Biologia teoretica

Il tema dell'autonomia della biologia costituisce il problema di fondo della biologia teorica. È un problema nel problema, considerato il fatto che la stessa biologia teorica è una scienza relativamente nuova, che non risponde ad una definizione univoca; può essere degno di nota il fatto che, a oggi, non esiste una disciplina accademica con questo nome, almeno in Italia.

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Biologia teoretica
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Genetica

Dalle teorie biologiche alla biologia teorica

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La biologia teorica non ha una precisa identità e viene intesa o semplicemente come il supporto non sperimentale della biologia (biomatematica, bioinformatica, statistica...) o come quella parte della biologia che si occupa degli aspetti teorici e che conduce alla costruzione delle teorie biologiche, o meta-teorici che concernono l'aspetto propriamente metodologico relativo ad esse, agli strumenti d'indagine più efficaci, o al tipo di linguaggio formale che sia più idoneo a concettualizzarle.

Per arrivare a comprendere quale sia la reale identità della biologia teorica operiamo una suddivisione all'interno dell'ambito d'azione delle scienze biologiche distinguendo:

  • Biologia sperimentale: l'ambito in cui si raccolgono ed accumulano dati biologici con osservazioni e esperimenti.
  • Biologia operazionale: tutti i supporti non sperimentali della biologia (statistica, biomatematica, modellistica etc.).
  • Biologia teorica: si occupa della progettazione dei programmi di ricerca in biologia e delle modalità che possano consentire un confronto critico fra posizioni differenti.

La presenza di un pluralismo teorico richiede, infatti, un lavoro metateorico che permetta il confronto e la convivenza di teorie eterogenee. Altro compito è quello di affrontare il problema dell'allestimento di un linguaggio formale autonomo per la biologia che permetta di collegare i risultati di osservazioni ed esperimenti con le teorie ed i programmi di ricerca. [5]

La biologia teorica non ha un chiaro statuto epistemologico o forse ne ha troppi, sotto questo nome sono rintracciabili teorie diverse e spesso in evidente disaccordo. Il problema del pluralismo delle teorie biologiche sicuramente è collegato al fatto che la Biologia è, per eccellenza, la scienza della complessità, ed è quindi comprensibile come al suo interno possono coesistere differenti approcci teorici a gli stessi problemi. Se il pluralismo delle teorie è giustificabile, ben altra cosa accade quando ci troviamo di fronte alla questione di come gestire questa pluralità [4, 89-99]. Il rischio è di avere una biologia teorica differente, per definizione e metodo, per ogni teoria biologica. La causa di tale anomalia può essere rintracciabile nel fatto che essa rimane "intrappolata" nei programmi di ricerca della Biologia stessa.

La biologia teorica per essere veramente tale è indispensabile che si collochi, esplicitamente, su un piano diverso da quello della biologia operazionale e quindi dell'indagine sperimentale, pena l'impossibilità di riuscire ad operare una sintesi sui dati raccolti, sintesi indispensabile per poter poi arrivare ad una rielaborazione in gradi di costituire terreno fertile per ulteriori indagini.

Per quanto bizzarra possa apparire questa opinione non è affatto difficile mostrarne la fondatezza, basta analizzare l'odierno dibattito in biologia teorica per rendersi conto di come ogni posizione abbia una propria "biologia teorica" giusto coronamento delle proprie piste di indagine, in cui è possibile rintracciare una peculiare definizione di oggetto biologico ed in base ad essa è formulabile la risposta all'interrogativo che fa da titolo a questo contributo.

