Origine della filosofia greca (superiori)
La Grecia alla fine del VII secolo a.C. si presentava come un insieme di poleis, città-stato legate da affinità linguistiche e culturali ma prive di unità politica, distribuite nella parte meridionale della penisola balcanica. Oltre a queste, varie colonie, politicamente indipendenti dalla madrepatria, erano state fondate nel Mediterraneo, in una vasta area compresa tra la Spagna, il mar Nero e la costa settentrionale dell'Egitto.
Con la fine del medioevo ellenico nel IX secolo a.C. si era avviato il processo che aveva portato alla crisi della società micenea e all'affermarsi di regimi aristocratici nelle poleis. Nell'VIII secolo l'uso della moneta metallica sostituì il baratto, mentre le strutture politiche cittadine furono scosse da conflitti sociali, che portarono a differenti risposte istituzionali: a Sparta vi fu la riforma oligarchica di Licurgo, mentre in molte altre poleis durante il VII secolo si instaurarono delle tirannidi. Più complessa fu la situazione di Atene, dove alla legislazione di Dracone (620 a.C.) seguirono la riforma oligarchica di Solone (593), la tirannide di Pisistrato (560) e la costituzione democratica di Clistene (508).[1]
Grecia contro Oriente
modificaLa filosofia, intesa come indagine critica e razionale, appare come il «grande parto» del genio ellenico.[2][3] Se infatti il sapere orientale ha un carattere religioso e tradizionalistico, riservato alla classe sacerdotale e legato a una tradizione sacra, la sapienza greca si presenta come una ricerca razionale che scaturisce dalla libertà individuale: ogni uomo libero può filosofare.[4]
Si potrebbe obiettare che i Greci abbiano sviluppato la filosofia in forme analoghe all'Oriente, così come è accaduto per la religione, l'arte, la scienza e l'organizzazione militare; tuttavia, per quanto in questi ambiti si possa stabilire quali e quanti elementi sono stati ripresi dall'Oriente, la filosofia è un fenomeno che «non solo [...] non ha presso i popoli orientali l'identico corrispettivo, ma nemmeno qualcosa che analogicamente sopporti il paragone».[3] Reale tenta così di confutare le tesi di una presunta derivazione della filosofia dall'Oriente:
- Nessun filosofo in epoca classica accenna a una derivazione della filosofia greca dall'Oriente. Lo stesso Platone cita più volte la sapienza orientale, e i personaggi presenti nei suoi dialoghi si richiamano più volte all'autorità di un sapere molto più antico di loro; tuttavia evidenzia lo spirito pratico e non speculativo del sapere egiziano, diverso da quello greco.[5]
- Come fa notare anche lo storico Zeller, prima del'epoca di Alessandro Magno presso i Greci la conoscenza delle lingue di altri popoli era limitata alle finalità commerciali: gli interpreti, di norma ben preparati, potevano trattare con i mercanti stranieri ma non erano in grado di tradurre libri contenenti insegnamenti filosofici.[6]
- La conoscenza orientale è più simile a una sapienza per eletti piuttosto che, come la filosofia greca, a un'analisi della realtà per mezzo della ragione. Anche se alcuni presocratici parlano di una mentalità «collettiva» che si ferma all'apparenza ingannevole e non ragiona (Eraclito parla di uomini «dormienti» e Parmenide indica tre vie, ma pochi seguono quella che porta alla verità), a nessun uomo libero è preclusa la ricerca della verità, cioè il filosofare.
Lo stesso processo avvenne per le conoscenze scientifiche prese da popoli orientali, come la matematica dagli Egizi e l'astronomia dai Babilonesi. Entrambe le scienze avevano infatti scopo pratico nei luoghi d'origine, e furono i Greci a elevarle a un livello teorico. Si può quindi concludere che, se i Greci assimilarono dagli orientali nozioni di vario tipo, allo stesso tempo le trasformarono qualitativamente, operando un passaggio dall'aspetto utilitaristico alla speculazione pura e disinteressata.[7] È inoltre importante sottolineare che i Greci sono stati i primi a produrre testi scritti di filosofia e a vedere in questa una libera indagine critica e razionale.[4]
La gestazione della filosofia
modificaSe la filosofia si sviluppò proprio in Grecia nei secoli VII-V a.C. è perché vi furono le condizioni che lo permisero. A influenzare la sua nascita furono l'arte, la religione e le condizioni socio-politiche, nelle forme uniche sviluppatesi in quel periodo.
