Origini della videoarte
Da un punto di vista teorico si può affermare che in campo artistico le prime intuizioni sul potenziale creativo del mezzo televisivo debbano essere riconosciute a Lucio Fontana che, nel 1952 insieme ad alcuni artisti del movimento spazialista, scrisse il "Manifesto del movimento spaziale per la televisione", dove si ipotizzava con l'uso del mezzo televisivo una grande espansione delle possibilità operative degli artisti e un nuovo grande impegno sociale dell'arte con l'uso del medium elettronico.
Per convenzione accademica l'origine della videoarte viene fissata al 1963, quando in una galleria tedesca,[1] a Wuppertal, Nam June Paik e Wolf Vostell, due artisti legati al movimento Fluxus, aprirono al pubblico la loro mostra personale che prevedeva l'installazione di televisori. Non era mai accaduto e tanto bastò. Da allora i due artisti furono considerati i padri fondatori di questo tipo di arte.
Va precisato che gli artisti si sono sempre cimentati con la produzione di immagini in movimento, praticamente da quando nacque il cinema, e spesso incontriamo opere girate in pellicola, in standard domestici, salvate poi su video per facilitarne la circolazione e la fruizione.
Con la messa in commercio, nel 1967, di un registratore[2] portatile alimentato a batteria, il Portapak, questo tipo di arte ha conosciuto uno sviluppo esponenziale. La Videoregistrazione ebbe da subito una discreta diffusione fra gli artisti americani, mentre in Italia fu importata qualche anno dopo, nel gennaio 1970. Di fatto, a partire dal 1967, tutte le attività del Movimento Fluxus che prevedevano l'artista impegnato in una performance cominciarono a documentare questi micro eventi sperimentali[3] e a lasciarcene le immagini registrate su un supporto elettronico. Iniziarono così una serie di sperimentazioni sul mezzo elettronico che andarono presto a costituire una serie infinita di invenzioni e di declinazioni linguistiche diverse che incontriamo tutt'oggi, e che attraversano in modo sistematico quasi tutti i movimenti artistici che temporalmente da allora si sono succeduti fino ad oggi. Da Fluxus alla Land Art, da Happening alla Body Art, dalla Pop Art all'Arte Povera, e su su fino alle più recenti espressioni.
Oggi la parola "video" è di fatto diventata di uso comune e anche un prefisso per indicare una serie di vocaboli nuovi che hanno preso forma nel tempo per indicare cose diverse fra loro che comunque hanno a che fare con le nuove tecnologie di comunicazione. Con "video" possiamo intendere il supporto elettronico che contiene la registrazione delle immagini in movimento, come una cassetta VHS o un DVD, oppure il Monitor, oppure l'opera vera e propria contenuta nel supporto, o lo streaming presente in uno degli innumerevoli siti web prodotto e "postato" dagli utenti, ma conosciamo anche il videotelefono, il videocitofono. Come prefisso viene anche usato per definire le diverse tipologie di opere che gli artisti producono, come la videoinstallazione, la videoperformance, un videoambiente, una videoscultura, una videodocumentazione, il videoteatro, la videodanza ecc.
Negli ultimi anni la videoarte viene distribuita soprattutto nei Festival tematici internazionali e sta entrando di diritto nei grandi eventi legati all'audiovisivo affermandosi come genere a sé.
In Italia eventi di tale importanza sono davvero molto pochi, come la rassegna annuale Videoart Yearbook del DAMS di Bologna, Magmart Festival di Napoli o come il giovane Ibrida Festival delle arti intermediali di Forlì.
Note
modifica- ↑ La Galerie Parnass, che oggi non esiste più
- ↑ anche chiamato VCR
- ↑ spesso erano azioni brevi per intrattenere amici artisti, o party organizzati fra esponenti Fluxus
Bibliografia
modificaAchille Bonito Oliva, Ubi Fluxus, ibi Motus, Mazzotta 1990
Giuseppe Chiari, Giuseppe Chiari e la teoria dell'arte in Fluxus, Ulisse & Calipso, Roma 1992
Angela Madesani, Le icone fluttuanti, Bruno Mondadori, Milano 2002
Collegamenti esterni
modificaLuxFlux su Vostell di Ilaria Matrone