Le Fonti del Diritto Regionale

Le principali Fonti del Diritto Regionale sono:

  • Fonti primarie: lo statuto regionale e le leggi regionali.
  • Fonti secondarie: i regolamenti regionali.
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Le Fonti del Diritto Regionale
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto regionale
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Lo Statuto Regionale modifica

Gli Statuti Regionali Ordinari modifica

Inizialmente lo Statuto delle regioni ordinarie era approvato e modificato con legge ordinaria rinforzata, il cui procedimento iniziava con l’approvazione e discussione in Consiglio regionale a maggioranza assoluta; veniva quindi trasmessa al Governo, che non poteva intervenire nel merito, e la trasformava in vera e propria iniziativa legislativa; veniva poi approvata dalle Camere, promulgata dal PdR e pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Così sono stati approvati i primi statuti ordinari nel 1970-71. Dopo la legge Cost. 1/1999, il nuovo art 123 Cost dispone invece che lo Statuto sia legge regionale rinforzata; è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Dopo la doppia approvazione, lo Statuto è soggetto ad una pubblicazione notiziale, a partire dalla quale il Governo ha la possibilità di impugnarlo preventivamente davanti alla Corte costituzionaleentro 30 giorni, mentre entro 3 mesi 1/50 degli elettori della Regione o 1/5 dei componenti del Consiglio regionale può proporre un referendum (si tratta di un referendum approvativo o sospensivo vicina a quella prevista per la revisione costituzionale dell’art 138 Cost). Decorsi i termini per l’impugnazione o per la richiesta di referendum (o espletati entrambi con esito positivo) seguirà la promulgazione dal PdR e la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale regionale (B.U.R). L’art 123 riserva agli Statuti delle Regioni ordinarie la disciplina di importanti aspetti come la forma di governo regionale, i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, il diritto di iniziativa legislativa e di referendum su leggi e provvedimenti amministrativi regionali, la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Si è ampliato di molto anche lo spazio di scelta riservato alle Regioni: mentre prima lo Statuto doveva restare nell’ambito dei principi fissati dalla legislazione statale, ora gli unici limiti sono quelli derivanti dal puntuale rispetto di ogni disposizione della Costituzione e del suo spirito. Lo Statuto funge così da limite per la legge statale e regionale; si può discutere se rispetto a quest’ultima ricopra una posizione gerarchicamente superiore o ad esso sia attribuita una competenza riservata. La giurisprudenza costituzionale riconosce allo Statuto una riserva di competenza, sia un limite di competenza: sono “fonti regionali a competenza riservata e specializzata”. Un limite esplicito alla competenza dello Statuto è stabilito dall’art 122 Cost, che riserva espressamente alla legge regionale “nei limiti dei principi fissati con legge della Repubblica”, la determinazione delle norme relative al sistema di elezione e ai casi di ineleggibilità e incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali”. Non è invece vietato allo Statuto disciplinare altri argomenti rispetto a quelli indicati dall’art 123 Cost, contenuti “eventuali” (previsione di organi di garanzia statutaria, norme relative al rapporto tra Regione ed enti locali, diritto d’accesso ad atti amministrativi) ulteriori rispetto a quelli “necessari”. La Corte ritenuto compatibili con la competenza dello Statuto norme programmatiche e di principio rivolte ai temi più vari, negandone però la valenza normativa: anche se inserite come atto-fonte, non hanno efficacia giuridica, trattandosi solo si espressione delle varie sensibilità politiche presenti nella comunità regionale al momento dell’approvazione dello Statuto. Tra gli oggetti che l’art 123 Cost attribuisce allo Statuto rientra anche la disciplina della formazione degli atti normativi della Regione. Sotto questo profilo lo Statuto si propone quindi come parametro di legittimità delle leggi regionali, oltre che dei regolamenti.

Gli Statuti Regionali Speciali e i Decreti Legislativi di Attuazione Statutaria modifica

