I rosacrociani Lezione 1

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I rosacrociani Lezione 1
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Rosacrocianesimo

PRIMO INCONTRO

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Associazione Rosacrociana: quello che ci interessa più direttamente è il suo insegnamento per chi non riesce più a farsi bastare quello che insegna la Chiesa. Come conseguenza ci sono persone che non vivono una vita completa, perché espellono dalla loro concezione – ingiustificatamente – la parte spirituale, anche se non hanno di fondo una natura materialistica.

Ma anche chi frequenti la Chiesa può essere alla ricerca. A questi diciamo che nulla di ciò che qui diremo è in contraddizione reale con gli insegnamenti fondamentali della Chiesa. Dal nostro punto di vista non c'è alcuna competizione, ma esclusivamente desiderio di maggiore approfondimento e comprensione. Anche perché a noi non interessa in alcun modo fare del proselitismo; il nostro scopo è condividere questi insegnamenti.

Altro capitolo riguarda gli insegnamenti orientali. Qualcuno arriverà a pensare che quanto diremo riguarda più l'Oriente e le sue caratteristiche, piuttosto che l'Occidente. Ma non è così, e spero che diverrà chiaro man mano che approfondiremo gli argomenti; in primo luogo perché il nostro è la forma più profonda di Cristianesimo. Detto questo, come si dice: "patti chiari e amicizia lunga": dobbiamo chiarire subito alcune cose, alcune considerazioni di fondo, che mi auguro servano per capirci reciprocamente meglio.

La prima considerazione riguarda la sfera dei credo. Comunemente si usa dividersi fra chi afferma di “credere” e chi invece di "non credere".

Dovremo cercare di mettere l'accento sul fatto che chi dice “credo” non vuol dire "so"! Credo, proprio perché non so; se una cosa la so, non mi esprimo dicendo "credo". Ma lo stesso vale per chi dicesse "non credo". Neppure questi dice: "so", o: "so che non è così". In definitiva, dunque, ci dividiamo fra di noi dicendo la stessa cosa: "non so". Chi dice "credo" e chi dice "non credo", dice la stessa cosa.

Quale può essere allora la conseguenza più logica di questo ragionamento? Di chi descrive se stesso dicendo “non so”? Può essere una sola: "non so, perciò ricerco per arrivare a sapere". O almeno a saperne un po' di più di adesso. A meno che non si ritenga che non sia possibile saperne un po' di più. Effettivamente, è proprio su questa idea che si basano i "credo" e i “non credo” che noi vogliamo invece superare. Resta il fatto che lo spirito dell'uomo lo spinge ad indagare, ad allargare la sua sfera di conoscenza, e trincerarsi dietro ai "credo" o ai "non credo" non aiuta, in entrambi i casi. Dunque smettiamola, almeno qui, di dividerci in una cosa che invece ci unisce: la non conoscenza che ci fa aspirare ad una maggiore conoscenza: la ricerca.

Sospendiamo le idee preconcette, e buttiamoci nella ricerca. In questo modo dovremo trovare la sintonia che ci unisce. Certamente non arriveremo a risolvere ed annullare tutti i dubbi, ma altrettanto certamente ci incammineremo per una strada che darà soddisfazione alla nostra sete di risposte, alla nostra ricerca. Quella strada che ci ha portati qui oggi.

A questo punto si apre la seconda, altrettanto importante, considerazione, quella relativa alla fonte di questi insegnamenti. È evidente che dobbiamo riferirci ad una fonte esterna a noi stessi per ampliare la nostra conoscenza e il nostro orizzonte. L'operazione però che usualmente facciamo in questi casi, è quella di abbinare alla fonte "l'autorità". Ci troviamo allora davanti alla domanda: "Quale fonte è autorevole?". In questo modo finiamo col dare più importanza, a porre più l'accento, sulla autorità di chi ci propone degli insegnamenti, piuttosto che sugli insegnamenti stessi. Finiamo così col cadere nuovamente nella sfera dei "credo", della quale credevamo di esserci liberati. Ci mettiamo alla ricerca di una autorità "affidabile" piuttosto di insegnamenti convincenti.

