Pastorizia
La pastorizia è una delle forme più antiche di allevamento, praticata con la maggior parte delle specie animali domestiche da reddito: principalmente ovini, caprini, bovini, ma anche suini ed equini.
Caratteristiche
modificaLa pastorizia si contraddistingue dall'allevamento perché gli animali si nutrono muovendosi in un ambiente naturale e non vengono nutriti con risorse dell'allevatore. Vi è una forte simbiosi che si instaura tra gli animali e il pastore, che si occupa di loro a tempo pieno, non limitandosi ad accompagnarli al pascolo ma fornendo loro protezione dai predatori (anche con il tradizionale ausilio di cani), cure sanitarie, assistenza durante il parto ecc. Un'altra peculiarità di questo tipo di allevamento è che la persona che si occupa degli animali è generalmente la stessa che provvede alla trasformazione dei prodotti (dalla tosatura della lana alla produzione del formaggio).
È ancora largamente diffusa in tutto il mondo, anche se va rapidamente diminuendo nei paesi occidentali con il progressivo avanzamento di tecniche più moderne e intensive, che garantiscono maggior produttività con minore sforzo.
Inquadramento storico
modificaUna tradizione antichissima postula l'assoluta contrapposizione, quindi l'inevitabile conflittualità tra popolazioni pastorali e popolazioni agricole, le prime per necessità nomadi, le seconde inevitabilmente stanziali. Nel tempo si creò tra le due tipologie di popolazione una relazione quasi simbiotica, non solo di razzia ma anche di scambi commerciali con il mondo agricolo ed urbano. Alcuni stati hanno cercato in tutti i modi di reprimere le popolazioni nomadi di pastori e queste hanno molto spesso dovuto elaborare delle strategie per sopravvivere. La conflittualità è attestata da cento vicende storiche, la più significativa, indubbiamente, la decisione di Gengis Khan, indotto dal consenso dei propri generali a distruggere, in tutta la Cina appena conquistata, argini e canali che alimentavano le risaie, per fare del Celeste Impero un solo pascolo per i cavalli, una decisione da cui il conquistatore sarebbe stato dissuaso da uno dei consiglieri, Yelu Ch'u-ts'ai, che avrebbe salvato la civiltà cinese allettando l'avidità del selvaggio capo dei mongoli dimostrandogli l'entità dei tributi che i cinesi, lasciati alle loro risaie, avrebbero potuto pagare al nuovo padrone. All'alba della letteratura agraria Lucio Columella proclama la necessità di superare la conflittualità e propugna la cooperazione di agricoltura e allevamento che, uniti, moltiplicano le produzioni di entrambi, costituendo il letame degli animali allevati, e il lavoro dei buoi, condizioni di floridezza agricola, e offrendo, a sua volta, campi fecondi, abbondanza di fieno per alimentare convenientemente gli animali durante l'intero corso dell'anno [1] Mentre, peraltro, l'allevamento agricolo si fonda sui foraggi dei campi, l'autentica pastorizia si fonda sui foraggi naturali di pascoli e savane, generalmente stagionali, tanto che la pastorizia si è avvalsa, sistematicamente, del mutamento stagionale dei pascoli mediante gli spostamenti definiti transumanza. Tutto il Mediterraneo, ha sostenuto un grande storico moderno, è un “mare di montagna”, attorno al quale tra coste e monti si svilupparono, per millenni, mille piste per la transumanza, i “tratturi”. In Spagna le Serranias e le Sierras, in Francia le Alpilles, in Italia il Suprommonte, i Peloritani, i Nebrodi, le Madonie, la Sila, il Gran Sasso, la Maiella, la Laga, l'Appennino Toscoemiliano, dal Verghereto ai Mandrioli, dal Corno alle Scale al Cimone, il gruppo del Baldo e i Lessini, in Grecia l'Olimpo e il Parnaso, in Mauritania l'Atlante: su tutte le coste del Bacino è stato, d'inverno, un brulicare di animali, che l'estate salivano, lungo i tratturi, a quote tra i mille ed i duemila metri.
