: è il più bravo della scuola e viene promosso a pieni voti. La Fata, contenta, gli rivela che il giorno seguente sarebbe stato trasformato in un ragazzo in carne e ossa: al colmo della felicità Pinocchio invita tutti i suoi compagni a una grande colazione per festeggiare l'avvenimento.

 
Il carro che conduce i ragazzi al Paese dei balocchi

Pinocchio cerca anche il suo amico più svogliato, Romeo detto "Lucignolo" per invitarlo alla festa; dopo averlo cercato a lungo, lo trova sotto un portico di una casa di campagna: sta aspettando un carro che lo porterà al Paese dei balocchi, un paese dove non esistono scuole e dove gli abitanti si divertono dal mattino alla sera. Pinocchio aspetta con Lucignolo la mezzanotte per salutare la sua partenza, ma all'arrivo del carro guidato da un omino grassottello, si fa convincere e parte con loro. All'arrivo nel Paese dei balocchi i due amici si divertono pazzamente e diventano amici di tutti.

 
Pinocchio e Lucignolo si trasmormano in somari

Dopo cinque mesi di questa vita dorata, un giorno Pinocchio si sveglia e scopre che le sue orecchie sono diventate come quelle di un somaro. Una Marmottina vicina di casa accorsa alle sue grida disperate gli pronostica una "febbre da somaro": nel tempo di due o tre ore Pinocchio si sarebbe completamente trasformato in un somaro; questa malattia, spiega la Marmottina, colpisce i ragazzi che passano troppo tempo a divertirsi, invece che studiare; Pinocchio corre a cercare Lucignolo, e quando lo trova scopre che anche a lui sono cresciute le orecchie da somaro; dopo un inatteso divertimento reciproco i due si accorgono con raccapriccio che stanno rapidamente trasformandosi in somari. Appena completata la trasformazione l'Omino del carro li conduce alla piazza del mercato per venderli: L'Omino, infatti, era diventato milionario raccogliendo i ragazzi svogliati per il mondo e conducendoli al Paese dei balocchi, dove diventavano in poco tempo dei veri somari e li poteva vendere al mercato.

 
Il somaro Pinocchio al circo

Pinocchio viene comprato dal Direttore di un circo, e dopo tre mesi di duri esercizi, tra frustate e cibandosi di paglia, fa il suo debutto nello spettacolo, danzando e saltando nel cerchio. Durante lo spettacolo Pinocchio intravede tra il pubblico la Fata, che porta al collo un medaglione con il suo ritratto e che poco dopo scompare. Distratto da questa visione, nel saltare un cerchio Pinocchio cade malamente e rimane azzoppato. A questo punto il Direttore non può fare altro che venderlo al mercato, dove viene acquistato da un uomo per ricavare un tamburo dalla sua pelle; il compratore gli lega un sasso al collo e lo getta nel mare da uno scoglio per affogarlo. Quando lo ritira a galla, scopre con grande stupore che il somaro è diventato un burattino di legno; Pinocchio spiega all'allibito compratore che un branco di pesci, mandato dalla Fata, aveva mangiato il corpo di somaro che lo rivestiva, restituendolo alla primitiva forma di burattino. Il compratore vorrebbe rivenderlo come legna da ardere per rifarsi della spesa, ma Pinocchio, con un salto, si rifugia in mare.

 
Inghiottito dal Pesce-cane

Nuotando nel mare Pinocchio vede su uno scoglio bianco una caprettina azzurra, lo stesso colore dei capelli della Fata; mentre sta nuotando per raggiungerla, però, un mostro marino si avventa su di lui per inghiottirlo: è il Terribile Pesce-cane di cui tanto si parlava nell'isola delle Api industriose; nonostante l'incitamento della caprettina il Pesce-cane riesce a ingoiarlo. Nell'interno buio del Pesce-cane, Pinocchio incontra un Tonno filosofo, che aspetta di essere digerito e che invita il burattino a rassegnarsi anche lui al proprio destino. Ma Pinocchio intravede una luce lontana, e avvicinandosi, con grande gioia ritrova suo padre Geppetto, inghiottito dal Pesce-cane mentre attraversava l'oceano nella barchetta due anni prima.