Prima di procedere, per evitare fraintendimenti, riteniamo opportuna una precisazione relativa al nostro realismo epistemologico: esiste una realtà indipendente dall'osservatore ed è conoscibile. L'acquisizione della conoscenza è progressiva e certamente condizionata dal nostro metodo di ricerca che, in quanto perfettibile e parziale, riesce a cogliere l'oggetto in modo prospettico. Prendendo a prestito la metafora di Arthur Eddington [3 p.16] dell'ittiologo che pesca nell'oceano con una rete dalle maglie di tre centimetri e che, alla fine delle sue ricerche, concluderà che in mare non esistono animali di dimensioni inferiori ai tre centimetri, possiamo affermare che oggi per la biologia teorica è forte questo rischio e può essere evitato soltanto se le diverse posizioni, mettendo da parte un po' dell'eccessivo orgoglio, arriveranno a confrontare il risultato della propria "pesca" con quello di chi ha utilizzato strumenti diversi.

Solo in questo modo è possibile avere una conoscenza più piena dell'oggetto indagato. Allora il compito della biologia teorica, una volta scesa dalle barche e posizionatasi in territorio neutrale (con questo non si vuole assolutamente affermare che i filosofi della biologia non possano essere gli stessi biologi) da dove avrà la possibilità di osservare e giudicare i diversi strumenti, di valutare le diverse conclusioni, è di poter elaborare una sintesi capace di cogliere la complessità del vivente. Oppure, là dove la sintesi sembra non percorribile, proporre strumenti epistemologici che permettano di maneggiare il pluralismo strutturale.

L'odierno dibattito teorico in biologia

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I ridotti spazi concessi a questo contributo non permettono un esame esaustivo di questa tematica, ci limiteremo, quindi, ad esporre il nucleo delle diverse posizioni, evitando di citare esplicitamente i protagonisti per non fare torto a nessuno, rimandando il lettore direttamente ai testi citati nella bibliografia, sufficientemente aggiornata, ordinata per aree tematiche.

Il meccanicismo e riduzionismo biologico

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Alla base di questa teoria è la convinzione che è possibile comprendere e spiegare l'oggetto biologico servendosi del tipo di conoscenze proprio delle scienze inorganiche, le hard sciences: fisica e chimica.

Francis Crick uno dei più importanti rappresentanti di questa teoria nonché padre della Biologia molecolare, afferma che lo scopo ultimo della Biologia moderna sia quello di spiegare l'intera biologia con l'ausilio della fisica e della chimica.

Così come ribadito, anche recentemente, da Edoardo Boncinelli le entità biologiche (molecole, cellule, organismi viventi) non sono altro che entità fisiche che interagiscono secondo le leggi della chimica e della fisica [17]. È possibile, anzi auspicabile, studiare l'oggetto biologico scomponendolo in parti più semplici, anche se ci si trova di fronte a qualcosa che sembra eludere gli strumenti di indagine, o permane qualche dubbio sulla diversità fra gli oggetti delle hard sciences e quelli della Biologia, questo accade semplicemente perché è necessario ancora un po' di tempo per rendere queste difficoltà sempre meno rilevanti. In fondo il termine "diversità" non è altro che il nome che noi diamo alla nostra ignoranza.

Il meccanicismo biologico non fornisce una teoria precisa e coerente dei fenomeni viventi, ma è identificabile prevalentemente con un metodo di indagine che ha acquisito larghi consensi dalla metà dello scorso secolo con la riscoperta delle leggi di Mendel e i rilevanti successi che hanno portato alla scoperta dei geni e alla loro interpretazione, la decifrazione del genoma, l'ingegneria genetica, la clonazione, le biotecnologie.

Ma nonostante questi rilevati successi il riuduzionismo non riesce a dar ragione della complessità del vivente. Già lo stesso DNA è un oggetto da maneggiare con attenzione, sicuramente ha un'identità chimica rivelata dalla sequenza di basi, è sottoposto alle leggi fisiche della termodinamica, è soggetto a cambiamenti nel tempo pur restando sostanzialmente identico a sé stesso.