Quanti animali erano coinvolti nella migrazione tra ciascuna delle coppie di poli che costituivano le mete del pendolare annuale? Gli storici hanno proposto una pluralità di dati. Per un'area chiave della pastorizia italiana, la Romagna anticamente appartenente al Granducato di Toscana, le cui pecore migravano, per l'inverno, nella Maremma grossetana, ha proposto una serie di valutazioni Antonio Saltini, che sulla base del rapporto medio nazionale tra animali migranti e stanziali suppone che nella Romagna granducale a metà dell'Ottocento si dovessero attribuire 35.000 capi alle greggi migranti, 105.000 a quelle stanziali. Considerando, peraltro, che la Romagna presentava caratteri che non rispecchiavano la media delle condizioni nazionali, e supponendo che, per l'entità del gregge allevato in ogni podere romagnolo di collina, i poderi il cui gregge fosse più consistente dovessero affidare, in autunno, parte degli animali a “fida” ad un pastore migrante, ha proposto di elevare il numero degli animali transumanti a 50.000. Se, peraltro, le femmine del gregge romagnolo complessivo fossero, come pare verosimile, 100.000, reputandone maggiore la percentuale nelle greggi migranti, costituendo i “castrati” piuttosto produzione poderale, ha proposto di ripartire il totale tra 60.000 pecore stanziali, 40.000 migranti.[2]
La transumanza
modificaUna delle più antiche tradizioni legate alla pastorizia è la transumanza, ossia l'uso di spostare le greggi verso le montagne in estate e verso valle in inverno, spesso spostandosi a piedi per centinaia di chilometri (anche se oggigiorno, specie nei paesi occidentali, si ricorre spesso al trasporto con automezzi, limitando gli spostamenti a piedi a minimi tratti difficilmente praticabili in altro modo nelle parti iniziale e finale del percorso).
La transumanza comporta la migrazione stagionale delle greggi. Tale usanza quasi del tutto scomparsa al giorno d'oggi, prevede – durante la stagione invernale e, al contrario, nel pieno della stagione estiva – lo spostamento delle greggi di ovini (pecore) dalle zone collinari e montane verso i litorali pianeggianti e viceversa.
Al giorno d'oggi è praticata, sia pure in scala ridotta, soltanto in limitate zone Italiane, in particolare alcune località alpine e prealpine della Valle d'Aosta, del Piemonte, dell'Altopiano di Asiago e dell'Alto Adige, nonché in altre appenniniche dell'Abruzzo e del Lazio.
Nei secoli scorsi, tale usanza condizionava pesantemente la vita del pastore, che non poteva contare sulla presenza delle strutture tipiche dell'agricoltura moderna, quali la stalla, gli impianti di foraggiatura e mungitura, per la refrigerazione del latte.
Molti scrittori sono stati in passato ispirati dalla transumanza dei butteri della Maremma e dei pastori dell'Abruzzo, in particolare è molto nota la poesia Pastori di Gabriele d'Annunzio.
In effetti, l'antica usanza prese le mosse tra la zona dell'alto Tavoliere-Gargano e l'Abruzzo. Consisteva nel trasportare (transumare, appunto) gli animali dall'alto Tavoliere verso l'Abruzzo.
Questo trasferimento avveniva all'inizio della stagione calda, per andare in cerca di zone fresche dove poter trovare dei pascoli verdi per il bestiame. All'inizio della stagione fredda, si transumava nuovamente verso la pianura più calda. Tutto ciò avveniva tramite dei sentieri detti tratturi. Il viaggio durava giorni e si effettuavano soste in luoghi prestabiliti, noti come "stazioni di posta".
Note
modificaBibliografia
modifica- Balducci A. Allevamento del bestiame nella Romagna Toscana, Ramella, Firenze 1910
- Barbieri G., La produzione delle lane italiane dall'età dei comuni al secolo XVIII, in
- Spallanzani M. (a cura), La lana come materia prima. I fenomeni della sua produzione e circolazione nei secoli XIII-XVII, Olschki, Firenze 1974
- Barsanti D., Allevamento e transumanza in Toscana. Pastori, bestiami e pascoli nei secoli XV-XIX, Medicea, Firenze 1987
- Mini G., La Romagna toscana. Notizie geografiche, storiche, industriali e commerciali, Barboni, Castrocaro, 1901
- Fabbroni J., Sulle Masserie della Romagna toscana, in Giornale Agrario Toscano, 1839, pp. 134-150
- Cuppari P., Manuale dell'agricoltore, ovvero Guida per conoscere, ordinare e dirigere le aziende rurali, Barbera, Firenze, 1870
- Saltini A., I cento volti di Trinacria. Viaggio fotografico nella Sicilia agricola, Ismea - Spazio rurale, Roma 2004