Leggi fonetiche della lingua greca (superiori)

Mutamenti di vocale

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I fenomeni principali che riguardano le vocali sono:

  • abbreviazione e allungamento;
  • incontro di vocali (contrazione, elisione, aferesi, crasi);
  • metatesi, sincope, apocope, protesi;
  • apofonia.

Abbreviazione e allungamento

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In alcuni casi la vocale lunga si può abbreviare: quando si trova davanti ad altra vocale con cui non forma un dittongo, oppure davanti a una liquida o nasale seguita da un'altra consonante (legge di Osthoff). La vocale breve, invece, può allungarsi sia in corpo sia in fine di parola. Vi sono due tipi di allungamento:

  • allungamento organico: quando la vocale breve si muta nella lunga corrispondente: α pura > ᾱ (se impura > η), o > ω, ε > η, ῐ > ῑ, ῠ > ῡ;
  • allungamento di compenso: quando la vocale breve si allunga e viene scritta con la vocale lunga o dittongo corrispondente: ᾰ > ᾱ, ε > ει, ο > ου.

Incontro di vocali

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La successione di due suoni vocalici che non formano dittongo è detto iato. Vi sono vari mutamenti fonetici mediante i quali si cerca di evitare lo iato per ragioni di eufonia.

Se lo iato si trova in corpo di parola, di regola si evita mediante la contrazione cioè la fusione di due vocali forti in un suono unico, sempre lungo.

Leggi di contrazione

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La contrazione avviene secondo le seguenti leggi:

  1. la contrazione di due vocali di suono uguale dà luogo alla vocale lunga corrispondente fatta eccezione per i gruppi ε + ε che dà ει e ο + ο che dà ου[1].
  2. se due vocali di suoni diverso si incontrano prevale la vocale con suono più cupo (il suono cupo Ο prevale sul suono medio Α e chiaro Ε nella forma lunga ω). Fanno eccezione i gruppi ε + ο ed ο + ε che danno il dittongo ου come risultato.
  3. tra suono medio Α e il suono chiaro Ε prevale sempre quello che precede nella forma lunga (ᾱ, η).
  4. nell'incontro tra una vocale e un dittongo:
    • se la vocale che precede ha suono uguale a quello del primo elemento del dittongo viene semplicemente assorbita senza modificare il dittongo;
    • se la vocale che precede è diversa dal primo elemento del dittongo essa si contrae regolarmente con la prima vocale del dittongo. Se il secondo elemento è iota si sottoscrive mentre se è iota sottoscritto resta tale. Non esistono incontri di vocali aspre con dittonghi con secondo elemento υ[2].

A queste regole ci sono alcune eccezioni, le più importanti sono:

  • in alcune parole non si verifica la contrazione per l'antica presenza di un digamma ϝ intervocalico che ha impedito l'incontro tra le vocali;
  • in alcuni casi si è preferito seguire, invece della regola della contrazione, la legge dell'analogia con altre forme aventi il medesimo valore grammaticale perché la contrazione regolare avrebbe impedito il riconoscimento delle forme risultanti.

L'accento nella contrazione

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L'accentazione delle sillabe contratte obbedisce alle seguenti regole:

  1. se la prima vocale da contrarre portava l'accento, la sillaba contratta ha l'accento circonflesso;
  2. se l'accento cadeva sulla seconda vocale da contrarre la sillaba contratta ha l'accento acuto; se però l'ultima sillaba è breve e la sillaba contratta e accentata è la penultima, si applica la legge del trocheo finale e l'accento sarà circonflesso;
  3. se non c'era accento né sulla prima né sulla seconda sillaba da contrarre, la sillaba contratta non porta accento.

Se lo iato avviene tra due parole di cui la prima finisce e la seconda inizia per vocale, esso si può evitare mediante:

  • elisione (ἔκθλιψις), cioè la caduta della vocale finale breve davanti alla vocale iniziale della parola seguente. Si verifica soprattutto quando si tratta della vocale finale di avverbi, di congiunzioni e di preposizioni bisillabe. La vocale υ non si elide mai mentre è rarissima l'elisione di un dittongo. Il segno dell'elisione è l'apostrofo. Nelle parole composte l'elisione potrebbe essere interna e quindi non segnalata dall'apostrofo. Se per effetto dell'elisione una consonante tenue entra in contatto con una vocale iniziale con spirito aspro, la consonante tenue si muta nella corrispondente aspirata. Per quanto riguarda l'accento, se viene elisa una parola baritona (cioè senza accento sull'ultima sillaba) la posizione dell'accento resta immutata. Se invece la parola elisa è ossitona l'accento si sposta sulla sillaba precedente. Se però si tratta di preposizioni o congiunzioni ossitone oppure delle enclitiche τινα e ποτε nella forma elisa queste perdono l'accento;
  • aferesi (ἀφαίρεσις), una forma di elisione inversa (usata soprattutto dai poeti attici e talvolta nelle iscrizioni) per cui dopo una parola uscente in vocale lunga o dittongo si sopprime la vocale breve iniziale della parola che segue. Anche l'aferesi è indicata dall'apostrofo. È frequente con la voce ἐστί dopo la particella negativa μή, dopo la congiunzione disgiuntiva ἤ e dopo ποῦ.
  • crasi (κρᾶσις), cioè la contrazione di una vocale aspra finale con la vocale aspra iniziale della parola seguente. Il risultato della crasi è sempre una vocale lunga o un dittongo. La fusione dei due suoni avviene, salvo eccezioni, secondo le regole generali della contrazione. Il segno della crasi è la coronide, che è simile a uno spirito dolce e si scrive sulla vocale o sul dittongo risultante dalla contrazione. Quando il primo elemento della crasi è un articolo o un pronome relativo non si segna la coronide ma si lascia lo spirito aspro. Inoltre le parole risultanti dalla crasi generalmente mantengono l'accento della seconda delle due parole che si sono fuse. Se la parola che risulta dalla crasi termina con un trocheo (− ◡) e l'accento deve cadere sulla penultima sillaba, di solito prevale la legge del trocheo finale e l'accento è circonflesso. Per evitare lo iato tra la vocale finale di una parola e la vocale o il dittongo iniziale di quella che segue in alcuni casi si verifica la paragoge ossia l'aggiunta di una consonante mobile (-ν o -ς) alla fine della prima parola. La crasi avviene soprattutto quando la prima parola è:
    • un articolo: ὁ, ἡ, τό;
    • un pronome relativo: ὅς, ἥ, ὅ;
    • un pronome relativo-indefinito: ὅστις, ἥτις, ὅτι;
    • un pronome personale;
    • la congiunzione καί;
    • la preposizione πρό nei verbi con essa composti;
    • le particelle εἰ, ἦ, μή, τοί, μέντοι;
    • l'interiezione ὦ;
    • le forme χρῆναι (= esserci bisogno), χρῆν (= c'era bisogno), χρῆσται (= ci sarà bisogno) in uso nell'attico derivano da una originaria crasi di χρὴ εἶναι, χρὴ ἦν, χρὴ ἔσται;
    • le forme θἄτερα e χἄτερα (che stanno per τὰ ἕτερα e καὶ ἕτερα) risultano dalla forma dorica ἅτερος equivalente all'attico ἕτερος;

Metatesi, sincope, apocope, protesi

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La metatesi quantitativa (μετάθεσις) è lo scambio di quantità (cioè durata) che talvolta può avvenire tra due vocali vicine. Tale fenomeno in attico si riscontra soprattutto nei gruppi ηᾰ > εᾱ e ηο > εω.

La sincope (συγκοπή) è la caduta di una vocale tra due consonanti in corpo di parola.

L'apocope (ἀπκοπή) è la caduta della vocale finale breve davanti a parola che inizia per consonante. Tale fenomeno è raro presso gli attici e si trova esclusivamente in poesia; provocando l'incontro tra due consonanti dà luogo a vari mutamenti fonetici.

La protesi (πρόθεσις) è il fenomeno per cui in certi casi, per ragioni di eufonia, viene aggiunto un suono vocalico o consonantico in principio di parola.

Apofonia

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L'apofonia, ovvero la gradazione o alternanza vocalica, è il fenomeno fonetico per cui la vocale di una stessa radice subisce delle varie variazioni:

  • di quantità,
  • di timbro.

Mentre l'apofonia quantitativa è propria del greco, quela qualitativa è originaria della lingua indoeuropea e consiste in un vero e proprio mutamento di vocale. Per comprendere il mutamento va ricordato che una radice può avere tre gradi:

  • medio (o normale),
  • forte (o pieno),
  • debole (o ridotto).