La legge cost. 2/2001 ha modificato i 5 statuti speciali per riconoscere anche alle Regioni speciali un’autonomia nella scelta della propria forma di governo. Per raggiungere questo obiettivo la legge costituzionale ha previsto un processo di decostituzionalizzazione delle norme statutarie sulla forma di governo, prevedendo che con legge regionale rinforzata (approvata a maggioranza assoluta e pubblicata con funzione notiziale per consentire impugnazione governativa/sottoposizione a referendum abrogativo) la Regione possa definire le modalità di elezione del Consiglio, del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta, i rapporti tra gli organi, l’iniziativa legislativa popolare e i referendum, le condizioni di parità d’accesso alle consultazioni elettorali. Tale legge prende nome di legge statutaria, con competenza riservata e limitata (deve e può regolare solo quei contenuti). La legge costituzionale ha poi previsto un procedimento di revisione per gli Statuti speciali diverso da quello di revisione costituzionale ex art 138: la Regione è coinvolta all’inizio del procedimento di riforma perché o l’iniziativa parte dall’Assemblea regionale oppure, se il procedimento è avviato per iniziativa governativa o parlamentare, è necessario che venga acquisito il suo parere (obbligatorio ma non vincolante). Inoltre, la legge costituzionale di revisione dello Statuto, anche se approvata dalle Camere con maggioranza assoluta, non è sottoposta a referendum. La riforma del titolo V della Costituzione introduce conseguenze rilevanti anche per le Regioni speciali; la legge Cost. 3/2001 introduce la clausola di maggior favore per cui, “sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge si applicano anche alle Regioni a statuto speciale/Province autonome per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite. La Corte costituzionale ha precisato che la clausola di maggior favore comporta che la Regione speciale possa giovarsi della riforma del titolo V tutte le volte in cui essa preveda che la potestà legislativa regionale su una determinata materia sia più ampia di quella prevista dallo Statuto speciale: in particolare, se sulla materia è riconosciuta la potestà residuale della Regione ordinaria, questa norma prevale sull’eventuale inclusione di quella materia nell’elenco delle competenze concorrenti o esclusive della Regione speciale. Potestà legislative delle Regioni speciali:un quadro sinottico: gli statuti speciali prevedono 3 livelli di potestà legislativa, ognuna riferita ad un particolare elenco di materie che varia da statuto a statuto:

  • potestà esclusiva, è caratterizzata da un legame con la legislazione statale rappresentato da due limiti specifici:
    • il limite dei principi generali dell’ordinamento giuridico, per lo più norme non scritte ricavabili dall’insieme della legislazione
    • il limite delle norme fondamentali e delle riforme economico-sociali;
  • potestà concorrente (non prevista solo dallo statuto della Valle d’Aosta), che incontra gli stessi limiti della omologa competenza delle Regioni ordinarie (ma diverse sono le materie elencate);
  • potestà integrativa o attuativa: consente alla Regione speciale di emanare norme, in alcune specifiche materie, per adeguare la legislazione dello Stato alle particolari esigenze regionali.

Quando opera l’estensione automatica della competenza della Regione speciale, essa però risente anche dei limiti che la competenza acquisita subisce nelle Regioni ordinarie, per esempio le interferenze che derivano dall’esercizio delle competenze trasversali dello Stato. Ovviamente la clausola di maggior favore richiede “un giudizio di preferenza tra diversi sistemi di autonomia”, che presuppone una loro disamina complessiva per stabilire quale dei due conferisca maggior autonomia; questa valutazione non è sempre agevole, come dimostra il caso del peculiare controllo di legittimità sulle leggi regionali siciliane [..]. La Corte costituzionale ha affermato che la clausola di maggior favore opera solo a favore delle Regioni, non anche degli enti locali minori (che altrimenti potrebbero trovarsi ad avere più autonomia delle Regioni). La clausola opera transitoriamente, in attesa della revisione degli Statuti speciali o dell’emanazione dei decreti di attuazione degli Statuti speciali e di trasferimento delle funzioni amministrative, unici atti con forza di legge che hanno, prima o dopo la loro emanazione, un controllo da parte del Parlamento; sono previsti negli Statuti speciali come fonti a competenza “separata e riservata”. Gli Statuti dispongono che tali norme siano emanate dal Governo previo parere obbligatorio della Commissione paritetica, costituita da rappresentanti nominati dal Governo e dalla Regione: questa procedura di collaborazione sostituisce il controllo parlamentare sull’atto finale, che è un decreto legislativo emanato dal PdR senza alcun intervento delle Camere.

Le Leggi Regionali modifica

Una legge regionale è la legge prodotta da un consiglio regionale e messa in vigore nella sola Regione d'Italia nella quale essa è promulgata.

La legge regionale è prevista dall'art. 117 della Costituzione ed ha la stessa posizione nella gerarchia delle fonti del diritto della legge ordinaria.

In seguito alla riforma costituzionale del 2001, la potestà legislativa generale appartiene allo Stato e alle Regioni, posti sullo stesso piano; la competenza è attribuita per materie.

La competenza a legiferare può essere:

  • esclusiva dello Stato;
  • concorrente tra Stato e Regioni;
  • residuale delle Regioni;

L'art. 117 Cost. infatti definisce nel suo secondo comma le materie per le quali lo Stato ha competenza esclusiva, nel terzo le materie per le quali la competenza tra Stato e Regioni è di tipo concorrente, mentre il quarto comma stabilisce la competenza residuale delle Regioni su tutte le altre materie.