 
Pinocchio ritrova Geppetto

Geppetto è riuscito a sopravvivere fino a quel momento grazie a un bastimento mercantile carico di ogni genere di conforto ingoiato dal Pesce-cane insieme a lui. Le scorte di viveri stanno però per finire, e Pinocchio ha un'idea per fuggire: approfittando dell'asma del Pesce-cane, che lo costringe a dormire a bocca aperta di notte, raggiungere piano piano la bocca, scavalcare i tre filari di denti e svignarsela. Dopo un primo tentativo non riuscito, i due riescono finalmente ad abbandonare la bocca del Pesce-cane e fuggire a nuoto.

 
Salvati dal Tonno

Pinocchio, nuotando con Geppetto a cavalcioni sulle spalle (i due anni di permanenza nel ventre del Pesce-cane lo hanno fortemente indebolito), sta per essere sopraffatto dalla stanchezza, quando il Tonno, che era fuggito dal Pesce-cane imitando il loro esempio, arriva in soccorso della coppia e li trasporta sulla sua groppa fino a raggiungere la riva.

 
La morte di Lucignolo

Giunti a terra e salutato il Tonno, Pinocchio e Geppetto incontrano il Gatto e la Volpe, invecchiati e ridotti allo stremo delle forze, che chiedono la carità: si fa beffe di loro. Dopo poco tempo i due trovano una capanna di paglia e bussano alla porta: una vocina li invita a entrare: è il Grillo-parlante, che afferma di aver avuto in dono la capanna da una capretta dalla lana turchina. Pinocchio e Geppetto si sistemano nella capanna del grillo, e il burattino va in cerca di un po' di latte per Geppetto; il Grillo lo indirizza da un ortolano vicino. L'ortolano Giangio propone un lavoro al burattino: tirare su da una cisterna 100 secchi d'acqua per annaffiare le piante: in cambio gli darà un bicchiere di latte. Pinocchio accetta, e quando l'ortolano lo porta a vedere il suo ciuchino, ormai in fin di vita, che fino ad allora aveva svolto quel lavoro, il burattino si accorge che il ciuchino è il suo amico Lucignolo, che muore in quel momento.

 
Pinocchio diventa un ragazzo

Per cinque mesi Pinocchio, con il lavoro dall'ortolano e procurandosi qualche lavoretto per arrotondare, riesce a mantenere decorosamente se stesso e Geppetto, esercitandosi nel contempo allo studio. Un giorno, mentre sta andando a comprare dei vestiti, incontra la Lumaca, cameriera della Fata. La Lumaca lo informa che la sua padrona giace in un letto d'ospedale, povera e malata: Pinocchio le offre generosamente tutti i suoi quaranta soldi di rame e promette alla Lumaca di lavorare ancor più duramente per aiutare la Fata. Quella stessa notte la Fata gli appare in sogno, bella e sorridente, e gli dice che per il suo buon cuore dimostrato assistendo suo padre Geppetto, lo perdona per tutte le monellerie che ha combinato.

Al risveglio Pinocchio si accorge di essersi trasformato in un ragazzo in carne e ossa; la capanna è diventata una bella casetta, i suoi vecchi vestiti si sono trasformati in nuovi e in tasca si trova un portamonete d'avorio con un biglietto: la Fata gli restituisce i quaranta soldi e lo ringrazia per il suo buon cuore. Ma i soldi sono diventati quaranta zecchini d'oro. Anche Geppetto si è trasformato: è ritornato l'arzillo vecchietto di prima e sta lavorando una cornice, riprendendo il vecchio mestiere di intagliatore in legno. Sorridendo, gli indica un burattino appoggiato su una sedia: è il vecchio involucro di Pinocchio, che si rivede come una buffa marionetta, e contento di essere diventato un ragazzino perbene.

Valore pedagogico del romanzo

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Va detto che la letteratura per ragazzi dell'Ottocento cominciava a riservare un sensibile riguardo verso opere talvolta tristi e crudeli, come ad esempio quelle del Dickens, che scaraventavano sul giovane lettore le amare emozioni suscitate dalla vita di un bambino nella rivoluzione industriale, quasi che il supporto pedagogico della novellistica dovesse irrinunciabilmente muovere da un "fiat" di pronta disillusione. Tutto ciò senza contare poi una certa influenza per il tenebroso, se non addirittura l'orrido, ereditata dal romanzo gotico, che nell'Ottocento si è frequentemente intrecciato con il recupero di racconti e favole della tradizione popolare, come avvenuto in Germania con i Fratelli Grimm.[8][9]

In ciò, che era ormai consuetudine, non è dunque strano incontrare crudeltà e cattiveria (poi alleviate nel succedersi delle versioni) anche nell'opera del Collodi che, a rileggerla scevri di addolcimenti della memoria infantile, potrebbe oggi non risembrarci tanto allegra. E del resto, su altri filoni letterari di primaria diffusione, erano i tempi in cui il verismo verghiano nervosamente andava a rimestare il peggio dell'esistenza popolana.

