Elettrocardiogramma

Andiamo a spiegare in modo semplice, cos'è un elettrocardiogramma e come lo si ottiene. La lezione si svilupperà attraverso la presentazione di argomenti che ci condurranno dalla spiegazione dell'esame sino all'interpretazione delle più comuni anomalie.

Attenzione: le informazioni riportate non sono state necessariamente scritte da professionisti, potrebbero essere quindi incomplete, inaccurate o errate. Usa queste informazioni a tuo rischio e ricorda che i contenuti hanno solo fine illustrativo, non sostituiscono il parere medico e non garantiscono una corretta formazione professionale. Leggi le avvertenze.

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Elettrocardiogramma
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Cardiologia
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

Generalità

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La superficie del corpo umano, ma anche animale, sviluppa piccole correnti elettriche, che nell'individuo a riposo si identificano nelle continue depolarizzazioni e ripolarizzazioni del cuore. Le piccole correnti vengono registrate attraverso un elettrocardiografo, un apparecchio che fu modificato e migliorato da Einthoven e Marey e che fondamentalmente è un galvanometro a corda.

 
L'elettrocardiografo di Willem Einthoven

Le variazioni elettriche producono una deflessione[1] di un "meccanismo scrivente", permettendo la conversione di energia elettrica in energia meccanica.[2] L'energia elettrica deve essere amplificata in modo ottimale, questo è indispensabile se vogliamo registrare un segnale leggibile.

 
Schema di un elettrocardiogramma

Le deflessioni vengono impresse su carta termosensibile, che si muove a velocità costante a contatto con il sistema che riporta (disegna) sulla carta le onde registrate in funzione del tempo: l'elettrocardiografo.[3] Contemporaneamente alla oscillazione verticale delle linee prodotte dalle variazioni di potenziale, la carta scorre verso sinistra (fuoriuscendo dall'apparecchio di registrazione).[1] Questa sincronizzazione permette di riportare il movimento verticale su un piano orizzontale, registrando le oscillazioni in rapporto alla loro durata nel tempo: quello che viene registrato e scritto è l'elettrocardiogramma o ECG. Nella lezione sulla fisiologia del cuore e in quella sulla semeiotica abbiamo trattato in modo conciso questo stesso argomento.

Ogni deflessione, che andremo a chiamare onda, rappresenta la somma di tutti i potenziali d'azione di tutte le cellule cardiache, che già definemmo come un sincizio, in ogni particolare momento. Poiché le cellule miocardiche non sono soggette a una depolarizzazione e ripolarizzazione simultanea, l'aspetto dell'ECG ha una forma composita, assolutamente dissimile dalle registrazioni di una cellula o da un piccolo gruppo di cellule muscolari.[2] La direzione delle onde è determinata dallo stato elettrico presente negli elettrodi posizionati in diverse parti del corpo, sulla sua superficie: uno spostamento verso l'alto è definito positivo, uno verso il basso negativo[1] L'escursione verticale o ampiezza, sarà tanto maggiore quanto più grande è il potenziale elettrico, quindi l'ampiezza verticale rappresenta l'intensità del potenziale elettrico presente tra gli elettrodi, istante per istante. Le misurazioni orizzontali forniscono il fattore tempo durante il quale l'evento si verifica e gli eventi, co-sequenziali, vanno letti da sinistra a destra.[4]

Carta utilizzata per la registrazione ecg

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Le misure in millimetri della carta
 
Le misure sul piano cartesiano: in ordinata il voltaggio, in ascissa il tempo

La carta elettrocardiografica convenzionale ha una quadrettatura di dimensioni standard: le linee orizzontali e verticali sono esattamente a 1 mm di distanza; come riferimento visivo, ogni 5 linee orizzontali e verticali, se ne riporta una più marcata. Come riportato in didascalia dell'immagine a destra, l'asse orizzontale, leggendo da sinistra a destra, rappresenta il tempo. La velocità standard della carta è di 25 mm/s, ogni millimetro rappresenta 0,04 secondi. L'asse verticale corrisponde all'ampiezza delle varie onde elettrocardiografiche.[5]

