I Parlamentari e il loro Status

Il Parlamentare è un soggetto membro di un parlamento o di un congresso. Tramite le sue funzioni, esercita il potere legislativo.

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I Parlamentari e il loro Status
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto parlamentare
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

In un sistema bicamerale, i parlamentari si dividono generalmente in deputati e senatori (con diverse denominazioni a seconda della storia nazionale).

Per estensione, si usa il termine anche per indicare quell'ambasciatore che nel corso di un conflitto è inviato presso l'avversario per concludere accordi o trattative di pace.

Il Numero dei Parlamentari

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Il principio di base su cui è stato determinato il numero dei parlamentari è la proporzione fra cittadini e parlamentari. Fra il 1948 e il 1963 il numero era mobile, mentre era fisso il rapporto con la popolazione: un deputato ogni 80.000 abitanti e un senatore ogni 200.000.

La legge costituzionale n. 2 del 1963 ha fissato il numero di parlamentari. La Camera dei deputati comprende 630 deputati eletti da tutti i cittadini che abbiano compiuto 18 anni, mentre sono eleggibili tutti i cittadini che abbiano compiuto almeno 25 anni. I senatori sono 315, sono eletti dai cittadini che abbiano compiuto almeno 25 anni, mentre sono eleggibili tutti i cittadini che abbiano compiuto almeno 40 anni (art. 56 e 57 della Costituzione). Il numero totale dei senatori in carica è dato dalla somma di quelli eletti e dei senatori a vita.

Questi dati possono essere confrontati con gli altri paesi europei, tenendo debito conto delle differenze strutturali dell'apparato politico e delle differenze di popolazione. Nel 2011, ad esempio, l'Italia risulta al secondo posto in Europa per quantità assoluta di parlamentari, superata solo dal Regno Unito, con 650 commoners della camera bassa e 827 lords della camera alta (molti dei quali lo sono per titolo o diritto). Tendenzialmente gli stati numericamente più piccoli hanno più rappresentanti in proporzione agli elettori. Nel 2011, l'Italia era al sest'ultimo posto con 1,6 parlamentari per 100.000 abitanti. Agli estremi, tra gli stati con più di un milione di abitanti, vi sono l'Estonia con 7,5 e la Germania con 0,8 parlamentari per 100.000 abitanti.

Nel 2011 la Commissione affari costituzionali del Senato ha cominciato l'esame di 6 disegni di legge costituzionale, proposti tra il 2008 e il 2011 che modificano gli articoli 56 e 57 della Costituzione, riducendo il numero di deputati e senatori. Le proposte di riduzione sono legate anche a valutazioni non positive sull'efficienza del sistema italiano, in termini di compensi, capacità di produrre leggi applicabili e in tempi ragionevoli, effettiva partecipazione alle attività camerali.

Lo Status Parlamentare

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La Costituzione descrive lo status parlamentare negli artt. 66, 67, 68 e 69.

L'art. 67 (cosiddetto divieto di mandato imperativo) dispone che «ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato», ossia riceve un mandato generale da parte del corpo elettorale, il quale non è suscettibile di iniziative di revoca né da parte dell'ambito territoriale (collegio) che l'ha eletto, né da parte del partito di affiliazione; mandato generale il cui rispetto non può essere sindacato in termini giuridici (così come invece avviene per il mandato previsto dal Codice civile), ma solo (eventualmente) in termini politici, nelle forme e nei modi previsti dalla Costituzione (quindi, principalmente, con le consultazioni elettorali).

Nell'art. 68 trovano espressione, invece, gli istituti dell'insindacabilità e dell'inviolabilità, laddove si prescrive, rispettivamente, che «i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni» e che «senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza».

Sia l'insindacabilità sia l'inviolabilità non rappresentano prerogative del singolo parlamentare, ma sistemi di tutela della libera esplicazione delle funzioni del Parlamento, contro indebite ingerenze da parte della magistratura (ma costituiscono anche il portato del talora minaccioso passato in cui la magistratura non costituiva un autonomo potere, ma era sottoposta al governo).

Per ciò che, in particolare, concerne l'insindacabilità, essa consiste nell'irresponsabilità penale, civile, amministrativa e disciplinare per le opinioni espresse dai membri delle Camere nell'esercizio delle loro funzioni. Particolarmente controversa è l'interpretazione concernente questa disposizione: quando un'opinione è espressa nell'esercizio delle funzioni parlamentari? Il contenzioso costituzionale al riguardo ha dato modo alla Corte costituzionale di precisare la distinzione tra attività politica e attività istituzionale del parlamentare e, anche con riguardo a quest'ultima, tra attività insindacabile e attività sindacabile in quanto lesiva di altri principi o diritti costituzionali (e in particolare dell'onore come espressione della pari dignità umana).

L'inviolabilità, invece, rappresenta il residuo derivante dalla riforma operata con legge costituzionale n. 3 del 1993, che ha cancellato il precedente istituto dell'autorizzazione a procedere nel caso di condanna con sentenza definitiva.

Infine, a norma dell'art. 69, «i membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge»: ribaltando l'opposto principio enunciato dallo Statuto albertino, si afferma la necessità (e irrinunciabilità) dell'indennità, da intendersi strettamente collegata con l'art. 3 (principio di eguaglianza) e con il sopra richiamato art. 67 (divieto di mandato imperativo).