Di fatto, quasi nessuno scrittore componeva davvero (sentitamente) per il pubblico infantile, ma piuttosto scriveva quanto l'idealità pedagogica abbracciata gli suggeriva. Comunque, va ribadito che l'iniziale creazione collodiana era attendibilmente rivolta ad un pubblico adulto, come del resto la storia personale dell'autore aiuta ad ipotizzare.

Molti commentatori effettivamente convengono che Pinocchio, piuttosto che una favola per ragazzi, sia in effetti un'allegoria della società moderna, uno sguardo impietoso sui contrasti tra rispettabilità e libero istinto, in un periodo (fine Ottocento) di grande severità nell'attenzione al formale.

Fra satira e paradossi

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Al di là dell'apparente ottimismo pedagogico, il romanzo è in realtà tristemente ironico, a volte addirittura satirico, proprio con riferimento a quella pedagogia formale e, più in generale, contro alcune contraddizioni ed inadeguatezze dell'educazione, delle maniere e dell'istruzione Ottocentesche.
L'utilizzo di irrealtà nella costruzione della narrazione, non fa poi che mostrare da un lato l'abilità dialettica dell'autore, e dall'altro enfatizza con il paradosso dell'artificialità vigorosi attacchi inespressi a talune componenti della società.

La presenza, ad esempio, formalmente ineccepibile delle "api industriose", che compiono zelantemente e impersonalmente il loro compito sociale, così come il giudice, sottilmente e impercettibilmente va a tramutarsi dopo poco in una sensazione di certo disagio verso quel mondo ordinato e deterministico, suggestione emotiva che appunto richiama Charles Dickens, ma che evoca anche taluni echi della politica stradaiola dalla quale l'autore non era rimasto incontaminato.

Non tutti condividono l'interpretazione che ne deduce inclinazioni verso il picaresco, certamente l'angolo di osservazione della storia è, conformemente al tempo di edizione, popolaresco.

Personaggi

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Pinocchio

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Pinocchio viene definito da Collodi come "burattino"; in realtà, è una marionetta (è ipoteticamente mosso da fili). Viene chiamato burattino da Collodi non per ignoranza del fatto che sia una marionetta, bensì perché egli si rifà a Burattino, una delle identità che lo Zanni della Commedia dell'Arte assunse attorno al XVII secolo. Burattino era colui che abburattava (setacciava) la farina e, per eseguire il suo lavoro, si muoveva con gesti scomposti e spezzati. Allo stesso modo si muoveva un burattino (lo Zanni). È proprio a questa figura che Collodi si rifà nel chiamare la sua marionetta burattino.

Il nome "Pinocchio" non è una pura invenzione dello scrittore toscano. Egli infatti s'ispirò alla "Fonte di Pinocchio" situata a Colle di Val d'Elsa, dove il Lorenzini aveva studiato.

Lo stile

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Anche da un punto di vista stilistico, il racconto si presenta in una forma innovativa, moderna e fresca, spianando la strada a molti altri autori e scrittori del secolo successivo. Ad esempio, l'italiano utilizzato nel testo è popolarizzato, con frequente ricorso ai fiorentinismi, quali: "non ne ho punto voglia", "grullerello", "costì", "gli è", "il mi' caro", "il tu' babbo", "colla" (con la), ed ai motti proverbiali.

Lo stile è segmentato, viene usata la punteggiatura e il linguaggio usato è colloquiale.

Immagini proverbiali

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Le bugie dal naso lungo

Molti concetti e situazioni espressi nel libro, di ritorno, sono divenuti proverbiali, o comunque luoghi comuni frequentemente usati non solo in Italia. Ad esempio:

  • il naso lungo, comunemente attribuito a quanti dicono le bugie. Come dice la fata, "Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito! perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l'appunto è di quelle che hanno il naso lungo".
  • Il Paese dei Balocchi, per indicare un paese di Cuccagna che in realtà nasconde ben altro.
  • Il detto "Ridere a crepa pelle" anche esso nato dopo l'uscita delle Avventure di Pinocchio, in riferimento all'episodio dalla morte del serpente gigante a cui esce il fumo dalla coda, scoppiato dal ridere nel vedere Pinocchio sporco di fango dalla testa ai piedi dopo una caduta in una pozzanghera.