La via d'uscita è distinguere fra la fonte e l'autorità: la fonte, è vero, è esterna a noi, ma l'autorità, cioè la decisione di dare valore ai suoi insegnamenti, di accoglierli e accettarli, di stabilirne la validità e la capacità che hanno di rispondere alle nostre domande, non dobbiamo delegarla a nessun altro che a noi stessi! Siamo noi ad esserci messi alla ricerca, perché abbiamo sete di nuove e diverse risposte? Ebbene, solo l'assetato può sapere, ed essere in grado di stabilire quando la sua sete sia stata soddisfatta o meno. Lasciamolo perciò stabilire a lui! Certamente, ci vuole un po' di fede all'inizio, perché se siamo guidati solo dai nostri giudizi precedenti, che si trasformano così in pregiudizi, non potremo ampliare la sfera delle nostre conoscenze e convinzioni. Ma la fede, si sa, "si presta", non si regala. Accogliamo questi insegnamenti con l'apertura mentale necessaria, riservandoci di stabilire, più tardi, una volta ben compresi, se avranno saputo o meno dissetarci. Riservando a noi stessi l'autorità di stabilire la validità di questa fonte.

A questo proposito, vi prego di non chiederci giudizi su questa o quella Chiesa o Associazione: proprio per rispetto alla libertà, autonomia (che è la nota-chiave del nostro insegnamento) e autorità dello studente, la nostra politica è quella di non giudicare nessuno, ma solo di presentare e proporre le nostre idee. Ciascuno si indirizzerà a quello che noi definiamo il Tribunale Interiore dell'individuo. Noi rispettiamo tutti coloro che sinceramente sono alla ricerca, e non pretendiamo di rappresentare la sola via verso la verità.

Credo sia così giunto il momento di cominciare ad affrontare più direttamente l'argomento che ci ha riuniti, di passare, per così dire, dal metodo al merito.

Vi sono due categorie di pensiero che comunemente si usano per affrontare questi temi, e l'una prevale sull'altra a seconda se scegliamo di dare la preferenza alla mente, al ragionamento, oppure di utilizzare l'aspetto fideistico, il “credo”, il cuore. Il primo caso possiamo farlo ricadere nella sfera della scienza, il secondo in quella della religione. Vediamo come esse affrontano le problematiche che ci interessano.

La religione, la Chiesa, si affida ai dogmi. Cioè a sentenze decise da altri, per le quali non vi è alcuna altra spiegazione che una fede imposta. Per definizione, i dogmi non fanno appello alla capacità critica del fedele, ma pretendono di essere accettati a scatola chiusa. Giustamente, molte persone non li accettano, considerando che la ragione è una delle funzioni di cui il Creatore ci ha dotati.

Allora l'uomo raziocinante, l'uomo pensante che chiede di conoscere i perché di quanto gli viene proposto, si affida alla scienza. La scienza ha per obiettivo la ricerca delle risposte ai perché, che si realizza nella scoperta delle “leggi della natura”. Il problema nasce dal fatto che ci indirizziamo ad essa a causa del rifiuto di dogmi insostenibili o inesplicati, come reazione alla dottrina della Chiesa. Nasce così una scienza che ha le sue basi nel rifiuto della religione, che diventa rifiuto della religiosità. Anche la scienza, tuttavia, ad un certo punto deve fare i conti con la realtà, e ad un certo punto la sua visione puramente materialistica deve arrendersi, e non può che assegnare al caso (cioè l'esatto opposto delle leggi che ne costituiscono, per così dire, la ragione sociale), la sua soluzione a determinati problemi. Soluzione che però il buon senso da solo basta a stabilire che non può definirsi propriamente tale. i dogmi da una parte, e il caso dall'altra, sono la riprova che entrambe le vie descritte non sono capaci di essere esaustive nella loro indagine. Non si può affrontare i problemi attraverso i dogmi, cioè con la negazione del problema, né attraverso il caso, cioè con la negazione della soluzione: bisogna mettere in relazione il problema con la sua soluzione, attraverso la logica. Ed è questa la strada che percorreremo.