L'arte
modificaFu soprattutto la poesia a influenzare la filosofia, e in particolare Omero, Esiodo e la poesia lirica. Omero possiede un grande senso dell'armonia e della proporzione, cerca le cause dei fatti accaduti (per quanto siano ragioni mitico-storiche) e tenta di rappresentare la realtà nella sua totalità.[8] L'importanza di Esiodo deriva dal fatto che fu il primo a cercare il «principio primo» da cui tutto ebbe inizio, ma lo fece attraverso il mito.[9] Infine, i poeti lirici influirono ponendo il concetto di limite, di giusta misura, quel «conosci te stesso» del tempio di Apollo che diventerà il motto di Socrate.
La religione
modificaQuando si parla di «religione greca» si pensa a Zeus, Apollo e in generale agli dèi della tradizione omerica. Questa però è solo una faccia della religiosità greca, poiché la religione pubblica si fondava su un'amplificazione e idealizzazione dell'uomo comune, e riconduceva a divinità antropomorfe (possedenti vizi e virtù umane) tutti gli avvenimenti della natura. Questo elemento naturalistico della religione greca, d'altra parte, influenzerà la filosofia, che all'inizio sarà anch'essa «naturalistica».[10]
Molte persone però non erano soddisfatte da tale religione, sentendola lontana. Per questo si diffusero i misteri, tra i quali i più influenti sono quelli orfici. Questi ebbero grande influenza sulla filosofia, poiché introdussero il dualismo tra il corpo, destinato a perire, e l'anima. Ma tale anima era in realtà un dèmone, caduto nel corpo per una colpa originaria, destinato a sopravvivere e a reincarnarsi. I misteri orfici promettevano di liberare l'anima dal corpo attraverso una purificazione, affermando che gli iniziati avrebbero avuto un premio dopo la loro morte. L'obiettivo finale era il ricongiungimento con gli dèi. I misteri orfici ebbero una forte influenza su Pitagora, Eraclito, Empedocle e soprattutto Platone.[11]
Inoltre l'assenza di libri sacri, dogmi e di una casta sacerdotale furono ostacoli in meno affinché la filosofia potesse affermarsi.[12]
Le condizioni socio-politiche
modificaL'uomo greco, che vantava di essere cittadino e non suddito, era completamente libero. La maggior parte delle civiltà precedenti a quella greca furono infatti monarchie accentratrici, dominate da una cultura autoritaria e tradizionalista.[2] La civiltà greca è invece caratterizzata da numerose città-stato e forme di governo aristocratico. In questa ottica il cittadino greco, più svincolato da legami sia con il potere sia con la religione, è capace di darsi autonomamente un ordinamento politico. Ciò pone le basi per una società dinamica, caratterizzata dal cambiamento e dalla messa in discussione delle verità, in cui la filosofia trova terreno fertile. Questo d'altronde spiega perché essa non sia nata nella società spartana (tipicamente più rigida e tradizionalista) mentre sia sorta prima nelle colonie e poi abbia attecchito ad Atene. A questo si deve aggiungere la prosperità delle colonie stesse: fu il benessere economico che spinse i ceti medi a cacciare i proprietari terrieri dal potere e a darsi un ordinamento.
Mito e logos
modificaLa filosofia studia la realtà considerata sia nel suo insieme sia nel particolare, distinguendosi così dalle altre scienze che sono, per definizione, limitate a un solo campo: in questa ottica, tutte le scienze fanno parte della filosofia.