Allo stesso modo, molti dei personaggi sono divenuti per antonomasia modelli umani tipici, ancora oggi citati frequentemente nel linguaggio comune, come ad esempio:

  • "un mangiafuoco" per indicare un tipo burbero e irascibile,
  • "il gatto e la volpe" per indicare una coppia di amici poco affidabili,
  • "lucignolo" il modello di ragazzo ribelle e scapestrato,
  • "grillo parlante" per indicare chi si prodiga a dare consigli rimanendo inascoltato o, peggio, considerato un seccatore,
  • per non parlare poi dello stesso Pinocchio, divenuto ormai sinonimo di "bugiardo".

Come fu accolto il libro

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Pubblicità della prima edizione del libro nel Corriere del Mattino del 14 febbraio 1883

L'accoglienza riservata all'opera non fu immediatamente cordiale: l'allora imperante perbenismo, rappresentato dalla moderata critica letteraria allora avvezza a testi più borghesi, ne sconsigliò, addirittura, la lettura ai ragazzi "di buona famiglia" (per i quali, taluno soggiunse, poteva trattarsi di una perniciosa potenziale fonte d'ispirazione).

Su tutt'altro versante, le istituzioni rabbrividirono nel vedere, per la prima volta, dei carabinieri coinvolti in un'opera di fantasia, e reagirono ricercando eventuali motivazioni per il sequestro del libro, scoprendo però che non ve ne era alcuna.

Come evidente, il libro incontrò invece un successo popolare di difficile paragone.

Pinocchiate

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A partire dal grande successo del libro di Collodi si sviluppò anche una letteratura parallela di storie scritte da altri autori e che avevano per protagonista Pinocchio. Tale fenomeno prende il nome di Pinocchiate.[1]

In queste storie Pinocchio fa i mestieri più disparati, va nei posti più esotici, ha parenti e figli, e fonda persino una repubblica.[10]

Il caso Tolstoj

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Nel 1936 Aleksej Nikolaevič Tolstoj scrisse una versione alternativa della storia in russo, intitolata La piccola chiave d'oro o Le avventure di Burattino. La storia parte in modo molto simile a quella di Pinocchio ma dopo l'incontro con i burattini di Barabas (Mangiafuoco) la trama diverge completamente. Questo libro è stato tradotto in italiano con il titolo Il compagno Pinocchio (pubblicato nel 1984 da Stampa Alternativa). Da quest'opera sono stati tratti anche due film di animazione: "Zolotoj kljuchik" (La chiave d'oro, 1939), regia di Aleksandr Ptushko e "Prikljuchenija Buratino" (Le avventure di Burattino, 1959) di Ivan Ivanov-Vano.

Illustratori per Pinocchio

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Enrico Mazzanti. illustrazione per l'edizione del 1883: Pinocchio impiccato alla quercia grande
 
Carlo Chiostri. Illustrazione per l'edizione del 1901

Come spesso accade per i libri dedicati ai bambini, le illustrazioni giocano un ruolo chiave. E moltissimi sono gli artisti che si sono cimentati con le tavole di Pinocchio, spesso dovendo fare i conti con le illustrazioni storiche di Mazzanti, Chiostri e Mussino.[11][1]

