La Famiglia in Generale

La Costituzione dedica alla Famiglia tre articoli (collocati all'interno del Titolo II intitolato "Rapporti etico-sociali"). L'art. 29 stabilisce che "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare". L'art. 30 stabilisce che "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità". L'art. 31 stabilisce che "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo". Da queste tre disposizioni costituzionali si possono desumere alcuni principi:

  • Il principio di autonomia della famiglia
  • Il principio di uguaglianza fra i coniugi
  • Il principio di tutela dei figli nati fuori dal matrimonio
  • Il principio dell'autonomia educativa
  • Il principio del sostegno pubblico ai compiti educativi della famiglia
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La Famiglia in Generale
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Il codice civile dedica alla famiglia, invece, il primo libro del codice intitolato "Delle persone e della famiglia", Titoli V, VI, VII, VIII, IX, IX-bis, X, XI, XII, XIII, XIV. La maggior parte degli articoli che lo compongono hanno oggi un contenuto profondamente diverso da quello che avevano nel testo originario del 1942. Il diritto di famiglia codificato nel 1942 concepiva una famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al marito, sia nei rapporti personali sia in quelli patrimoniali, sia nelle relazioni di coppia sia nei riguardi dei figli; e fondata sulla discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio (figlio naturale), che ricevevano un trattamento giuridico deteriore rispetto ai figli legittimi. Il primo libro del codice venne riformato dalla Legge 19 maggio 1975, n. 151 "Riforma del diritto di famiglia", che apportò modifiche tese ad uniformare le norme ai principi costituzionali. Con questa legge venne riconosciuta la parità giuridica dei coniugi, venne abrogato l'istituto della dote, venne riconosciuta ai figli naturali la stessa tutela prevista per i figli legittimi, venne istituita la comunione dei beni come regime patrimoniale legale della famiglia (in mancanza di diversa convenzione), la patria potestà venne sostituita dalla potestà di entrambi i genitori, in particolare nella tutela dei figli. Il coniuge superstite nella successione ereditaria diventa erede, mentre prima, legalmente, non ereditava nulla. Il diritto di famiglia nel corso degli anni subì altre modifiche:

  • la legge n. 431/1967 integrò le norme del codice in tema di adozione e affido, che successivamente vennero riformati con la legge n. 184/1983 e con la legge 149/2001;
  • nel 1970 venne introdotto il divorzio (legge n. 898/1970), la cui disciplina venne modificata nel 1987 (legge n. 74/1987);

con la legge n. 121/1985 (legge che rese esecutivo l'accordo del 1984 che modificò il Concordato del 1929) venne modificata la disciplina del matrimonio concordatario;

  • la legge 40/2004 regolamentò la procreazione medicalmente assistita;
  • la legge 54/2006, la cosiddetta legge sull'affidamento condiviso rivoluziona l'assetto dei rapporti genitori-figli così come disciplinato dal codice civile.

L'interesse morale e materiale del minore diviene linea guida nella decisione del giudice. Questi, nel regolamentare i rapporti figli-genitori, dovrà prediligere, in quanto compatibile con interesse del minore, la soluzione dell'affido condiviso su quello monogentitoriale. Importante è il riferimento del nuovo art. 155 c.c. al diritto del minore, anche in caso di separazione personale dei genitori, di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Nella maggior parte degli atti giuridici familiari costituiscono atti puri, cioè che non permettono termine o condizione, e atti personalissimi, cioè che non ammettono rappresentanza. In conseguenza di questa particolare natura hanno un esercizio particolare. Non sono ammessi a negoziazione, non sono rinunciabili, non sono prescrivibili, non possono essere oggetti di transazione tra le parti. Nei processi che li riguardano, non vige il principio dispositivo, bensì quasi sempre il principio inquisitorio: le parti non sono arbitri delle prove e una eventuale confessione non vale come prova legale. Inoltre particolari situazioni familiari sono soggette anche a reati penali come il reato di bigamia.

La Parentela e l'Affinità

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La Parentela è un vincolo costituito da legami biologici, sociali, culturali e giuridici, tra le persone che hanno in comune uno stipite (articolo 74 del Codice civile italiano).