«Il DNA non è solo formato da geni che servono per la struttura dell'organismo ma anche da numerose famiglie geniche, poco o molto o moltissimo ripetute che hanno la funzione di permettere ai geni strutturali di svolgere la loro funzione all'interno di un piccolo spazio ristretto qual è il nucleo cellulare. Per capire il DNA non basta quindi isolare i vari geni, ma bisogna andare a vedere come funzionano all'interno e in relazione della struttura più ampia che li accoglie: il nucleo e poi la cellula... Infine, e non è cosa di poco conto, il DNA può rispondere anche in maniera diretta alle sollecitazioni ambientali con la metilazione, l'imprinting genomico, l'amplificazione. Non solo quindi il DNA deve essere compreso in relazione al nucleo e alla cellula in cui svolge la sua funzione, ma anche in relazione diretta con l'ambiente.»

([4].)

Il riduzionismo biologico sicuramente fornisce utili strumenti di lettura del fenomeno biologico e di fatto continua ad essere uno strumento metodologico di ricerca per la quasi totalità dei biologi, ma è la sua strategia d'azione che si rivela estremamente problematica a causa della enorme differenza che esiste fra la conoscenza delle reazioni biochimiche di base e la comprensione del comportamento globale di un oggetto biologico.

«Anche considerando che la genetica gioca un ruolo direzionale nella ricerca biologica, la biologia è molto, molto di più di questa teoria»

([13, 265])

Ulteriore complicazione deriva dal fatto che i sistemi biologici attuali hanno alle spalle una selezione naturale durata miliardi di anni che ha condotto una accurata selezione dei componenti dei viventi per garantirne un funzionamento ottimale. Non è quindi chiaramente comprensibile come sia possibile indagarli con gli strumenti probabilistici della meccanica statistica considerato che i loro elementi costitutivi non possono essere considerati scelti a caso.

Il concetto stesso di selezione naturale, rintracciabile all'interno di questa teoria biologica fornisce un ottimo esempio di riduzionismo e permette anche una sua modellizzazione nella quale la popolazione viene equiparata ad una nuvola di geni che si trasmettono con le leggi di Mendel e Hardy-Weinberg, e su cui agiscono forze come mutazione e selezione, e al suo studio può essere applicare la meccanica statistica tipica dei gas.

I problemi aperti sono molti, ci siamo limitati a sorvolarli appena, relativamente al problema dell'autonomia della biologia il problema non si pone partendo da questi presupposti. I biologi sperimentali collegati a questa corrente isolano determinati eventi collegati alle funzioni biologiche fondamentali per chiarirne il funzionamento con l'ausilio della chimica e della fisica considerano l'organizzazione biologica come la somma delle funzioni delle singole parti.

Indubbiamente lo sviluppo della biologia molecolare e dell'ingegneria genetica permettono una comprensione estremamente dettagliata dei meccanismi biochimici di base. In molti casi sono state individuate le molecole sulla membrana cellulare che ricevono un messaggio attraverso un trasmettitore chimico, inviato da altre cellule e come questo messaggio pervenga al nucleo cellulare mediante l'attivazione di una serie di reazioni chimiche. È possibile identificare i geni responsabili di un determinato carattere o che controllano la crescita di un organismo o lo sviluppo di alcune sue parti. Recentemente è stato ultimato il progetto genoma che ha consentito di determinare la sequenza del DNA umano.

Un notevole problema nasce, però, da questo particolare approccio teorico allo studio del vivente e consiste nella difficoltà di utilizzare a pieno la conoscenza biochimica di base e nell'individuare quali siano le modalità che permettano di passare da essa alla deduzione del comportamento globale del sistema.

La biologia teorica collegata a questa impostazione è definibile come la scienza che ha il compito di riorganizzare tutti i dati raccolti in ambito sperimentale in un sistema concettuale unitario:

«Le vere teorie biologiche si costituiscono provando e riprovando, esattamente come gli esperimenti in laboratorio. Esse non sono mai frutto di improvvisazione, ma di duro lavoro, di autocritica, di dedizione totale.»