La mancata soluzione non dipende dal fatto che queste problematiche non possano trovare risposte, ma dal fatto che si usano i metodi sbagliati per affrontarle. Noi diciamo che il fatto stesso di scoprire delle leggi di natura rivela l'esistenza di un disegno intelligente, di una Intelligenza, del "Legislatore", del "Logos". E le leggi fondamentali alle quali facciamo risalire tutte le spiegazioni “logiche” sono due:

- la Legge di Conseguenza, per la quale qualsiasi azione, a tutti i livelli, diventa una causa dalla quale derivano degli effetti;

- la Legge di Analogia, per la quale quello che è nel grande è anche nel piccolo, tutto trovando l'unica causa prima nel Logos.

Ultima breve considerazione, riguarda il termine “esoterismo”, presente nel tema di queste Conversazioni. Se guardiamo ai riti, alle cerimonie della Chiesa, vi possiamo trovare delle gestualità o delle tradizioni che la stessa ripete ormai da millenni, pur avendone perso traccia delle motivazioni di fondo. Ciò avviene perché queste cose nascondono un significato, non solo simbolico, ma spesso anche effettivo, risalente ad un insegnamento più profondo riservato nel tempo ad una cerchia più ristretta, il quale fino ad oggi è stato nascosto alle masse, sia fuori che dentro gli ambienti ecclesiastici. Questo insegnamento esoterico è stato celato per motivi evolutivi (che spero chiariremo più avanti), mentre ne è stata divulgata solo la parte superficiale, esteriore o “essoterica”.

Per comprendere bene l'insegnamento esoterico, che oggi si presenta sempre più apertamente grazie alla crescente maturità degli individui, dobbiamo tenere presenti almeno due presupposti come concetti di base:

1- Il concetto di “Io Superiore”, chiamato anche Sé, o Ego, a seconda delle scuole. Uno dei motivi, a mio modo di vedere, che affliggono, soprattutto interiormente, l'uomo moderno, è la scarsa, per non dire misera, considerazione che egli ha di sé. Egli si identifica col suo io personale, quello che è consapevole e cosciente, il quale è la causa dell'egoismo e dell'egocentrismo. Analizziamo un po' questa identificazione, che coincide con la parte visibile di sé, cioè con il corpo: l'uomo di oggi ritiene di solito che se gli venisse a mancare o a mutare il corpo, egli perderebbe l'idea di sé, la propria identità. Quando però andiamo ad esaminare cosa avviene a livello fisico nell'uomo, ci rendiamo conto che il corpo nel suo insieme è soggetto a continue modificazioni, nella sua dimensione cellulare e in quella atomica, per cui se basassimo la continuità di coscienza di noi stessi in esso, la perderemmo ben presto, cosa che non succede. Si potrebbe obiettare che detta continuità di coscienza non dipende tanto dall'aspetto fisico, quanto da quello psichico. A parte che questo già significherebbe che la psiche è altro dal corpo, cosa comunemente non accettata, ma anche il livello psichico è soggetto a continue modificazioni, tanto che spesso guardando una persona anziana e il suo comportamento, ci sembra impossibile che sia stata, un tempo, un bambino. Ci deve essere perciò qualcosa che "sta dietro" a quanto appare fisicamente e anche psichicamente, qualcosa che ha in sé quella continuità che ci consente di sentirci sempre noi stessi, a dispetto di tutte le modificazioni esteriori o superficiali. Questo qualcosa non è né nel fisico né nella psiche: è una parte imperitura che noi chiamiamo spirito, ed è l'Io Superiore che non conosce i limiti di potenzialità e di coscienza propri dell'io personale, anche se non ci è ancora consapevole. Arrivare ad identificarci con l'Io Superiore vuol dire superare l'idea misera che abbiamo di noi, e nel contempo a sentirci in armonia con tutto e con tutti, parte del Tutto, superando così anche l'egoismo, prodotto esclusivo dell'io personale, cieco della realtà di cui fa parte.