Determinazione della frequenza cardiaca

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La frequenza può essere misurata in diversi modi, utilizzando sempre l'elettrocardiogramma. Tutti i metodi però presuppongono che la velocità della carta sia di 25 mm/s (velocità standard):[6]

  1. Metodo del regolo:
    Regolo a un battito: si basa sull'utilizzo di un punto di repere sulla carta (in genere il QRS), lo si segna e si va al punto/QRS successivo[7], tenendo conto che la carta scorre a 25 mm/s e che ogni quadratino rappresenta 0,04 s e il quadrato marcato 0,2 s, possiamo impostare la formula (60 s ÷ 0,2 sec = 300 batt/min)
    Regolo a tre battiti: si basa sullo stesso principio del precedente, ma qui vengono contati tre battiti e la misurazione risulta più corretta (tutti i regoli in uso, utilizzano questo secondo sistema)
  2. Metodo della quadrettatura: possiamo utilizzare la quadrettatura per calcolare la frequenza. Prendendo sempre come punto di riferimento il QRS, facilmente si può arrivare a determinare la frequenza: se i QRS distano due linee più marcate (0,4 s), imposteremo (60 s ÷ 0,4 s = 150 batt/min), se fossero tre diventerà (60 s ÷ 0,6 s = 100 batt/min) e così via.[6]

Potenziale d'azione

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  Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Sistema elettrico del cuore ed elettrofisiologia 2#Comportamento delle fibre muscolari atriali e ventricolari, potenziale d'azione.

L'ECG documenta gli effetti elettrici che si determinano nel cuore durante le varie fasi dell'attività cardiaca. Ciò è dovuto alla differenza di potenziale che genera un campo elettrico mutevole. Per effetto di qualsiasi stimolazione elettrica o meccanica il potenziale elettrico si modifica rapidamente descrivendo una curva caratteristica. L'ampiezza del potenziale d'azione è di circa 105 mV, il che porta ad avere un picco (spike) del potenziale di circa 20 mV, che è maggiore rispetto alle altre cellule muscolari, poiché deve essere in grado di far rendere al massimo la pompa cardiaca. Questo fenomeno coincide con le modificazioni elettrolitiche all'interno ed all'esterno del miocita, dovute al flusso in senso opposto degli ioni K+(intracellulare), Na+ e Ca++ (extracellulare).

Componenti del ciclo cardiaco

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È importante ricordare che il segnapassi dominante si trova in un insieme di cellule collocate nell'atrio destro, fra gli sbocchi delle vene cave inferiore e superiore (vedi la lezione Conformazione interna del cuore). Queste cellule, che hanno perso la capacità di contrarsi per specializzarsi nella capacità della formazione dell'impulso elettrico o automatismo, sono note come nodo del seno (vedi anche Sistema elettrico del cuore).[8] Ora visioniamo il ciclo cardiaco correlato all'elettrocardiogramma: tale diagramma evidenzia in modo semplice la correlazione fra attività elettrica e contrazione del miocardio.

 
L'onda P (2), il intervallo PR (3), il complesso QRS (4), intervallo QT (5), l'onda T (6) e il ritorno all'isoelettrica (1) della traccia ECG sono correlati agli eventi elettrici e meccanici della contrazione cardiaca. Ogni segmento corrisponde a un evento del ciclo cardiaco. I singoli componenti del tracciato elettrocardiografico sono evidenziati e corrispondono agli eventi elettrici, dimostrando la relazione fra questi e la contrazione del muscolo cardiaco.

