L'analisi del linguaggio video
Il primo approccio usato dagli artisti fu la curiosità per il sistema in sè, per l'apparecchiatura elettronica, il suo funzionamento e la produzione di un linguaggio specifico.
La riflessione su questo nuovo linguaggio, sulla qualità delle immagini prodotte, sul movimento e la successione di queste immagini, consentì lo svilupparsi di una poetica coerente con queste curiosità e che produsse una serie innumerevole di opere straordinarie.
A New York la coppia di Steina e Woody Vasulka aprono nel 1970 "The Electronic Kitchen", un laboratorio sperimentale per lo studio delle nuove tecnologie, finanziato dalla comunità americana, che comincia subito, giocando con le macchine,[1] a produrre nuove sperimentazioni:
Decay 2, 1970 oppure Calligrams, 1970, anche Discs, 1970, e Violin Power, 1978
In Italia la sperimentazione comincia più tardi[2] ma con grandi poetiche autonome e straordinarie.[3]
Claudio Ambrosini, ''Light solfeggio'', 1977 2'21" Ambrosini lavora con il Cavallino di Venezia, ha a disposizione le macchine acquistate da Paolo Cardazzo. Sperimenta e gioca con la camera e prova a metter in scacco il suo funzionamento analogico. Con un interruttore va ad aumentare la velocità dell'accensione della lampadina, fino a mettere in crisi l'otturatore elettronico della macchina da presa, che non riesce più a seguire la velocità dell'interruttore. Si analizza il limite ottico mostrandocene il malfunzionamento, mentre si constata la tenuta dell'audio. L'autore dalla fine degli anni '70 si dedica con successo alla composizione e alla ricerca musicale
Michele Sambin, Il tempo consuma, 1978 5'14"
Sambin usa la bobina aperta del videoregistratore che lo sta riprendendo per mandare il nastro in loop ad un lettore collegato. Quando l'anello di nastro magnetico torna al registratore viene cancellato e nuovamente riscritto dalla ripresa. Dopo alcuni minuti e alcuni passaggi il nastro mostra i segni dell'usura e della ridondanza dei segnali, restituendo una immagine e un audio decomposti. È la sperimentazione empirica della durata del nastro, sul tempo e sulla resistenza, e insieme un magnifico lavoro analitico del linguaggioe sperimentale.
Guido Sartorelli, Analogie, 1978 1'45"
Anche questo autore gioca con le caratteristiche linguistiche del mezzo elettronico, con le sue fenomenologie di base.
Le tessere del mosaico sono paragonate ai punti elettronici del monitor, la "neve" e grazie ad essi, dal ritratto di teodora si può passare alla tecnica usata dai divisionisti. Oggi parleremmo di pixel...
Molto più tarda, ma significativa e divertente una fiction prodotta da Pipilotti Rist, che imita i difetti e i guai elettronici
delle macchine analogiche, introdotte in un lavoro sicuramente indenne dai rischi del VHS.
Pipilotti Rist, I'm Not The Girl Who Misses Much, 1986 5'30"
Note
modificaBibliografia
modificaSimonetta Fadda, Definizione Zero, Costa & Nolan, Milano 2005
Dino Marangon, Videotapes del Cavallino, Edizioni del Cavallino, Venezia 2004