2- Il secondo concetto riguarda l'evoluzione. Figlia della scienza che abbiamo descritto come reazione ai dogmi, è l'idea evolutiva che generalmente abbiamo, ritenendo che le Scritture religiose e la Bibbia siano ad essa contraria. Fin dalla prossima volta vedremo che non è così, anzi, che solo considerandola nella lettura essa assume una veste coerente, ragionevole e logica. Ma guardiamo ora all'evoluzione come la scienza l'ha sviluppata. La prima ipotesi scientifica evoluzionista di un certo credito fu quella presentata da Lamàrck, scienziato francese, il quale affermava che lo sforzo di adattamento ambientale causa una modificazione fisica nei soggetti inseriti in un dato ambiente, la quale si trasmette agli eredi con un progressivo miglioramento del loro adattamento. Questa teoria subì un duro colpo quando Weismann teorizzò la distinzione fra cellule corporee (fenotipi) e cellule germinali (genotipi), affermando che solo queste ultime – non coinvolte nelle modificazioni dovute all'ambiente – si trasmettano agli eredi. A questo punto prese il sopravvento la teoria di Darwin, che sosteneva modifiche “casuali” delle cellule germinali, capaci di produrre esemplari diversi, fra i quali sopravviverebbero solo quelli più adatti all'ambiente circostante. Lamàrck sempre difese la validità della sua teoria, supportandola anche con esperimenti, ma il ricorso al caso sembrò una opzione migliore alla scienza, che rifiutò sempre di mettere in discussione la teoria di Darwin. Recentemente, in un'isola della Croazia, gli scienziati hanno notato come nel giro di pochi anni una specie di lucertola lì importata da un ambiente diverso si sia modificata, adattandosi al nuovo ambiente, in modo tale da trasformarsi da erbivora a carnivora; il tutto in un lasso di tempo inconcepibile se confrontato con quello necessario previsto dalla teoria darwiniana. In realtà, l'evoluzione fa parte integrante del piano della creazione, e non è perciò casuale, ma per esaminarla correttamente bisogna considerarla come una dinamica prevista, e non come un prodotto del caso, cioè a posteriori. La vita cela in sé un disegno spirituale, ma per poterlo cogliere (e quindi conoscerla veramente) bisogna considerare anche la sua finalità, cosa non immaginabile se restiamo attaccati ad una visione esclusivamente materiale dettata dal caso.

