Circolazione fetale
Nel feto la circolazione è leggermente differente da quella dell'adulto. Il feto non mangia, non beve e non respira, perché è immerso nel liquido amniotico che non contiene ossigeno né sostanze nutritizie, pertanto non ha bisogno del circolo portale e neppure del circolo polmonare. Ha però bisogno di sostanze nutritizie e d'ossigeno: questi provengono dalla madre mediante la placenta. Il sangue della madre entra nella placenta dove cede i nutrienti al feto per pressione idrostatica (lo stesso principio che lo fa cedere ai tessuti) che vengono riversati in una vena fetale, la vena ombelicale.
L'ossigeno viene trasportato dai globuli rossi della madre, ai globuli rossi del feto (che contengono emoglobina più affine all'ossigeno). Questa vena risale il cordone ombelicale e raggiunge il feto immettendosi nella vena porta. Nell'adulto, la vena porta entra nel fegato per permettere a quest'ultimo di modificare il sangue, quindi, immetterlo nella vena epatica che sbocca nella cava inferiore. Nel feto, il fegato è pronto a funzionare, ma non è necessario che processi il sangue perché lo ha già fatto la madre, quindi, per saltare questa tappa, esiste un dotto: il dotto venoso di Aranzio, che collega la vena porta alla vena cava inferiore. Il sangue arterioso della madre entra nella vena cava inferiore e si mischia al sangue venoso proveniente dagli organi sotto-diaframmatici; si forma quindi un sangue "artero-venoso" che raggiunge il cuore (atrio destro).
Per evitare che il sangue già misto 1:1, diventi 1:3 (arterioso:venoso), perché si immettono nel cuore la vena cava superiore ed il seno coronario, esiste un foro (foro ovale di Botallo) che permette a gran parte del sangue artero-venoso 1:1 di passare direttamente nell'atrio sinistro del cuore ed andare nel circolo sistemico senza essere diluito ulteriormente dal sangue refluo dall'encefalo (che è il più povero di sostanze di tutti). Parte del sangue misto 1:1 scende nel ventricolo destro e si mescola a tutto il resto del sangue e viene spinto nell'arteria polmonare. Nell'adulto, i polmoni scambiano l'anidride carbonica del sangue con l'ossigeno, ma il bimbo non può (anche perché i polmoni sono solo al 40% di sviluppo) e quindi la gran parte del sangue contenuto nell'arteria polmonare è dirottato, tramite il dotto arterioso di Botallo, direttamente nell'aorta; per preservare la migliore qualità del sangue per l'encefalo, il sangue dell'arteria polmonare viene immesso nell'aorta discendente, in modo che non "inquini" il sangue per l'encefalo. Naturalmente, una piccola parte del sangue va ai polmoni mediante le arterie polmonari, ma non subisce cambiamenti e ritorna tal quale, mediante le 4 vene polmonari. Il sangue immesso nell'aorta discendente (più refluo che nutriente) nutre tutti i distretti corporei eccetto collo, cranio e arti superiori.
Ogni arteria iliaca interna genera un'arteria (arteria ombelicale), che risale il cordone ombelicale, attorcigliandosi intorno alla vena ombelicale, raggiunge la placenta dove il sangue recupera ossigeno e nutrienti al sangue materno e vi cede anidride carbonica e scorie. Alcune scorie sono espulse dai reni mediante l'urina, che viene versata direttamente nell'amnios, che è sottoposto a ricambi continui.
Al momento della nascita si verificano modificazioni fondamentali. La legatura del cordone ombelicale e la conseguente obliterazione della vena ombelicale generano un crollo della pressione nell'atrio destro, che si porta quindi a valori simili a quelli dell'atrio sinistro. Ciò innesca la chiusura del foro ovale mediante adesione e fusione del septum primum e secundum a formare la fossa ovale. La totale obliterazione del foro avviene in tempi variabili da pochi giorni a mesi; tuttavia, esistono casi non patologici in cui si mantiene una modestissima pervietà per tutta la vita. La chiusura del dotto venoso di Aranzio avviene mediante un meccanismo, non del tutto noto, che permette la circolazione epatica completa. Il dotto viene sostituito dal legamento venoso. L'evento principale è la chiusura del dotto arterioso di Botallo.
A seguito della respirazione autonoma, le resistenze vascolari polmonari crollano (a causa dell'espansione dei polmoni e della grande quantità di sangue in essi richiamata) determinando una transitoria inversione del flusso sanguigno attraverso il dotto arterioso: dall'aorta all'arteria polmonare. La chiusura avviene per costrizione delle sue pareti, sensibili all'ossigeno (stimolo primario), alla bradichinina (prodotta dai polmoni stessi) e alla diminuzione delle prostaglandine di origine materna, in circa 12-36 ore. La completa obliterazione e sostituzione con tessuto fibroso (legamento arterioso) avviene in tempi più lunghi, anche diverse settimane.
L'eventuale mancata chiusura, nota come dritto arterioso pervio (o PDA), può causare nel tempo e senza adeguato trattamento chirurgico, uno shunt sinistro-destro che è alla base della sindrome di Eisenmenger e del successivo scompenso cardiaco destro irreversibile da ipertensione polmonare.