Saggistica

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  • Pietro Pancrazi, Venti uomini, un satiro e un burattino, Firenze: Vallecchi, 1923.
  • Armando Michieli, " Commento a Pinocchio", Torino: F.lli Bocca, 1933.
  • Luigi Volpicelli, La verità su Pinocchio, Roma: Avio, 1954; poi Roma: Armando, 1959.
  • Vito Fazio Allmayer, Divagazioni e capricci su "Pinocchio", Firenze: Sansoni, 1958.
  • Luigi Compagnone, Commento alla vita di Pinocchio, Napoli: Marotta, 1966; poi ampliato come La vita nova di Pinocchio, Firenze, Vallecchi, 1971.
  • Franco Antonicelli (e altri), Omaggio a Pinocchio, Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n. 1, 1967 (ma gli studi, a parte l'avvertenza di Luigi Volpicelli, sono del 1952).
  • Carlo Betocchi, Collodi, Pinocchio, Firenze, Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n. 2, 1968.
  • Giovanni Jervis, Prefazione a Carlo Collodi, Pinocchio, Torino: Einaudi, 1978; n. ed. ivi 2002 (con introduzione di Stefano Bartezzaghi).
  • Emma Nasti, "Pinocchio", libro per adulti, Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n. 3, 1969.
  • Gérard Genot, Analyse structurelle de "Pinocchio", Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n. 5, 1970.
  • Studi collodiani, atti del convegno 5-7 ottobre 1974, Pescia: Fondazione Carlo Collodi, 1976.
  • Pietro Citati, Introduzione a Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, Milano: Rizzoli, 1976.
  • Emilio Garroni, Pinocchio uno e bino, Bari: Laterza, 1975.
  • Giorgio Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, Torino: Einaudi, 1977; poi Milano: Adelphi, 2002; sul quale si può leggere anche l'intervista di Daniele Del Giudice, Attraversando l'oceano "Pinocchio" (1978), in Giorgio Manganelli, La penombra mentale, a cura di Roberto Deidier, Roma: Editori Riuniti, 2001, pp. 38-41.
  • Franklin Samuel Stych, Pinocchio in Gran Bretagna e Irlanda, tr. Gaetano Prampolini, Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n. 8, 1971.
  • Annalisa Macchia, Pinocchio in Francia, Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n. 11, 1978.
  • Pinocchio oggi, atti del convegno 30 settembre-1 ottobre 1978, Pescia: Fondazione nazionale Carlo Collodi, 1980.
  • Anna Maria Favorini, L'avventura educativa di Pinocchio, Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n. 12, 1980.
  • Nancy D. Sachse, Pinocchio in USA, tr. Francesco Casotti, Firenze: Quaderni della Fondazione nazionale Carlo Collodi n.14, 1981.
  • C'era una volta un pezzo di legno. La simbologia di Pinocchio, atti del convegno, Milano: Emme, 1981.
  • Giovanna Botteri, Il bambino e la marionetta, in aut aut, n. 191-192, settembre-dicembre 1982, pp. 113-130.
  • Le avventure ritrovate: "Pinocchio" e gli scrittori italiani del Novecento, a cura di Renato Bertacchini, Pescia: Fondazione nazionale Carlo Collodi, 1983.
  • Ornella Castellani Pollidori, Prefazione all'ed. critica di Pinocchio a sua cura, Pescia: Fondazione Nazionale Carlo Collodi, 1983.
  • Vittorio Frosini, La filosofia politica di Pinocchio, Roma: Lavoro, 1990. ISBN 88-7910-451-9
  • Piero Zanotto, Pinocchio nel mondo, Cinisello Balsamo: Paoline, 1990. ISBN 88-215-1941-4
  • Luigi Malerba, Pinocchio con gli stivali, Milano: Mondadori, 1991. ISBN 88-04-31861-9
  • Fernando Tempesti, Introduzione alla sua ed. di Carlo Collodi, Pinocchio, Milano: Mondadori, 1993.
  • Rodolfo Tommasi, Pinocchio: analisi di un burattino, Firenze: Sansoni, 1992. ISBN 88-383-1385-7
  • Renato Bertacchini, Il padre di Pinocchio. Vita e opere di Collodi, Milano, Camunia, 1993.
  • Alberto Asor Rosa, "Le avventure di Pinocchio" di Carlo Collodi, in Letteratura Italiana. Le opere, Torino: Einaudi, 1995, vol. 3, pp. 879-950.
  • Povero Pinocchio: giochi linguistici di studenti del Corso di Comunicazione, a cura di Umberto Eco, Milano: Comix, 1995.
  • Giovanni Gasparini, La corsa di Pinocchio, Milano: Vita e pensiero, 1997.
  • Giacomo Biffi, Contro maestro Ciliegia: commento teologico a "Le avventure di Pinocchio", Milano: Jaca book, 1977; poi Milano: Mondadori, 1998. ISBN 88-04-44273-5
  • Riccardo Campa, La metafora dell'irrealtà: saggio su "Le avventure di Pinocchio", Lucca: Pacini Fazzi, 1999. ISBN 88-7246-379-3
  • Pinocchio nella letteratura per l'infanzia, a cura di Carlo Marini, Urbino: Quattro venti, 2000. ISBN 88-392-0511-X
  • Dieter Richter, Pinocchio o il romanzo d'infanzia, tr. di Alida Fliri Piccioni, Roma: Edizioni di storia e letteratura, 2002. ISBN 88-8498-063-1
  • Rossana Dedola, Pinocchio e Collodi, Milano: Bruno Mondadori, 2002. ISBN 88-424-9596-4
  • Le avventure di Pinocchio tra un linguaggio e l'altro, a cura di Isabella Pezzini e Paolo Fabbri, Roma: Meltemi, 2002. ISBN 88-8353-185-X
  • Marco Belpoliti, Pinocchio, in Il romanzo, a cura di Franco Moretti, Torino: Einaudi, 2003, vol. 4: Temi, luoghi, eroi, pp. 773-785
  • Ludovico Incisa di Camerana, Pinocchio, Bologna: Il mulino, 2004 (collana "L'identità italiana"). ISBN 88-15-09799-6
  • Rita Mascialino, Pinocchio: analisi e interpretazione, Padova: Cleup, 2004. ISBN 88-7178-753-6
  • Sebastiano B. Brocchi, Favole Ermetiche, Lugano, 2009. ISBN 978-88-7922-053-8
  • Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Ipotesi su Pinocchio, Milano: Ancora, 2005. ISBN 88-514-0268-X
  • Valentino Baldacci e Andrea Rauch, Pinocchio e la sua immagine, con un saggio di Antonio Faeti, Firenze: Giunti, 2006. ISBN 978-88-09-05019-8
  • Anna Rosa Vagnoni, Collodi e Pinocchio. Storia di un successo letterario, Trento, UNI Service, 2007. ISBN 978-88-6178-077-4
  • Andrea Balestri, Io, il Pinocchio di Comencini (dietro le quinte di una vita da burattino), a cura di Stefano Garavelli, Firenze: Sassoscritto, 2008. ISBN 978-88-88789-65-1
  • Pinocchio in volo tra immagini e letterature, a cura di Rossana Dedola e Mario Casari, Milano: Bruno Mondadori, 2008. ISBN 978-88-6159-193-6
  • Michele Capitani Pinocchio. Le ragioni di un successo, Civitavecchia, editrice Prospettiva, 2010. ISBN 978-88-7418-610-5
  • Fabrizio Scrivano (a cura di), "Variazioni Pinocchio. 7 letture sulla riscrittura del mito", Morlacchi editore, Perugia, 2010.

