I librettisti (superiori)
Nel Settecento si assiste allo sviluppo e alla diffusione di due generi letterari strettamente collegati con la musica: la canzonetta, cioè un breve componimento cantabile adatto a essere musicato, e il melodramma. Quest'ultimo, a opera di autori come Apostolo Zeno e Pietro Metastasio, si libera dagli orpelli tipici del Barocco e viene ridotto a una «schematicità razionale». I libretti scritti dagli autori di quest'epoca si caratterizzano per un'autonomia di valori e un'impronta di eroicità che puntano a elevare il melodramma al rango di tragedia musicale, in grado di trasporre gli ideali e i valori del teatro francese dell'epoca di Luigi XIV.[1] I particolare, nella produzione di libretti e canzonette dell'Arcadia «si espressero meglio certi atteggiamenti propri della società aristocratica del tempo e di quella borghese che le faceva da corona».[1]
La fortuna del melodramma fece sì che la lingua e la letteratura italiana fossero presenti in tutti i teatri d'Europa. Lo stesso genere del libretto si rivelò un modello tra i più resistenti nella storia della letteratura, tale da rimanere in auge fino all'Ottocento. I testi, riprendendo temi e narrazioni preesistenti e attingendo alla tradizione letteraria, dovevano adattarsi agli espedienti tecnici e teatrali dell'epoca, oltre a possedere caratteristiche ritmiche e foniche tali da rendere possibile la sovrapposizione di musica e canto. Anche il lessico, d'altronde, doveva essere facilmente comprensibile dal pubblico.[2]
Per quanto riguarda il metro, la struttura del libretto è suddivisa tra recitativi e arie: i primi sono composti in endecasillabi e settenari con rima libera o senza rima, e corrispondono alle parti di dialogo; le arie sono invece dedicate a situazioni liriche, e si compongono di strofe brevi e variamente rimate. La bravura e l'impegno di musicisti e cantanti era dedicata in particolare a queste ultime.[2]
Tra i principali autori di libretti si ricordano, oltre ai già citati Zeno e Metastasio: Lorenzo Da Ponte, autore di importanti libretti musicati da Mozart; Paolo Rolli; Ranieri de' Calzabigi, autore di libretti per Gluck; Giambattista Casti. Sempre nel Settecento si sviluppa il sottogenere dell'opera buffa che, giocosa sia nella musica sia nel testo, avrà grande fortuna nell'Ottocento (si pensi al Barbiere di Siviglia di Rossini). Il più importante autore di opere buffe fu Giovanni Battista Lorenzi (1719-1807), che scrisse Il Socrate immaginario.[3] Nel secolo successivo ebbero grande fama Eugène Scribe, che collaborò con Meyerbeer, Auber, Bellini, Donizetti, Rossini e Verdi. I francesi Henri Meilhac e Ludovic Halévy scrissero vari libretti per opera e operetta apprezzati da Offenbach, Massenet e Bizet. Arrigo Boito scrisse libretti per Giuseppe Verdi e Amilcare Ponchielli, e compose anche due opere per proprio conto. A cavallo tra Ottocento e Novecento è da ricordare la coppia composta da Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, che fornì a Giacomo Puccini i libretti di alcune tra le sue opere più famose.