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Numeri
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa

Cenni storici

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Alcune correnti di pensiero ipotizzano che nella maggior parte delle civiltà preistoriche, l'uomo abbia scritto prima i numeri e poi l'alfabeto, da cui è derivata la poesia epica e quindi la normale scrittura. Molti reperti archeologici sembrano confortare questa tesi.

In un'epoca in cui il denaro non si era ancora separato dalle merci, un gregge, una mandria o un gruppo qualunque di animali costituivano un bene economico ed il trasporto di questo bene ne faceva accrescere il valore. Essendo i primi insediamenti in zone piuttosto calde e non essendoci i frigoriferi, è ovvio che il trasporto delle carni dovesse essere effettuato con animali vivi e il passaggio di mano di questi armenti ne accresceva il valore. Da qui le prime necessità di numerazione.

Successe che i Sumeri per primi costruirono palle di argilla dentro le quali mettevano i simboli delle quantità di animali, e nelle transizioni, queste palle d'argilla costituivano il credito, ma poiché esse dovevano essere rotte ad ogni transizione, nel tempo si decise di dipingere sull'esterno delle argille gli stessi simboli contenuti all'interno. Col tempo, la testa del bue egizio Api, per esempio, l'alef fenicia, roteò di 180 gradi e divenne la lettera Alfa, le capanne, beth, rotearono di 90 gradi e divennero la nostra lettera B, fidi, il serpente, divenne la F e così via.

Aspetti sensoriali

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Mentre la scrittura è un'estensione e una separazione del nostro senso più neutro e oggettivo – la vista – il numero è un'estensione e una separazione della nostra attività più intima e in più stretto rapporto con le altre facoltà, il senso del tatto.

Diventa sempre più evidente che il senso del tatto è indispensabile ad un'esistenza integrale. Non è da escludersi che nella nostra vita interiore il senso del tatto sia costituito da un reciproco rapporto tra tutti i sensi. Non solo quindi un contatto epidermico con le cose, ma la vita stessa delle cose dentro la nostra mente.

Siamo abituati a vedere l'alfabeto come fonte della civiltà occidentale e le varie letterature come un segno di progresso sociale e civile, il che non è affatto sbagliato, a condizione che accanto alle lettere si pongano i numeri, il linguaggio cioè della scienza.

Dai sensi all'astrazione

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Il numero però non è solamente auditivo e risonante come la parola parlata, ma come scriveva con acume Baudelaire: “Il numero è nell'individuo. L'intossicazione è un numero” seguendo poi con l'analizzare il darshan, l'esperienza trascendentale indiana che permette di raggiungere uno stato mistico grazie al fatto di ritrovarsi immersi in un'immensa massa di gente.

Fu la trasformazione dal contare in modo tattile con le dita delle mani e dei piedi per arrivare all'astrazione visiva, che rese possibile la matematica. Fu però l'alfabeto a mettervi ordine, inserendo concetti come omogeneità, corrispondenza e successione. Fu l'azione dell'alfabeto fonetico sui sensi umani a permettere l'invenzione dello spazio euclideo, così come sarà la stampa a caratteri mobili a consentire il concetto di punto di vista e di conseguenza ad imporre la prospettiva.

Secondo il matematico Leibniz un Essere Supremo per dare origine all'Universo, non avrebbe avuto nessuna necessità di tutta la matematica ma gli sarebbero stati sufficienti lo zero e l'uno per dare inizio a tutta la creazione. È curioso constatare che questo mistico sistema binario altri non sarebbe che il riflesso del contare di alcune tribù primitive a cui corrisponde il linguaggio dei nostri computers.

All'epoca dei manoscritti esisteva una caotica quantità di segni per rappresentare i numeri, che consentivano il calcolo con estrema difficoltà. Fu l'avvento della stampa che pose ordine alla matematica e posizionò lo zero, quel vuoto concettuale che permetteva di dare un valore ai numeri a seconda della loro posizione nella cifra, partendo da destra.

L'evoluzione del concetto

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Tracciando un percorso dalla rappresentazione del numero con le lettere greche, al posizionamento dello zero medievale, fino al punto di vista prospettico del Rinascimento, si può rilevare con facilità di come sia maturato il concetto di infinito, che Greci e Romani ignoravano e che solo con la stampa tipografica poté estendersi alla facoltà visiva fino ad ottenere risultati di estrema precisione, di uniformità e intensità, perché fosse possibile reprimere o affievolire la sensibilità degli altri sensi col fine di ottenere la consapevolezza tattile dell'infinito (sembra una delle tante contraddizioni del Mc Luhan, in realtà è un'ulteriore dimostrazione di come l'isolare il senso della vista porti come conseguenza lo spazio euclideo che viene in qualche modo digerito e assimilato in tutto l'essere grazie al senso del tatto).

Ogni nuova tecnologia ci spinge a cercare nuovi equilibri attraverso altra tecnologia che poi sarebbe lo studio delle scienze applicate, con particolare riferimento ai diversi procedimenti per la trasformazione di materie prime in prodotti di impiego o di consumo, o l'attuazione dei processi educativi basata sull'analisi dell'apprendimento e dell'insegnamento e sulle metodologie da essa suggerite.

I Greci sbatterono la testa sul problema di trasporre i loro nuovi media quando tentarono di risolvere un problema di aritmetica razionale applicandolo alla loro primitiva geometria. Lo spettro di Achille e la tartaruga provocò la prima crisi della matematica occidentale, insieme al calcolo della diagonale di un quadrato o la circonferenza del cerchio, esempi evidenti di come il senso tattile del numero tentava di affrontare lo spazio visivo e pittorico per trasformarlo in sè stesso.

Col Rinascimento fu il calcolo infinitesimale a permettere all'aritmetica di imporsi sulla meccanica, la fisica e la geometria. Fu il processo omogeneo ed uniforme della stampa a dare origine al calcolo della matematica moderna. La taumaturgica funzione dell' infinitamente frammentato e ripetibile permise di rendere il mondo visivamente piatto, diritto e uniforme mentre la nostra esperienza sa che esso è invece sghembo, curvo e bitorzoluto, e questo concetto “razionale” che ci ha accompagnato negli ultimi secoli, oggi nell'era dell'elettronica sta perdendo molte delle sue connotazioni e non siamo più in grado di definire con certezza cosa sia il “razionale”, visto che a suo tempo, non ci siamo mai accorti da donde venisse.