L'Ecg è composto da onde positive (P, R, T) e negative (Q, S), la positività o negatività è riferita all'isoelettrica, che è la linea di base dell'ECG. L'isoelettrica è molto importante, specie per il segmento ST, che può considerarsi nella norma solo se non supera 1 mm, sia in alto che in basso, relativamente a essa.[1] Quando l'impulso lascia il nodo del seno produce la depolarizzazione delle miofibrille vicine, che si contraggono, e continua a propagarsi in senso radiale (come si può vedere nell'immagine del ciclo cardiaco), attraversando come un'onda la cupola atriale.[8] Ora descriviamo le diverse componenti dell'elettrocardiogramma:

  1. Onda P : è la prima onda che si genera nel ciclo, e corrisponde alla depolarizzazione degli atri.[9][1] La sua formazione è determinata da entrambi gli atri e più precisamente, quando il fronte d'onda ha investito anche l'atrio sinistro.[8]
  2. Intervallo PR (detto anche "intervallo PQ"): è l'intervallo che si viene a creare nel passaggio dell'impulso elettrico dal nodo del seno, passando per gli atri, sino al nodo atrioventricolare.[9][1] Questo è possibile in quanto la registrazione ecg rappresenta, in ogni momento, la sommazione di tutte le forze elettriche che si presentano nel cuore in quel dato periodo: quindi ogni punto del tracciato ecgrafico riflette un'attività composta, generata da tutte le miocellule attive in ogni istante.[8] Da quanto appena detto, è chiaro che l'ECG non rappresenta la contrazione meccanica del cuore, infatti la contrazione si ha immediatamente dopo la depolarizzazione, che è quella che viene registrata.[8] Da questo punto in poi l'impulso elettrico «corre» attraverso un tratto compatto di fibre conduttrici, conosciute come fascio comune o fascio di His, che si divide in una branca destra e in una branca sinistra. Subito dopo si collega alle fibre di Purkinje, che si distribuiscono nelle profondità del setto ventricolare e ai muscoli papillari.[8]
  3. Complesso QRS: si tratta di un insieme di tre onde che si susseguono l'una all'altra, e corrisponde alla depolarizzazione dei ventricoli. "L'onda Q" è negativa e di piccole dimensioni, e corrisponde alla depolarizzazione del setto interventricolare; "la R" è positiva, e corrisponde alla depolarizzazione del ventricolo sinistro; "la S" è un'onda negativa anch'essa di piccole dimensioni, e corrisponde alla depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro;[9][1][8]
  4. Tratto ST: rappresenta il periodo in cui le cellule ventricolari sono tutte depolarizzate e corrisponde al tempo di inattività del ventricolo sinistro;[9][1][8]
  5. Onda T: rappresenta la ripolarizzazione dei ventricoli, praticamente il ripristino del potenziale elettrico;[9][1][8]
  6. Intervallo QT: rappresenta la sistole elettrica, cioè il tempo in cui avviene la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare;[9][1][8]
  7. Onda U : è un'onda non sempre visibile, dovuta alla ripolarizzazione delle cellule del Purkinje.[9][1][8]

Elettrocardiogramma standard

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Per poter registrare i potenziali, si poggiano sul corpo 10 elettrodi: 4 periferici (polsi e caviglie) e 6 precordiali.

 
Esempio delle derivazioni di Wilson, precordiali. Tali derivazioni sono utili per avere una maggior definizione dell'attività cardiaca e per fare ciò, è necessario avere degli elettrodi che siano abbastanza vicini al cuore. Le altre derivazioni, unipolari e bipolari, si trovano infatti lontane dal muscolo cardiaco.
 
Il triangolo di Einthoven con le derivazioni periferiche. Nelle derivazioni bipolari (DI, DII, DIII), l'elettrodo negativo è sempre posto sul braccio destro. Nelle derivazioni unipolari (aVR, aVL, aVF), l'elettrodo negativo, o meglio indifferente, è posto sulla gamba destra.

L'ECG standard è composto da 12 derivazioni, ciascuna delle quali registra i potenziali tra un gruppo di elettrodi posti in diversi punti del corpo del soggetto. In ogni derivazione, come abbiamo già detto, si registrano gli stessi eventi, presi da diversi punti di vista elettrici.[10][11] In tutte le derivazioni l'arto inferiore destro viene utilizzato come messa a terra, per ridurre le interferenze elettriche da altri sorgenti. Se ci poniamo attenzione, le differenti derivazioni sono utilizzate come una serie di fotografie, riprese da angolazioni diverse rispetto al soggetto: quindi il soggetto non cambia, ma cambiano le inquadrature. In definitiva, poiché non possiamo visualizzare direttamente l'attività cardiaca (ce lo permette solo l'ecocardiogramma), le diverse derivazioni ci danno una visione completa della sequenza di attivazione del cuore.[10].