La realtà viene indagata tramite la ragione, il logos (il vero discorso, la vera ragione, il giusto pensiero): la filosofia è la riduzione della realtà a logos e ha l'unico scopo di conoscerla e di contemplarla. Come disse Aristotele, «tutte le scienze sono più necessarie di questa, ma nessuna è superiore».[13] Essa è infatti, anzitutto, contemplazione disinteressata; è, inoltre, sapere dei fondamenti: dell'essere (per esempio la metafisica come dottrina delle cause prime delle cose), del conoscere (la gnoseologia e la logica come studio dell'origine o della validità ultima delle nozioni e dei ragionamenti), dell'agire (l'etica e la politica come studio dei motivi e degli scopi ultimi dell'azione individuale e sociale): fin dall'inizio fu perciò considerata la «regina» delle scienze.
Se partiamo dall'analisi etimologica della parola filosofia, notiamo che essa è «amore per la sapienza», sapienza che non è riconducibile all'erudizione o alla mera conoscenza logica e/o discorsiva, ma di un sapere che riguarda ogni aspetto dell'essere umano, un sapere realizzativo non sintetizzabile in formule sintetiche e scientiste.
Chi erano i presocratici
modificaCome è già stato detto, i presocratici non costituiscono un gruppo omogeneo, ma si differenziano perché riconducibili a scuole e tendenze diverse. In particolare, due sono le aree geografiche in cui si affermano:
- le colonie greche in Asia minore, dove nacquero e vissero i primi filosofi (la scuola di Mileto nella Ionia, Eraclito a Efeso),
- le colonie italiche della Magna Grecia, dove si diffuse successivamente (si pensi al pitagorismo, a Empedocle e Parmenide).
Con Anassagora, che si trasferì ad Atene e collaborò con il governo di Pericle, la filosofia raggiunge la capitale dell'Attica, dove si svilupperà con i sofisti e Socrate.
Per quanto riguarda invece la loro indagine, i primi filosofi cercavano il «principio primo» (in greco archè) del cosmo, identificandolo spesso con un elemento naturale; la prima rivoluzione avviene con il concetto di «essere», introdotto da Parmenide.
Il gruppo di filosofi che va da Talete a Democrito è chiamato naturalista, perché cerca di determinare la natura dell'essere e del divenire. Vengono poi i sofisti che, pur approdando al relativismo, incentrano la loro attenzione sull'uomo e sulla virtù. Il passo decisivo lo fece Socrate, che rivoluzionò il campo dell'etica e segnò lo spartiacque tra i pre-socratici e i filosofi successivi.
Tuttavia, negli ultimi anni è sorta una nuova questione terminologica: poiché il passaggio dallo studio della natura a quello dell'uomo è avvenuto con i sofisti prima che con Socrate, alcuni studiosi hanno proposto di distinguere questi dai filosofi a loro precedenti, preferendo indicare i naturalisti con il termine di «pre-sofisti». D'altra parte, è utile sapere che in passato era comune riferirsi a questi pensatori chiamandoli «pre-platonici» (si pensi per esempio alle Lezioni sui preplatonici di Friedrich Nietzsche).
Fonti per lo studio dei presocratici
modificaLe principali fonti di cui dispongono gli storici per conoscere il pensiero dei primi filosofi sono:
- le opere dei filosofi, che però sono quasi interamente andate perdute e di cui si conservano rarissimi frammenti;
- le testimonianze su questi filosofi riportate in opere di autori successivi. Tra questi ad esempio ricordiamo Platone, che nei suoi dialoghi cita tesi e dottrine di pensatori a lui precedenti, e Aristotele, autore della Metafisica, considerato per certi versi il «primo saggio di storiografia filosofica»;
- le opere dossografiche (da doxa, opinione), raccolte risalenti al tardo periodo ellenistico in cui venivano riunite le opinioni dei filosofi del passato su un determinato argomento.
Le testimonianze sui presocratici sono state raccolte nel XX secolo da due filologi tedeschi, Hermann Diels e Walter Kranz, che le hanno catalogate. A questa edizione si fa riferimento quando si citano i frammenti dei primi filosofi, che sono contrassegnati dalla sigla DK (abbreviazione di Diels-Kranz).