La dislessia e la scuola

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I bambini dislessici ancora faticano a essere compresi e accettati a scuola dove la maggior parte degli apprendimenti passa ancora attraverso il codice scritto. Ma è l'ambiente scolastico che permette di riconoscere e rilevare precocemente gli impedimenti all'apprendimento e questo comporta anche la responsabilità degli insegnanti di riuscire a riconoscere e successivamente segnalare eventuali difficoltà. Spesso però gli alunni dislessici vengono definiti "pigri" e si deve partire proprio da questa pigrizia per capire che spesso è la spia di un disturbo che può portare alla specificità di un disturbo di apprendimento. Come dice G.Stella (psicologo e fondatore dell'Associazione Italiana Dislessia) "la pigrizia è solo l'effetto di una problematica più profonda".

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La dislessia e la scuola
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Dislessia

I primi passi concreti nella giusta strada erano stati fatti con la CM del 5 ottobre 2004 n. 4099/A/4 emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione che raccomandava agli insegnanti di utilizzare strumenti compensativi e misure dispensative per agevolare l'apprendimento di bambini e ragazzi dislessici e di applicare con loro una valutazione specifica in tutte le fasi del percorso scolastico, compresi i momenti di valutazione finale. Nella stessa si specificava, altresì, che per adottare tali misure poteva essere sufficiente la diagnosi specialistica di disturbo specifico di apprendimento di lettura (o dislessia). Per bambini e ragazzi dislessici non si ritiene opportuno l'appoggio di un insegnante di sostegno.

La Legge dell'8 ottobre 2010 n. 170[1] riconosce esplicitamente l'esistenza dei disturbi specifici di apprendimento (dislessia, discalculia, disortografia, disgrafia) come disturbi che possono limitare notevolmente l'apprendimento e che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali. Nella stessa viene fatto obbligo alle scuole, previa comunicazione alla famiglia, di intervenire in caso di sospetto di DSA.

L'unico ente accreditato a fornire diagnosi di DSA utilizzabile dalle scuole sono i Servizi sanitari nazionali (con qualche eccezione laddove il territorio non possieda le strutture adeguate). Ciò significa che qualsiasi altra diagnosi, senza la validazione dell'ASL, anche redatta da specialisti, non conta dal punto di vista legale per poter attivare ciò che la normativa scolastica prevede.

In presenza di diagnosi di DSA da parte dei servizi la scuola è tenuta a garantire misure educative e didattiche di supporto quali:

  • L'utilizzo di provvedimenti compensativi e dispensativi inerenti alla flessibilità didattica
  • Una didattica individualizzata e personalizzata: il team docente, entro il primo trimestre scolastico, deve compilare un documento chiamato Piano Didattico Personalizzato (PDP) di cui si può trovare un esempio[2]nel sito dell'AID (Associazione Italiana Dislessia);
  • L'introduzione di strumenti compensativi quali ad esempio l'utilizzo di tecnologie informatiche (computer con videoscrittura e correttore, libri digitali, sintesi vocale, ma anche semplici tabelle o formulari e la calcolatrice)
  • Strategie compensative (integrazione della comunicazione scritta con altri codici: grafici, mappe; potenziare la capacità di ascolto; rafforzare le relazioni sociali)
  • Misure dispensative riguardo a specifiche attività non essenziali ai fini dei concetti da apprendere e che quindi consentano a questi alunni di vivere in un clima più sereno e sicuro
  • Un monitoraggio continuo delle misure adottate
  • Adeguate forme di verifica e valutazione che oltre all'uso degli strumenti sopraelencati tengano in considerazione modalità anche solo orali o l'uso di mediatori durante le prove, interrogazioni programmate e inoltre la possibilità di usare un tempo maggiore per eseguire il tutto (anche nella prova INVALSI viene concesso del tempo maggiore rispetto alla classe)

Ai familiari di alunni del primo ciclo di istruzione viene riconosciuto il diritto ad avere un orario di lavoro flessibile per poter assistere lo studio a casa laddove il contratto lo preveda.

Importanti sono altresì le linee guida[3] emanate con il decreto attuativo della L.170/10. Esse, oltre a dare numerose indicazioni su come realizzare interventi didattici personalizzati e sulle modalità di utilizzo delle misure dispensative e gli strumenti compensativi, delinea il livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche per garantire il diritto allo studio degli studenti con DSA.