L'apofonia qualitativa è quindi proprio il passaggio tra un grado e l'altro che si indica di solito con il nome di vocalismo medio, forte, debole. Non tutti e tre le radici hanno tutte e tre i gradi, e non sempre i fenomeni di apofonia obbediscono a leggi fisse. Le alterazioni frequenti sono tuttavia queste:

MEDIO FORTE DEBOLE
ε ο - (ᾰ)
η ω ε
ει οι
ευ ου υ
η (<ᾱ) ω
ο ω α

Va notato che quando il grado medio contiene il suono ε il grado debole (o ridotto) può essere dato:

  • dal secondo elemento del dittongo che eventualmente compone il grado medio;
  • dalla scomparsa della vocale ε (caso in cui l'apofonia prende il nome di grado zero);
  • da ᾰ qualora la ε del grado medio sia preceduta da consonante e seguita da liquida (λ, ρ) o nasale (μ, ν).

La presenza di tale α nel grado debole si spiega con il fenomeno della così detta vocalizzazione della liquida o della nasale: poiché nel grado zero, caduta la ε, la liquida o la nasale preceduta da consonante non si potevano più pronunciare agevolmente, si produsse il suono vocalico α, che si affiancò a λ, μ, ρ e si sostituì a ν. Si ebbero dunque i seguenti passaggi:

  • λ > αλ, λα
  • ρ > αρ, ρα
  • μ > αμ
  • ν > α

La ν si vocalizza in α specialmente quando ha funzione di desinenza.

Il fenomeno della vocalizzazione delle liquide e delle nasali si spiega col fatto che nell'antico indoeuropeo le liquide e le nasali poiché molto sonore erano considerate come suoni intermedi fra consonante e vocale e sono oggi dette sonanti. Poiché però non era agevole per i greci articolare queste liquide-vocali e nasali-vocali, qualora forse precedute da consonante, in ionico-attico esse diedero luogo al suono vocalico α. Analogamente l'alfa privativa greca deriva dalla sonante indoeuropea n̥.

Mutamenti di consonanti

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I fenomeni fonetici più importanti che interessano i suoni consonantici sono:

  • assimilazione, dissimilazione, eliminazione;
  • sincope, epentesi, metatesi, paragoge.

Assimilazione, dissimilazione, eliminazione

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I mutamenti fonetici determinati dall'incontro di consonanti sono dovuti per lo più a ragioni di eufonia e si distinguono in:

  • assimilazione: se nella stessa parola si incontrano due consonanti diverse, l'una diventa uguale all'altra (assimilazione totale, come in *ὄλνυμι > ὄλλυμι) oppure si muta in consonante simile all'altra (assimilazione parziale) assumendone una delle caratteristiche che può essere la sonorità/non sonorità, aspirazione/non aspirazione oppure il luogo di articolazione, come *ἐλέγθην > ἐλέχθην, aoristo passivo di λέγω (assimilazione dell'aspirazione), *συνγίγνομαι > συγγίγνομαι (assimilazione del luogo di articolazione), *πραγτός > πρακτός (assimilazione della sonorità), aggettivo verbale di πράσσω (radice πραγ-);
  • dissimilazione: se nella stessa parola s'incontrano due suoni uguali o di stessa natura, si rendono diiversi mediante la modificazione di uno di essi. Per quanto riguarda le aspirate importante è la legge di Grassmann (così chiamata dal grammatico che la formulò) secondo la quale se in due sillabe consevutive della medesima parola si trovano due aspirate, la prima perde l'aspirazione e si muta nella tenue corrispondente (*θίθημι > τίθημι). Se la prima aspirazione è costituita da uno spirito aspro questo si muta in dolce. Eccezioni a questa legge è nel caso in cui le due aspirate non appartengono alla medesima serie gutturale, labiale o dentale;
  • eliminazione: avviene quando uno o più suoni consonanti si eliminano, cioè cadono, o senza lasciare traccia, o provocando l'allungamento di compenso della vocale precedente.

Di seguito sono elencati i più notevoli e frequenti fenomeni di assimilazione, dissimilazione ed eliminazione che riguardano consonanti, declinazioni di nomi, coniugazioni di verbi e la formazione delle earole. Esse sono divise a seconda delle categorie di consonanti.