La parentela si dice diretta o in linea retta quando le persone discendono l'una dall'altra (per esempio: padre e figlio), si dice indiretta o in linea collaterale quando le persone non discendono l'una dall'altra (per esempio: fratelli, cugini).

Per computare la parentela si usano, in base all'art. 76 c.c., i gradi. Tanti sono i gradi quante sono le generazioni, intendendo per generazione il rapporto che esiste tra generante e generato. Lo stesso risultato si ottiene se si contano le persone che si incontrano salendo allo stipite comune e poi discendendo all'altro parente togliendone uno. Si ottiene:

  • I grado: linea retta ascendente di I grado (genitori) e linea retta discendente di I grado (figli);
  • II grado: linea retta ascendente di II grado (nonni), linea retta discendente di II grado (nipoti), linea collaterale di I grado (fratelli);
  • III grado: linea retta ascendente di III grado (bisnonni), linea retta discendente di III grado (bisnipoti), linea collaterale ascendente di II grado (zii paterni e materni), linea collaterale discendente di II grado (nipoti figli di fratello);
  • IV grado: linea retta ascendente di IV grado (arcavoli), linea retta discendente di IV grado (trisnipoti), linea collaterale ascendente di III grado (prozii), linea collaterale discendente di III grado (pronipoti e cugini);
  • V grado: linea retta ascendente di V grado (bisarcavoli), linea retta discendente di V grado (quadrisnipoti), linea collaterale ascendente di IV grado (pro-prozii e cugini dei genitori), linea collaterale discendente di IV grado (figli dei pronipoti e figli dei cugini);
  • VI grado: linea ascendente di VI grado (quintisavi), linea discendente di VI grado (quintisnipoti), linea collaterale ascendente di V grado (figli dei pro-prozii e cugini dei nonni), linea collaterale discendente di V grado (nipoti dei pronipoti, e nipoti dei cugini).

La legge non riconosce altri vincoli di parentela oltre il VI grado, salvo che per alcuni effetti determinati (art. 77 c.c.). I coniugi non sono né parenti né affini.

Il nuovo art. 74 c.c. (modificato dalla l. n.219/2012) che ha unificato lo status di figli nati fuori o dentro il matrimonio, riprende la nozione di parente quale vincolo tra persone derivanti da uno stesso stipite ma precisa che tale vincolo sussiste:

  • sia nella filiazione avvenuta all'interno del matrimonio.
  • sia nella filiazione avvenuta fuori del matrimonio.
  • sia nella filiazione adottiva (tranne che per l'adozione di persone maggiori d'età).

Il figlio naturale, cioè il figlio nato fuori dal matrimonio, dopo il 2012 quindi acquista parentela non solo verso i genitore che l'ha riconosciuto ma anche verso i parenti di quest'ultimo. Ugualmente per i figli adottati sia nel caso di adozione dei minori c.d. piena o legittima, sia di adozione "in casi particolari".

La legge fa ancora una differenza per quanto riguarda il rapporto tra fratelli. Si distingue tra fratelli consanguinei (nel caso che lo stipite comune è solo dalla parte del padre) e fratelli uterini (nel caso lo stipite sia solo dalla parte della madre). Gli artt. 570 e 571 c.c. stabilisono che il fratello unilitarele nella successione legittima del fratello premorto, se concorre con fratelli bilaterali o germani riceva la metà di quanto conseguono questi ultimi. L'art. 433 n. 6 c.c. dice che nell'obbligo alimentare tra fratelli, i germani hanno la precedenza sugli unilaterali.

Per Affinità si intende il rapporto tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge. Nella linea e nel grado in cui taluno è parente di uno dei coniugi, egli è affine dell'altro coniuge (il grado di affinità è corrispondente al grado di parentela). Gli affini di un coniuge non sono affini degli affini dell'altro coniuge (adfines inter se non sunt adfines). L'affinità non cessa con la morte del coniuge da cui deriva, ma cessa per la dichiarazione di nullità del matrimonio. Secondo la migliore dottrina e la giurisprudenza di merito, l'affinità non cessa a seguito di divorzio. Gli effetti giuridici dell'affinità si verificano soprattutto in tema di impedimenti matrimoniali e in alcuni casi il diritto di alimenti o indennità in caso di morte di un lavoratore. Non esistono tra gli affini diritti di eredità.