Prima di questa legge di riforma costituzionale (l. cost. n. 3/2001) le Regioni a Statuto ordinario (quelle speciali già avevano poteri esclusivi) potevano esercitare il potere legislativo solo nelle materie tassativamente indicate nell'art. 117 Cost. e soltanto nei limiti di una legge-cornice statale ovvero dei principi fondamentali della materia (cosiddetta competenza concorrente).

Da ultimo la legge 131-2003, la cosiddetta legge La Loggia, precisa che rimangono in vigore le leggi dello Stato nelle materie in cui la competenza è passata alle regioni, fino a che le stesse non legifereranno sull'argomento; lo stesso vale per le materie su cui la competenza è passata dalle regioni allo Stato, per cui rimarranno in vigore le leggi regionali fino a diversa statuizione dello Stato.

La competenza esclusiva dello Stato si esplica sulle seguenti materie:

  • organizzazione dello Stato;
  • sicurezza dello Stato;
  • rapporti internazionali;
  • politica economica e monetaria;
  • rapporti tra le persone;
  • sulla giustizia;
  • sulle politiche sociali;
  • sulla tutela ambientale;
  • su argomenti residuali, come la determinazione dei pesi e delle misure, o i dazi e le dogane.
  • immigrazione
  • sistema valutario

La competenza concorrente Stato-Regioni si esplica, a titolo esemplificativo, sulle seguenti materie:

  • commercio con l'estero;
  • istruzione;
  • ricerca scientifica;
  • ordinamento sportivo;
  • porti e aeroporti;
  • tutela e sicurezza del lavoro;
  • beni culturali.

Il processo di formazione della legge si articola in tre fasi:

  • Iniziativa: proposta di un progetto di legge indirizzata al consiglio regionale. Solitamente il diritto di iniziativa spetta a 5 diversi soggetti: la giunta regionale, i consiglieri regionali, i consigli comunali e provinciali e gli elettori (almeno 8000)
  • Costitutiva: solitamente si può svolgere con 2 diversi procedimenti: ordinario e in sede legislativa; essa consiste nella discussione e la stesura del progetto di legge.
    • Procedimento ordinario: il presidente della regione, con l'approvazione dei capigruppo, assegna il progetto di legge a 10 o più commissioni permanenti. Le commissioni discutono il progetto di legge e lo inviano all'aula con le proprie osservazioni. L'aula (consiglio regionale) esamina il progetto di legge e lo vota articolo per articolo e poi convotazione finale in modo palese, per alzata di mano. Se 3 consiglieri lo richiedono, il voto finale può avvenire per appello nominale. Se ci sono ragioni di urgenza questo procedimento si svolge in tempo allenato. Questo procedimento è il più garantista perché vede l'intervento dell'intero consiglio: per questo motivo è previsto obbligatoriamente per alcune materie particolarmente importanti (materia statutaria, comunitaria ed elettorale; bilancio, rendiconto e finanziaria regionale; leggi che rettificano intese ed accordi stipulati con altre regioni, stati; regolamenti di altri stati).
    • Procedimento in sede legislativa: esso rappresenta una novità in Piemonte (dal 2005 con nuovo statuto), la commissione a cui è stato affidato il progetto di legge porta a termine tutto l'esame, la discussione e la votazione del progetto di legge che non passa dall'aula per questo è meno garantista. Lo statuto prevede che in qualunque momento del suo svolgimento alcuni soggetti (la giunta regionale, 1/20 dei consiglieri regionali, 1/5 dei membri della commissione) possano decidere il ritorno al procedimento ordinario.
  • Integrativa dell'efficacia: la legge (ormai perfetta) diviene effettivamente legge ed entra in vigore. Tutto questo si svolge attraverso 2 momenti principali: la promulgazione da parte del presidente della regione e la pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione. La promulgazione avviene 15 giorni dopo l'approvazione e fa si che l'atto approvato dal consiglio diventi effettivamente una legge. La pubblicazione avviene 10 giorni dopo la promulgazione e consente la conoscibilità della legge da parte dei cittadini. La legge entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione. Inoltre agli articoli 48 e 49 vi sono dei principi guida per chi legifera, altra novità dello statuto del 2005.