Che cosa vogliamo intendere con la parola Cristianesimo esoterico? Ricorriamo ad un'analogia per spiegarlo meglio: quando entriamo in un museo, in una pinacoteca, ci troviamo davanti ad una serie di tele affascinanti che richiamano la nostra attenzione, e sembra ci invitino alla scoperta di un messaggio, di un mistero che le riguarda. Ci rivolgiamo allora all'esperto, o alla guida, che inizia a spiegarci a quale epoca esse risalgono, con quale tecnica furono eseguite, ecc. ecc. Ma questo tipo di spiegazioni ci aiuta a comprenderle meglio? Non necessariamente: l'artista che le produsse usò la tecnica che la sua epoca consentiva e il linguaggio che era in grado di esprimere, e tanto più egli era grande nella sua arte, tanto più raffinata si può mostrare la sua arte, però certamente per lui tutto ciò rappresentava solo uno strumento, lo strumento che l'epoca e la tecnica gli consentivano, ma la sua finalità era un'altra, era quella di comunicarci qualcosa tramite quella tecnica. Ed è questo “qualcosa”, questo "fine" che dovremmo sforzarci sempre di scoprire, altrimenti sarebbe verso di lui una specie di tradimento da parte nostra attardarci e soffermarci solo sullo strumento e non sulla finalità. Qualcosa del genere facciamo quando, pensando al Cristianesimo e alla figura del Cristo, iniziamo a fare dotte disquisizioni teologiche sulla Sua storia, sulla Sua epoca, sui “fatti” che caratterizzarono la Sua vita sulla Terra. È storicamente dimostrabile la vita di Gesù? Fondò Egli ad un certo punto una Chiesa? La croce era fatta come l'iconografia classica e tradizionale ce la descrive? Rimase sempre celibe o si sposò ed ebbe dei figli? ecc. ecc. Anche se potessimo dare delle risposte certe a tutte queste domande, e ad altre simili, ci permetterebbe ciò di comprendere meglio il Suo messaggio, e farebbe ciò di noi dei veri, o migliori Cristiani? Non necessariamente: perderemmo anzi solo del tempo prezioso che potremmo utilizzare meglio per comprendere il Suo vero messaggio e per sforzarci di metterlo in pratica; cosa che era senz'altro lo scopo che Egli si prefiggeva. La Sua storia avrebbe potuto essere anche parzialmente o totalmente diversa, dipendendo dai fattori esterni nei quali si presentò, ma questo messaggio sarebbe comunque sempre stato certamente lo stesso, ed è esattamente questo il soggetto che ci interessa, e che qui cercheremo di scoprire ed approfondire. È stato ricordato come, nonostante fiumi di inchiostro si sono usati, e continuano ad usarsi, per scrivere su di Lui, Egli non abbia mai scritto neppure una parola: non entrò nella storia per restarvi, assieme a noi, prigioniero, ma per aiutare noi stessi a liberarci ed uscire a nostra volta da essa: "Vado a prepararvi un posto. Dove vado ora voi non potete seguirmi, ma lo farete in seguito". Dal punto di vista del Cristianesimo Interiore non è del tutto condivisibile l'atteggiamento di alcuni interpreti più o meno inseriti nella Chiesa, i quali per avvicinarsi ad una visione moderna, sia essa scientifica o sociologica, parlano malvolentieri della dimensione spirituale, e preferiscono porre l'accento sulla carnalità, la materia, la fisicità. Il loro scopo è quello di sfuggire ad una teologia tutta astratta, lontana dall'esperienza reale della gente, e in ciò sono nel vero, ma se ne consegue la rimozione di tutto quanto non è materiale cadono nell'eccesso opposto. L'uomo ha bisogno di rendere cosciente lo spirito, non di escluderlo. È assolutamente vero ed essenziale che per noi umani sono le azioni che compiamo “di qua” a farci evolvere verso l'"aldilà"; ma dobbiamo avere la prospettiva dell'aldilà, altrimenti il di qua da solo non giustifica nulla. Il di qua non è che un mezzo, essenziale finché vogliamo, ma non è il fine. Per scoprire questo fine dobbiamo elevarci sopra la dimensione terrena, non per abolirla o denigrarla, ma per poterle dare il grande valore che merita e riconoscerle la funzione che riveste.

Il termine Cristianesimo ha per noi il valore di un'idea, di un archetipo, al quale nel corso dell'evoluzione umana hanno fatto riferimento (magari chiamandolo con nomi diversi) quegli Spiriti che vedevano una ben definita necessità nell'uomo: quella di superare tutte le divisioni interne ed esterne attraverso l'Amore, grazie all'azione del Salvatore Cristo Gesù in collaborazione con l'azione cosciente dello Spirito dell'uomo, tese al raggiungimento della pace interiore e della fratellanza universale. Non sapremmo esprimere meglio questo concetto che riportando le parole della mistica cristiana Simone Weil: "Ogniqualvolta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Krshna, Buddha, il Tao, ecc., il figlio di Dio ha risposto inviandogli lo Spirito Santo. E lo Spirito ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizione religiosa, ma dandogli luce - e nel migliore dei casi la pienezza della luce - all'interno di tale tradizione".