(Francis Crick)

La teoria organismica

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L'Organicismo è la teoria biologica introdotta da William Ritter nel 1919 e che ebbe una notevole diffusione a partire dagli anni '30 grazie alla sistematizzazione operata da Edward Stuart Russell [36] che si ispirava anche alla filosofia di Alfred North Whitehead che aveva esteso il concetto di organismo all'intera realtà.

L'organicismo considera il vivente come un sistema di elementi che interagiscono tra di loro secondo schemi precisi e secondo specifici collegamenti funzionali. Il vivente è un sistema particolare dotato di proprietà specifiche con un livello di organizzazione in cui le parti hanno valore a causa del rapporto con il tutto. [36, 37, 41]

Il vivente è "organismo di organismi" e non può essere compreso con un approccio riduzionistico:

«È impossibile spiegare i modi di azione di un qualsiasi livello di unità mediante i modi di azioni di qualsiasi livello inferiore; al contrario qualche cosa dei caratteri dei livelli superiori filtra, per così dire, verso il basso e caratterizza l'azione dei livelli più bassi»

([37, 7])

Nel vivente è rintracciabile un livello di organizzazione, e per poterlo indagare è indispensabile porsi nell'ottica della totalità, il riduzionismo con il suo metodo analitico, disintegra il vivente in processi di ordine inferiore, e una volta ricomposti i dati ottenuti dall'indagine resta sempre un residuo inspiegabile, non perché la vita sia qualcosa di misterioso, o rintracciabile ad un livello che supera il mondo fisico, ma semplicemente perché la vita è un carattere emergente, attribuibile al fenomeno vivente considerato nella sua totalità.

La teoria organismica è suggestionata dall'armonia e dalle regolarità matematiche rintracciabili nei viventi, e partendo da esse arriva a concludere che non possono essere lasciate al "gioco-sconnesso" di mutazione/selezione, e che possono essere comprese e spiegate soltanto con il fenomeno dell'autoorganizzazione.

I viventi non sono sistemi additivi formati da parti indipendenti, ma sono totalità organiche in cui le parti sono strettamente correlate e sono passibili di autoregolazione, autoconservazione, autogenerazione. I processi vitali mostrano un carattere finalistico e le loro attività sembrano volte a raggiungere "scopi" collocati nel futuro. Le parti dell'organismo si influenzano reciprocamente, il loro comportamento influenza quello dell'organismo stesso, che a sua volta, interagisce con le parti. Le parti del sistema non possiedono caratteristiche indipendenti le une dalle altre e sono così strettamente correlate che un cambiamento in una di esse arriva a ripercuotersi su tutte le altre.

I viventi si presentano quindi come delle "totalità funzionali", difficilmente maneggiabili, dove le singole strutture agiscono in modo tale da conservare le caratteristiche proprie del vivente.

La Biologia studia le funzioni dei diversi organi negli oggetti biologici, e nei processi vitali che sono orientate allo scopo di mantenere il sistema in equilibrio, "(di) conseguenza se si intende la «analisi teleologica» come un'indagine attorno a tali funzioni e ai processi diretti al conseguimento di certi risultati finali, allora senza dubbio le spiegazioni (funzionali) sono onnipresenti in biologia". [62, p. 411]

Nelle scienze biologiche vengono studiati fenomeni "di solito definiti «fenomeni strutturati ad un fine» o «fenomeni finalizzati». In questo tipo di fenomeni, che è molto ampio, abbiamo a che fare con un evento o con uno stato, verso cui sembrano tendere o essere diretti organismi o gruppi di organismi. Questo evento viene detto fine o scopo. In questi sistemi, gli organismi sembrano persistere verso il raggiungimento del «fine», qualunque ostacolo si frapponga loro, nel senso letterale del termine" [13, 228].