I Regolamenti Regionali modifica

L’art 117.6 ha disegnato un parallelismo tra la potestà legislativa e quella regolamentare; con la clausola “salva delega alle Regioni” lo stesso articolo limita il parallelo tra potestà legislativa esclusiva e potestà regolamentare dello Stato. Secondo la dottrina prevalente la clausola alluderebbe all’ipotesi di una legge dello Stato che, in materia di competenza esclusiva, delega alle Regioni il compito di attuarla in via regolamentare (mentre le funzioni amministrative potrebbero essere allocate ad altro livello in base al principio di sussidiarietà). Ma l’ipotesi appare astratta e sostanzialmente ignorata dall’esperienza concreta, che non sembra conoscere casi di esplicita delega del potere regolamentare che precluda allo Stato di intervenire a sua volta con regolamento di attuazione della legge. Mentre in realtà è ancora estremamente frequente che in settori come la tutela dell’ambiente operi una “delega di funzioni amministrative” secondo lo schema dell’art 118 Cost 1948, oggi non più in vigore ma sostituito dal meccanismo del “conferimento di funzioni amministrative previsto dall’attuale art 118.2 Cost). In questi casi si pone il problema di come conciliare la competenza delle diverse fonti: la funzione amministrativa conferita dallo Stato alle Regioni dovrà essere disciplinata da legge regionale (principio di legalità), la quale potrebbe così trovarsi in concorso con la legge statale che le conferisce la funzione e il regolamento statale eventualmente emanato per integrarne la disciplina. Ecco che il “salva delega” dell’art 117.6 assume una precisa funzione regolatrice del concorso di fonti: se lo Stato conferisce alle Regioni determinate funzioni amministrative in materie di sua competenza esclusiva, perde il potere di disciplinarle con regolamento, perché ciò che non è regolato dalla legge dello Stato resta necessariamente affidato alla disciplina (legislativa o regolamentare) delle Regioni. Ma anche questa è solo una possibile interpretazione.

Titolarità del Potere Regolamentare all'Interno della Regione modifica

Fino al 1999 il potere di adottare regolamenti regionali spettava al consiglio regionale. Questa scelta è risultata infelice perché ad esso era già attribuito il potere legislativo regionale (gerarchicamente superiore a quello regolamentare, di scarso utilizzo). Con la revisione costituzione del 1999 vengono effettuati 2 interventi:

  • dall'art. 121, 2° comma viene eliminata la parola “regolamentari”, risultando così modificato in "il consiglio esercita la potestà legislativa."
  • all'art. 121, 4° comma si aggiunge la parola “emana”, risultando così "il Presidente promulga le leggi ed emana i regolamenti."

Dopo il 1999 si apre un acceso dibattito tra gli studiosi e si formano 2 correnti:

  1. una afferma che dopo il 1999 il potere regionale spetta non più al consiglio ma alla giunta (motivano dicendo che l'aggiunta di emana vuol dire che i regolamenti sono atti dell'esecutivo perché questo verbo si usa per gli atti di tale potere; in più la riforma del'99 ha voluto potenziare l'esecutivo e l'attribuzione del potere regionale contribuisce a tale potenziamento; inoltre il potere regionale è tipico dell'esecutivo e così avviene anche a livello nazionale);
  2. la seconda corrente sostiene che il potere spetta all'organo a cui lo statuto decide di attribuirlo (pensiero motivato dal fatto che la riforma ha voluto potenziare l'autonomia degli statuti e il fatto che la costituzione non attribuisca espressamente questo potere vuol dire lasciare liberi gli statuti; l'aggiunta di “emana” è solo una risposta alle sviste del testo precedente).

Nella prassi le regioni cominciano ad attribuire il potere alla giunta. È intervenuta però la Corte Costituzionale che dà ragione alla teoria del secondo gruppo e quindi la scelta dell'organo che ha il potere regionale spetta agli statuti. Ogni regione ha fatto scelte diverse (potere regionale alla Giunta, al Consiglio o a metà).

Tipologia dei Regolamenti Regionali modifica

Le tipologie dei regolamenti regionali sono state elaborate facendo un confronto con i regolamenti statali che sono principalmente 4:

  • regolamenti di esecuzione: intervengono per dare attuazione nel dettaglio alle leggi.
  • regolamenti di attuazione o integrazione: intervengono per attuare una legge e hanno un minimo contenuto normativo rispetto a quelli di esecuzione.
  • regolamenti delegati: intervengono su delega di una legge per disciplinare una materia che prima era disciplinata dalle leggi , essi compiono la cosiddetta delegificazione.
  • regolamenti indipendenti: disciplinano una materia dove non vi sono leggi.

Dopo la riforma del 2001 si è posto il problema di quali regolamenti riconoscere alle regioni. Sono stati riconosciuti il primo e il secondo senza problemi, si sono esclusi i quarti e sono stati ammessi i terzi a condizione che la delega fosse molto precisa.