La Filosofia Antica (superiori)

Anche senza arrivare ad affermare che «tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone» (come scrisse Whitehead)[1], non si può tuttavia negare che tutti i filosofi posteriori alla fioritura del pensiero antico abbiano avuto come punto di riferimento - anche in funzione polemica e distruttiva - le tematiche sollevate dai filosofi antichi (e da essi stessi risolte in modo eterogeneo) attorno al fine dell'agire morale, al rapporto tra l'uomo e la verità, tra intelletto e realtà.

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La Filosofia Antica (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Filosofia per le superiori 1
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 75%

I presocratici

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Le prime testimonianze di un approccio allo studio della realtà che si possa definire filosofico risalgono al VII secolo a.C., in Asia Minore. Talete di Mileto, un personaggio sulla cui storicità non è ancora possibile avere certezze, è identificato da una tradizione risalente ad Aristotele come il primo filosofo. Con lui e con la sua scuola (scuola di Mileto: Anassimandro e Anassimene) il pensiero per la prima volta si emancipa dall'impostazione religiosa e mitologica per ricercare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali e alle questioni cosmologiche.

 
Busto di Socrate

Con i milesia si impose anche come centrale il problema dell'identificazione dell'archè (o origine), ossia l'elemento costitutivo e animatore di tutta la realtà, indagato anche da Pitagora ed Eraclito nello stesso periodo. Ed è dalle riflessioni sull'archè che si apriranno, con Parmenide e la scuola eleatica, le prime riflessioni ontologiche; e con esse la percezione di un conflitto irriducibile tra la logica che governa la dimensione intellettuale e il contraddittorio divenire dei fenomeni testimoniato dai sensi. Variamente risolto dai successivi filosofi del VI-V secolo a.C. (fisici pluralisti), la questione rimarrà centrale in tutta la storia del pensiero occidentale, dalla scolastica ad Heidegger nel Novecento.

I classici

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Platone e Aristotele secondo Raffaello.

Nel V secolo a.C. si assistette a un mutamento nell'oggetto della riflessione filosofica: all'interesse per la natura si sostituì un'attenzione maggiore verso le problematiche che riguardano l'uomo. L'agire morale, se il bene e il male siano relativi, la possibilità per l'essere umano di accedere alla verità, il rapporto natura/cultura: questi e altri furono gli argomenti all'attenzione, sebbene con impostazioni differenti, sia dei sofisti sia di Socrate. L'importanza di quest'ultimo per la successiva storia della filosofia fu fondamentale: con lui si acquisì piena consapevolezza della peculiarità del metodo di indagine filosofica (maieutica), e la ricerca della verità venne intesa come la riscoperta di una conoscenza già posseduta, universalmente valida ma dimenticata.

Le scuole filosofiche immediatamente successive alla morte del filosofo - scuola megarica, cirenaica, cinica e platonica - costituirono tutte uno sforzo interpretativo degli insegnamenti socratici. Se per le prime tre si trattò di elaborazioni minori, per Platone il socratismo fu un punto di partenza per una rielaborazione globale, nel primo grande sistema filosofico, di tutte le problematiche trattate dai pensatori precedenti. Conciliando Parmenide ed Eraclito, Platone sostenne da un lato che tutta la realtà fenomenica «scorre» in un continuo mutamento; e che al contempo però essa tende a costituirsi non a caso, ma secondo forme atemporali che sembrano preesisterle. Questo era un punto che in particolare l'atomismo di Democrito non aveva saputo spiegare, ossia perché la materia si aggreghi sempre in un certo modo, per formare ad esempio ora un cavallo, ora un elefante. Dietro ogni animale deve pertanto esistere un'idea, cioè una «forma» precostituita per ogni tipo, spirituale e non materiale. In queste forme eterne e innate risiede non solo l'Essere di Parmenide, ma anche l'origine di ogni nostra conoscenza. A esse Platone ricondurrà ogni teoria sull'etica e la politica.[2]

Con Aristotele, discepolo di Platone, la filosofia greca arrivò infine alla sua piena maturità: in lui la distinzione tra le particolarità accidentali da un lato, e le cause spirituali dall'altro in grado di guidare il perenne fluire dei fenomeni, diventa condizione della possibilità stessa di costruire scienza.[3] La trasformazione di un uovo in una gallina ad esempio non può essere il risultato di semplici combinazioni fortuite della materia.[4] A differenza di Platone, però, ogni organismo deve avere in se stesso, e non in un'idea a parte, le leggi del proprio costituirsi. La metafisica, scienza teoretica per eccellenza, sarà allora la disciplina che studia le cause responsabili dell'evoluzione della natura, ricercandone le essenze immutabili e universali. Le altre opere di Aristotele trattano analogamente dalla fisica alla politica, dalla logica alla botanica, prestando attenzione alla specificità dei diversi campi del sapere, ma conferendo al tutto un'organicità di pensiero che segnò il trionfo della razionalità greca. Da ciò l'importanza del filosofo per la cultura occidentale in senso ampio.

L'ellenismo

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Dopo Aristotele avrà quindi inizio il periodo ellenistico, in cui la cultura greca si fonderà con quella latina. Durante questo periodo si svilupparono tre principali correnti filosofiche: l'epicureismo, lo stoicismo, e il neoplatonismo. Rispetto alle altre correnti, il neoplatonismo sembrò concentrare ancora di più l'indagine sulla condizione umana e sulle possibilità date al singolo di trascendere il mondo quotidiano, mostrandone la contingenza. Il pensiero neoplatonico, il cui maggiore esponente fu Plotino, si proponeva così di essere un cammino di liberazione per l'uomo. Come molti altri platonici, Plotino pose uno scarto tra il mondo sensibile, sede dell'oscurità e della divisione, e il cosmo noetico, che è la vera realtà, prima manifestazione dell'essere e sede dell'Intelletto, generato a sua volta da un principio ineffabile (indicato da Plotino con il nome di Uno o Bene), e coglibile solo con un contatto di natura a-razionale chiamato epafé o henosis. L'Anima infine percorre l'universo plotiniano dal cosmo noetico al mondo materiale, verso cui essa discende per prendersene cura. La discesa dell'anima si trasforma per l'uomo in una caduta, causata dalla falsa credenza che scambia il mondo sensibile per la vera realtà, e dall'oblio della natura noetica di ciascuno di noi. La filosofia ha dunque il compito di riunire l'uomo alla sua patria intelligibile. Questa concezione dell'universo, e questo valore salvifico della filosofia sarà ripresa in tutte le forme che acquisirà dopo Plotino la filosofia neoplatonica.

  1. «The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato.» Alfred North Whitehead in Process and Reality, p. 39 (Free Press, 1979)
  2. Platone, La Repubblica.
  3. Aristotele: «Del particolare non si dà scienza» (Opere, Metafisica, Laterza, Bari 1973, p. 323).
  4. Physica, ß, 8-9. In proposito anche Non il caso ma la finalità regna nelle opere della natura, dal De partibus animalium, I (A), 645 a.

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