Il Diritto agli Alimenti

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Gli Alimenti sono le prestazioni di assistenza materiale dovute per legge alla persona che si trovi in stato di bisogno economico, anche se per propria colpa. Tali prestazioni rientrano tra gli obblighi di solidarietà familiare (artt. 433 e ss. del codice civile).

Secondo la norma civile, sono tenuti all'obbligazione alimentare, nell'ordine, i seguenti soggetti:

  • il coniuge (quando non sussiste l'obbligo di mantenimento ovvero il coniuge separato con addebito e il coniuge divorziato che abbia ricevuto la somma capitalizzata dell'assegno di divorzio);
  • i figli, anche se adottivi, e in loro mancanza i discendenti prossimi;
  • i genitori e in loro mancanza, gli ascendenti prossimi: con eguali diritti e parità di trattamento sia che si tratti di genitori naturali o adottivi, sposati o conviventi;
  • gli adottanti;
  • i generi e le nuore;
  • i suoceri;
  • i fratelli e le sorelle germani;
  • i fratelli e le sorelle unilaterali.

L'obbligo di corrispondere gli alimenti spetta al soggetto che si trova nel grado più vicino, secondo l'ordine sopra indicato. Nell'ipotesi in cui vi siano più persone nello stesso grado, tale obbligo si divide in proporzione delle loro condizioni economiche.

Sono inoltre tenuti all'obbligazione alimentare i seguenti soggetti:

  • il donatario, con precedenza su tutti gli altri obbligati, ma non oltre il beneficio tratto dalla donazione ricevuta;
  • il coniuge cui sia imputabile la nullità del matrimonio, in favore dell'altro coniuge di buona fede, se non ci sono altri obbligati.

Infine gli alimenti sono dovuti anche dai genitori al figlio non riconoscibile, se divenuto maggiorenne e si trova in stato di bisogno.

L'obbligo di solidarietà verso l'altro coniuge decade nel caso di tentato uxoricidio o di separazione di fatto non legale, come nella fattispecie di abbandono del tetto coniugale.

L'obbligo di mantenimento da parte di entrambi i genitori sussiste verso tutti i figli, anche per quelli nati fuori del matrimonio (Costituzione, art. 29), anche a seguito di concepimento con dolo o colpa grave per mancata adozione (ed eventuale inganno del partner) delle misure contraccettive da parte della donna.

Per gli obblighi di mantenimento tra coniugi, l'art. 5 Legge n. 898/1970, come modificato dall'art. 10 Legge n. 74/1987, stabilisce che l'assegno è dovuto al coniuge privo di mezzi adeguati o che comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. È sufficiente una delle due condizioni: per cui l'assenza di adeguati mezzi economici motiva l'assegno di mantenimento, a prescindere dalla condotta e dalla capacità lavorativa e reddituale potenziali del coniuge beneficiario.

L'assegno di mantenimento del coniuge separato o divorziato:

  • è deducibile dal reddito imponibile (per chi lo paga);
  • l'assegno è reddito imponibile per chi lo percepisce.

Invece, riguardo l'assegno per il mantenimento dei figli:

  • non è deducibile dal reddito di chi lo paga;
  • non costituisce reddito imponibile per chi lo incassa.

Se i coniugi sono sposati e convivono da più di tre anni, permane l'obbligo dell'assegno di mantenimento, anche se la sentenza della Sacra Rota dichiara la nullità iniziale del matrimonio religioso (Sentenza n. 16379/2014 delle Sezioni Unite della Cassazione). In precedenza, con il cosiddetto atto di delibazione agli effetti civili, la Corte di Appello prendeva atto della decisione del tribunale ecclesiastico, dichiarando cessati anche gli obblighi economici del matrimonio.

Il diritto agli alimenti non sorge al momento del bisogno. Esso non decorre prima della domanda tanto è vero che non è possibile pretendere arretrati. La sentenza del giudice che assegna gli alimenti è sempre soggetta a revisione. L'obbligo di dare gli alimenti è assistito anche da una sanzione penale (art. 570 c.p.). L'obbligo di alimenti cessa con la morte dell'obbligato. Cessa inoltre anche in caso di decadenza dell'avente diritto dalla potesta sui figli (art. 448 c.c. introdotto dalla l. n.219/2012).