Nello spiegare tali fenomeni ci troviamo a far riferimento ad uno scopo, o arriviamo ad identificare una funzione necessaria al mantenimento o allo sviluppo di un particolare processo, per tale motivo questo tipo di spiegazione veniva comunemente definita "teleologica", creando enorme imbarazzo negli scienziati figli di una scienza che ha lungamente lottato per debellare ogni forma di metafisica dal suo ambito. Per ovviare a questo spinoso problema, il primo passo fatto è stato quello di definire questo tipo di spiegazione "funzionale" [65, p. 412], altri accorgimenti sono stati fatti dal punto di vista linguistico, meglio sintattico, riformulando le spiegazioni teleologiche trasformandole in spiegazioni causali [65, 413].

Di fatto la spiegazione funzionale individua quelle che sono le condizioni necessarie e sufficienti per l'attuarsi di un determinato processo, e richiede il riferimento al concetto di sistema, un insieme di elementi in relazione tali che la modifica di un elemento o di una relazione, può provocare la modificazione di tutto il sistema. Dobbiamo, inoltre, far riferimento al concetto di organizzazione, che ci dà informazioni su come gli elementi sono disposti all'interno del sistema e alle relazioni che vigono fra di essi. Il sistema va poi inserito all'interno di un ambiente che interagisce con esso, e dobbiamo infine esplicitare il processo che ci proponiamo di indagare. Possiamo quindi affermare che un sistema è strutturato ad un fine se è caratterizzato da uno stato di equilibrio, "G stato" [65, 421], se una parte del sistema si modifica entrano in gioco ulteriori modificazioni a carico degli altri suoi componenti in grado di riportare il sistema al suo stato di equilibrio.

La spiegazione funzionale ha quindi un aspetto dinamico e mira a stabilire le condizioni di equilibrio del sistema. A questo tipo di spiegazione sono però collegati alcuni problemi, il primo riguarda gli equivalenti funzionali. Quando noi affermiamo che un elemento in un sistema serve a svolgere una determinata funzione non possiamo mai essere sicuri che tale elemento sia l'unico in grado di poterla svolgere (forti obiezioni nei confronti di questa posizione sostenuta da Carl Gustav Hempel [51] saranno formulate da Ernest Nagel [64]), questo comporta la difficoltà di rintracciare una componente nomica all'interno delle spiegazioni funzionali, e l'unica regolarità al suo interno diventa l'organizzazione del sistema.

Il dibattito su questo tipo di spiegazione scientifica è tuttora aperto [60, 61, 62, 63, 67, 69], e fondamentale e normativo si è rivelato il contributo di Larry Wright [70] che opera un distinzione fra spiegazione teleologica e spiegazione funzionale, le prime sono caratterizzate dall'intenzionalità, e l'unica realtà che possa essere considerata diretta ad uno scopo è il comportamento.

All'interno dei due tipi di spiegazione è rintracciabile un'anomalia: l'effetto di un'azione intenzionale è antecedente alla sua causa. Wright fornirà una ingegnosa soluzione di questo problema con la teoria della "eziologia della conseguenza": un certo comportamento X si verifica perché X è stato nel passato causalmente efficace per raggiungere un determinato obbiettivo G.

L'analisi di Wright non risolve però ogni problema, nell'analisi di un sistema funzionale difficilmente si possono tener distinte temporalmente causa ed effetto, al suo interno le relazioni sistemiche sono spesso interagenti e sfuggono ad una descrizione lineare. All'interno di un sistema funzionale è possibile rintracciare un insieme di elementi fra cui vigono determinate relazioni che hanno la funzione di mantenere in equilibrio il sistema stesso, in questo caso le problematiche collegate al nesso causalità/spiegazione funzionale non soltanto non sono rilevanti, ma anzi manifestano la natura sistemica della spiegazione funzionale.

È forse necessaria l'elaborazione di una concezione diversa di causalità dove non siano così rigidi i nessi temporali fra antecedenti e conseguenti, ma sia fondamentale l'individuazione delle condizioni di equilibrio che tanta parte hanno all'interno dei sistemi funzionali.