Mute gutturali (κ, γ, χ)

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Gutturale davanti a dentale di grado diverso si assimila assumendo il grado della dentale:

  • κ, γ, χ + τ = κτ.
  • κ, γ, χ + δ = γδ.
  • κ, γ, χ + θ = χθ.

Eccezionalmente la preposizione ἐκ (da) mantiene immutata la κ davanti a consonante mentre la muta in ξ davanti a vocale.

Le gutturali κ e χ davanti a μ si mutano in γ:

  • κ, γ, χ + μ = γμ.

Gutturale davanti a -σ- resta o diventa tenue e si fonde nella consonante doppia ξ:

  • κ, γ, χ + σ = ξ.

Mute labiali (π, β, φ)

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Labiale davanti a dentale di grado diverso si assimila assumendo il grado della dentale:

  • π, β, φ + τ = πτ.
  • π, β, φ + δ = βδ.
  • π, β, φ + θ = φθ.

Labiale davanti a μ si assimila:

  • π, β, φ + μ = μμ.

Labiale davanti a σ si fonde nella consonante doppia ψ:

  • π, β, φ + σ = ψ.

Mute dentali (τ, δ, θ)

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Dentale davanti a dentale si assibila (cioè diventa sigma σ per dissimilazione):

  • τ, δ, θ + τ = στ.
  • τ, δ, θ + δ = σδ.
  • τ, δ, θ + θ = σθ.

Dentale davanti a μ si assibila:

  • τ, δ, θ + μ = σμ.

Dentale davanti a σ o κ cade senza lasciare traccia (eliminazione).

I gruppi ντ o νδ o νθ davanti a σ cadono (eliminazione) provocando l'allungamento di compenso della vocale precedente.

Nasali (ν, μ)

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La nasale ν davanti al labiale si muta in μ (assimilazione):

  • ν + π = μπ.
  • ν + β = μβ.
  • ν + φ = μφ.

La nasale ν davanti a gutturale si muta in γ (assimilazione della nasale dentale nella nasale gutturale):

  • ν + κ = γκ.
  • ν + γ = γγ.
  • ν + χ = γχ.
  • ν + ξ = γξ.

Vi è come eccezione che quando ν si trova davanti a gutturale seguita da altra consonante, non si muta in γ, ma cade, per evitare il succedersi di tre consonanti.

La nasale ν e μ davanti a σ o si assibiliano (diventando σ) oppure si eliminano, provocando l'allungamento di compenso:

  • ν + σ = σσ.
  • μ + σ = σ.

La nasale ν cade senza lasciare traccia nei dativi plurali della 3a declinazione e quando -σ- è seguito da consonante.

La nasale ν davanti alle liquide si assimila mentre davanti a μ o si assimila o si assibila:

  • ν + λ = λλ.
  • ν + ρ = ρρ.
  • ν + μ = μμ / σμ.

La preposizione σύν (con) può mantenere invariata la ν davanti a ρ.

La nasale μ davanti a liquida si è mutata in β[3] mentre davanti a τ si muta in ν:

  • μ + λ = βλ.
  • μ + ρ = βρ.
  • μ + τ = ντ.

La nasale μ in fondo di parola si muta in ν.

Sibilante (σ, ς)

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All'inizio di parola si è verificato spesso la caduta del sigma iniziale di cui è rimasta traccia nello spirito aspro sulla vocale seguente.

All'interno di parola il σ cade sia se è intervocalico, sia se interconsonantico, sia se seguito da altra σ. Il sigma intervocalico non cade nel futuro e nell'aoristo sigmatici, perché costituisce la caratteristica del suffisso temporale. Nelle terminazioni -σις,- σιος, -σια precedute da vocale il sigma intervocalico non è caduto, perché deriva da un originario τ.

Se invece il σ sta dopo λ, μ, ν, ρ cade con allungamento di compenso. In età posteriore σ dopo λ e ρ è rimasto inalterato oppure si è assimilato. Se invece il σ è davanti a μ o ν esso cade con allungamento di compenso. In età posteriore la sibilante nei gruppi σμ, σν si è assimilata.

Antica semiconsonante jod

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Lo jod (j) iniziale, corrispondente alla i semiconsonante di iena, aiuto, non si è conservato. Per lo più ne è rimasta traccia sulla vocale seguente che ha perso lo spirito aspro.

Lo jod intervocalico è invece caduto senza lasciare traccia.