Nell'articolo 5 del DM del 12 luglio 2011 viene specificato che "la scuola garantisce ed esplicita nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato con l'indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate". Nelle Linee Guida sempre di luglio 2011 si auspica che i vari Uffici Regionali predispongano delle procedure condivise sulla stesura di PDP da parte delle singole scuole ma fino a oggi non è stato definito un modello specifico a livello nazionale, anche se il MIUR e l'AID forniscono degli esempi. I vari CTI ( centri territoriali per l'integrazione) e i CTS (centri territoriali per il supporto informatico) però si stanno muovendo a livello provinciale per definire la stesura di schemi condivisi dai vari ordini di scuola.

In tale documento, il PDP, che può essere modificato nel corso dell'anno scolastico, devono essere definite in primo luogo le difficoltà rilevate che si possono dedurre dalla diagnosi, successivamente, per ogni materia, devono essere specificate le strategie metodologiche e didattiche che si ritengono utili, le misure dispensative, gli strumenti compensativi usati e le modalità di verifica e valutazione. Esso poi deve essere sottoscritto dal consiglio di classe e condiviso con la famiglia o con lo stesso studente se maggiorenne. Questo documento sottolinea la presa in carico dello studente con DSA da tutto il team docente che si impegna ad attuare gli interventi didattici necessari per il successo scolastico dell'alunno senza delegare la stesura del PDP alla figura del "referente per i DSA", che il ministero auspica sia presente in ogni scuola, ma che, come specificato nel punto 6.3 delle "linee guida", ha in modo specifico il compito di orientamento, organizzazione, coordinamento e formazione.

L'importanza di uno screening precoce

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Le Raccomandazioni per la pratica clinica per i Disturbi Specifici di Apprendimento (pubblicate nel 2009) affermano che non si possa fare una diagnosi certa di DSA se non al completamento del secondo anno della scuola primaria quando "si completa il ciclo dell'istruzione formale al codice scritto e si ha una riduzione significativa dell'elevata variabilità interindividuale nei tempi di acquisizione della lettura" e ciò permette quindi una certa attendibilità della eventuale diagnosi. Questo comporta che spesso non ci possa essere l'avvio di un intervento prima della fine terza o inizio quarta. Spesso ciò avviene addiruttura al passaggio alla scuola secondaria di primo grado o addirittura dalla classe prima alla seconda di questo grado. A questo punto il lavoro di una eventuale rieducazione logopedica tende a ridursi o a essere inutile visto che il periodo sensibile "Finestra evolutiva", dove l'attività di recupero ha la massima efficacia, è presente nelle prime fasi di acquisizione della lettura e scrittura. Successivamente diventa un inutile lavoro che non apporta nessun beneficio specifico e sposta di conseguenza l'intervento scolastico sull'uso di strumenti compensativi.

La necessità quindi risulta essere la possibilità di individuare precocemente un alunno con DSA o meglio, una fascia a rischio. Si è infatti visto che nella scuola Primaria, dove si lavora sui prerequisiti all'acquisizione del codice scritto, non è possibile parlare di un riconoscimento riferito a un singolo soggetto ma di gruppi a rischio dove l'attenzione va posta su quelle competenze e funzioni che sono alla base comunque di questo codice. Verso questa direzione va il progetto "Non è mai troppo presto" dell'AID in collaborazione con Fondazione Telecom e MIUR, che si concluderà a luglio 2012 che, dopo 5 anni di attività di screening si propone di definire un nuovo protocollo di attività da effettuare a livello nazionale. Tale collaborazione e la successiva, si spera, formazione degli insegnanti permetterà la rilevazione sistematica delle variabili di rischio da segnalare già alla scuola primaria e quindi la possibilità per i soggetti segnalati di attivare un percorso utile, non certo a eliminare, ma almeno a ridurre alcune difficoltà o almeno a sfruttare completamente, dopo la segnalazione ai Servizi Sanitari competenti, il già detto periodo sensibile attraverso attività specifiche.

  1. Legge 170/2010, http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/34ca798c-2cac-4a6f-b360-13443c2ad456/legge170_10.pdf
  2. esempio di PDP, http://www.aiditalia.org/it/modello_di_richiesta_della_famiglia_alla_scuola_di_percorso_personalizzato_1.html
  3. Linee guida all'applicazione della L170/2010, http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/76957d8d-4e63-4a21-bfef-0b41d6863c9a/linee_guida_sui_dsa_12luglio2011.pdf