 
Le 12 derivazioni standard. La lettura dell'Ecg si basa su tutte e 12 le derivazioni, che ci possono fornire molte informazioni riguardanti le alterazioni della depolarizzazione e della ripolarizzazione, come uno slargamento delle cavità o un danno acuto del miocardio.

È normale che nella maggior parte delle derivazioni l'attivazione elettrica degli atri e dei ventricoli si diriga verso l'elettrodo positivo, l'eccezione si ha in genere nella derivazione aVR in cui la sequenza di attivazione si allontana dall'elettrodo positivo posto sul braccio destro (infatti l'onda P, QRS e T sono generalmente negative in questa derivazione). Lo stesso discorso vale anche per le precordiali: se consideriamo il V1, le P e le T saranno positive, infatti la depolarizzazione atriale e ventricolare si dirigono verso l'elettrodo, mentre il complesso QRS è prevalentemente negativo, in quanto le grandi forze della depolarizzazione arrivano dalla massa piuttosto grande del ventricolo sinistro, e quindi il fronte d'onda si dirige verso sinistra e posteriormente, lontano dall'elettrodo in questione. Le derivazioni sono così nominate:

  • Derivazioni bipolari degli arti: DI, DII, DIII;[11]
  • Derivazioni unipolari degli arti: aVR, aVL, aVF;[11]
  • Derivazioni precordiali: V1, V2, V3, V4, V5, V6.[11]

Esempi di elettrocardiogrammi

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Attenzione: per facilitare la ricerca nel PDF dell'Elettrocardiogramma, vengono citati i numeri delle diapositive nelle singole note.

  1. 1,00 1,01 1,02 1,03 1,04 1,05 1,06 1,07 1,08 1,09 1,10 IPASVI Enna, L'Elettrocardiogramma (PDF), ipasvienna.it, pp. 12-16.
  2. 2,0 2,1 Phillips-Feeney, pp. 18-20
  3. IPASVI Enna, L'Elettrocardiogramma (PDF), ipasvienna.it, pp. 72-83.
  4. IPASVI Enna, L'Elettrocardiogramma (PDF), ipasvienna.it, pp. 27-28.
  5. IPASVI Enna, L'Elettrocardiogramma (PDF), ipasvienna.it, pp. 29-32.
  6. 6,0 6,1 Phillips-Feeney, pp. 35-39
  7. IPASVI Enna, L'Elettrocardiogramma (PDF), ipasvienna.it, pp. 31-32.
  8. 8,00 8,01 8,02 8,03 8,04 8,05 8,06 8,07 8,08 8,09 8,10 Phillips-Feeney, pp. 20-33
  9. 9,0 9,1 9,2 9,3 9,4 9,5 9,6 Fiocca, pp. 256-257
  10. 10,0 10,1 Phillips-Feeney, pp. 39-45
  11. 11,0 11,1 11,2 11,3 IPASVI Enna, L'Elettrocardiogramma (PDF), ipasvienna.it, pp. 37-42.
  12. 12,00 12,01 12,02 12,03 12,04 12,05 12,06 12,07 12,08 12,09 IPASVI Enna, L'Elettrocardiogramma (PDF), ipasvienna.it, pp. 60-71.

Bibliografia

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  • R.E. Phillips, M.K. Feeney, I ritmi cardiaci - Guida sistematica all'interpretazione, a cura di E. Papini, Z. Rossi, 2ª ed., Roma, Verduci Editore, 1983, ISBN 978-88-7620-007-6.
  • Silvio Fiocca et al., Fondamenti di anatomia e fisiologia umana, 2ª ed., Napoli, Sorbona, 2000, pp. 189-277, ISBN 88-7150-024-5.