Lo jod preceduto da α, ε, ο si è vocalizzato in ι mentre se preceduto da ι, υ è caduto con allungamento di compenso.

Lo jod preceduto da consonante ha determinato vari mutamenti fonetici di cui i più importanti:

  • τ, θ + j = in attico σ , in altri dialetti σσ.
  • δ, γ + j = ζ.
  • κ, γ, χ + j = σσ (ττ).
  • λ + j = λλ.
  • π. φ + j = πτ.
  • αν, εν, ῐν, ῠν + j = αιν, ειν, ῑν, ῡν.
  • αρ, ερ, ῐρ, ῠρ + j = αιρ, ειρ, ῑρ, ῡρ.

I gruppi αιν, ειν, αιρ, ειρ risultano dalla vocalizzazione di j in ι e dalla successiva metatesi, per cui ι, internandosi, ha formato dittongo con la vocale del tema (ανj > ανι > αιν, ecc.).

Antica semiconsonante digamma

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Il digamma (ϝ), corrispondente alla u semiconsonante di uovo, può, iniziale è caduto. Talvolta ne è rimasta traccia sulla vocale seguente, che ha preso lo spirito aspro.

Il digamma intervocalico è caduto senza lasciare traccia.

Il digamma davanti a consonante o in fine di parola si è vocalizzato in υ. Interessanti sono inoltre le derivazioni del gruppo consonantico τ + ϝ:

  • τϝ = iniziale > σ, interno > σσ.

Sincope, epentesi, metatesi, paragoge

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Si ha sincope (συγκοπή) quando, per ragioni eufoniche, cade un'intera sillaba nell'interno di parole.

Si ha epentesi (ἐπένθεσις) quando avviene il fenomeno contrario cioè quando fra due consonanti della medesima natura se ne inserisce, per ragioni eufonetiche, una terza. Così per facilitarne la pronuncia nei gruppi μρ, μλ si inserisce un β mentre nel gruppo νρ si inserisce un δ.

Si ha metatesi (μετάθεσις) quando per ragioni eufoniche, in una stessa parola avviene la trasposizione di due suoni vicini o lontani. Si può definire metatesi dell'aspirazione quando in una parola scompare una consonante aspirata (perché si è fusa con sigma in una consonante doppia: es. χ + σ = ξ; φ + σ = ψ), l'aspirazione passa nella sillaba iniziale. Si muta in aspirata l'eventuale tenue (τ > θ), si muta in aspro l'eventuale spirito dolce.

Si ha paragoge (παραγωγή) quando si aggiunge una consonante finale a una parola che termina per vocale, quando anche la parola seguente incomincia per vocale. Tali consonanti si dicono mobili e sono:

  • il ν eufonico o efelcistico (ἐφελκυστικόν) che compare, quando segue un forte segno di interpunzione oppure una parola che inizia per vocale, nei seguenti casi:
    • nei dativi plurali della 3a declinazione e nei locativi in -σι;
    • nella 3a persona singolare dei verbi quando termina in -ε;
    • nella 3a persona singolare e plurale dei verbi quando termina in -σι;
    • nella 3a persona singolare e plurale del presente indicativo di εἰμί (ἐστίν, εἰσίν) e nelle parole εἴκοσι (venti), πέρυσι (l'anno passato).
  • Il σ mobile, che si aggiunge alle parole οὕτω (così), μέχρι, ἄχρι (fino a), che diventano: οὕτως, μέχρις, ἄχρις. Bisogna notare bene che si verifica pure una paragoge nella preposizione ἐκ (da), che diventa ἐξ davanti a vocale, e nella negazione οὐ (non), che diventa οὐκ davanti a vocale con spirito dolce, οὐχ davanti a vocale con spirito aspro.
  1. Eccezione solo apparente, perché ει e ου in epoca classica erano ancora un mezzo grafico per scrivere le vocali e, o chiuse lunghe.
  2. Agnello Orlando 1998, pag. 36, nota.
  3. In realtà si tratta di epentesi μλ > μβλ > βλ, e in principio di parola la prima vocale cade. All'interno di parola invece si mantiene: *μέμλωκα > μέμβλωκα, perfetto di βλώσκω.

Bibliografia

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Giacinto Agnello, Arnaldo Orlando, Manuale del greco antico - con un profilo di greco moderno, Palumbo, 1998