Edizioni italiane

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Le avventure di Pinocchio edizioni Corticelli-Mursia p. 192 ISBN 9788842539865

  1. 1,0 1,1 1,2 I volti di Pinocchio - iniziativa della Biblioteca Marucelliana di Firenze (14 giugno 2000 - 13 gennaio 2001)
  2. Cfr. B. Croce, «Pinocchio», in Idem, La letteratura della nuova Italia, vol. V, Laterza, Bari 1957 (IV ed.), pp. 330-334.
  3. 3,0 3,1 3,2 Giovanni Gasparini. La corsa di Pinocchio. Milano, Vita e Pensiero, 1997. pagina 117. ISBN 88-343-4889-3
  4. Sesto Promuove - sito web ufficiale curato dal comune di Sesto Fiorentino
  5. 5,0 5,1 Ivo Gagliardi, Sulle tracce di Pinocchio in "il Reporter" del 19 maggio 2008
  6. FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) - Villa Bel Riposo
  7. In realtà Pinocchio è una marionetta, ma Collodi adopera i termini "burattino" e "marionetta" con una certa libertà. Il burattino ha, infatti, come carattere distintivo il fatto di essere composto da una testa con un foro nel quale inserire l'indice delle mani e una veste. Il burattino inoltre compare solo a mezzo busto ed è animato dal basso dalla mano del burattinaio coperta dalla veste del pupazzo. La marionetta, invece, è un pupazzo che ha un corpo intero, interamente snodabile, ed è mosso dall'alto attraverso l'utilizzo di fili che dalle articolazioni del pupazzo terminano in una crociera tenuta in mano dal burattinaio.
  8. Nel 1900 Lyman Frank Baum, autore de "Il Mago di Oz", nella prefazione del suo famoso libro, riferendosi alle fiabe dell'epoca romantica, parla di un "corteo di fatti terribili e agghiaccianti escogitati dagli autori per trarre da ogni fiaba un efficace insegnamento morale"
  9. "(...)soprattutto i Fratelli Grimm le cui famose favole - impropriamente ritenute per bambini - sono l'apoteosi dell'orrore più orrore e della nera più nera." da: "Senza bavaglio" di Cesario Picca, ediz. Pendragon, pag. 122
  10. Roberto Maini e Marta Zangheri (a cura di). Pinocchio e pinocchiate nelle edizioni fiorentine della Marucelliana: catalogo della mostra I volti di Pinocchio. Firenze, Aida, 2000. ISBN 88-8329-009-7.
  11. Rodolfo Baggioni. Pinocchio, cent'anni di avventure illustrate - Bibliografia 1881/83 . Firenze, Giunti-Marzocco, 1983.

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