Gorgia (superiori)
Altro celebre sofista fu Gorgia (c. 483 - c. 376 a.C.), che secondo le fonti fu allievo di Empedocle.[1] Nato a Leontini (l'odierna Lentini) in Sicilia, lasciò la Magna Grecia per svolgere l'attività di insegnante e oratore. Ebbe vari allievi, tra cui Isocrate e Alcidamante. Fu tra i sofisti più ricercati e meglio pagati (per le sue lezioni chiedeva 100 mine d'oro), e morì ultracentenario.
Nel suo trattato Sul non essere o sulla natura, Gorgia attacca l'eleatismo sostenendo che
- Niente esiste
- Anche se qualcosa esistesse, sarebbe inconoscibile
- Anche se fosse conoscibile, sarebbe incomunicabile
Le tre tesi sciolgono l'identità parmenidea di verità, pensiero e linguaggio, negando dapprima l'essere come riferimento del discorso, quindi la capacità di conoscere la realtà e infine la possibilità di comunicare la verità. Per Gorgia, il linguaggio è svincolato dalla realtà, e può essere utilizzato solo per demolire le tesi e i discorsi altrui (attraverso l'uso della dialettica eleatica) oppure per creare persuasione per mezzo della retorica.[2]
Al tema della persuasione viene dedicata un'altra sua celebre opera, l'Encomio di Elena, nella quale il sofista difende l'eroina omerica dall'accusa di essere una fedifraga, sostenendo che è stata vittima di una forza a lei superiore, la Necessità. La sua sorte può essere stata stabilita dagli dèi, oppure può aver subito violenza, oppure può essere stata persuasa da Paride, oppure ancora può essere stata colpita da passione amorosa: Elena è in ogni caso innocente, e la sua può al massimo essere considerata una sventura. La terza possibilità, in particolare, concentra l'attenzione sul potere del logos, che Gorgia descrive come un «potente signore» in grado di plasmare l'anima di chi ascolta, generando sensazioni di piacere e dolore. La parola non comunica la verità, che in sé è sfuggente, ma facendo leva sui sentimenti agisce sulle anime orientandole tra le varie interpretazioni della realtà. La verità è quindi un effetto del linguaggio e del discorso efficace, quello capace di indurre a credere a qualcosa attraverso le argomentazioni logiche e il valore evocativo delle parole.[3]