Il riconoscere all'oggetto biologico una organizzazione che sfugge al caso lo rende indagabile e conoscibile anche se mai esaustivamente, la biologia teorica collegata a questa impostazione è definibile come la scienza che ha il ruolo di sviluppare modelli matematici per la biologia.

L'olismo

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Teoria biologica formulata da John Scott Haldane e dal politico sudafricano Jan Smuts che introdusse il termine "holism" nel 1926, successivamente rielaborata dallo psichiatra Adolf Meyer-Abich. All'interno di questa teoria biologica sono rintracciabili alcune delle concezioni basilari dell'organicismo, che sono però state rielaborate o forse soltanto portate alle conseguenze estreme.

L'assioma fondamentale dell'olismo è rintracciabile nell'affermazione "il tutto è più della somma delle sue parti", ed in base ad esso diventa indispensabile un approccio sistemico allo studio dei viventi, considerando le parti dell'organismo, le proprietà delle parti, le relazioni che collegano le parti fra loro e le parti al sistema, come un tutto unitario.

Questo significa che le proprietà del sistema non possono essere assolutamente derivate dalle proprietà delle sue parti: il tutto determina la natura delle parti e le parti non possono essere considerate isolatamente dal tutto.

In realtà l'olismo si spinge ben oltre l'organicismo perché l'organizzazione del vivente non è più spiegabile in base al criterio di causalità che collega le parti con il tutto, ma bisogna ricorrere ad una nuova categoria, più radicale: la reciprocità.

Nell'oggetto biologico le interazioni non si muovono solo in modo gerarchico dall'alto verso il basso, ma anche in senso opposto. Inoltre ogni organismo è inserito in un contesto ambientale, così anche le relazioni che esso stabilisce con l'ambiente diventano oggetto d'indagine della Biologia.

Risale a Pierre Teilhard de Chardin la definizione della Biologia come scienza che studia l'infinitamente complesso, egli propone contemporaneamente al geochimico sovietico Vladimir Ivanovič Vernadskij un approccio globale per lo studio dei viventi. "La Biosfera è per Teilhard un unico oggetto complesso che si evolve e per Vernadskij una gigantesca macchina termodinamica che funzione come un'unica entità collegando assieme viventi e non viventi" [4, 50].

Questa concezione della biosfera come struttura complessa coordinata che si autoregola, e quindi come sistema complesso dinamico, è stata teorizzata dal chimico James Lovelock [55]. Nel formulare l'ipotesi GAIA, Lovelock parte dalla constatazione che l'atmosfera terrestre si trovi al di fuori dell'equilibrio termodinamico e quindi rappresentabile come un sistema aperto conforme alla teoria di Ludwig von Bertalanffy [45], che interagisce attraverso uno scambio di sostanze materiali e di energia con l'ambiente e che, quindi, presuppone variazioni ai vari livelli di organizzazione al fine di mantenere in equilibrio il sistema stesso.

La Biosfera può essere definita come un unico sistema complesso autoregolantesi la cui stabilità è mantenuta attraverso le relazioni fra viventi e non viventi [46, 47, 48, 50, 55].

«In questo contesto l'approccio riduzionistico per ricostruire e valutare l'equilibrio dinamico sincronico della biosfera (ecologia) diviene sperimentalmente impossibile e concettualmente insufficiente. Un modello più coerente si ottiene solo postulando il livello molecolare come componente che non ne esaurisca la complessità e l'ordine dei livelli superiori e accettando la possibilità che l'ordine dei sistemi biologici possa aumentare per salti a seguito della comparsa di proprietà emergenti. In altre parole il modello è plausibile qualora l'informazione genetica non esaurisca tutta l'informazione e la conformazione dei sistemi biologici (cellule, organi, organismi, popolazioni).»

([58])

Il vivente si configura quindi come un sistema complesso in continua interazione con l'ambiente vitale a cui appartiene, e per poter essere indagato e compreso non è più sufficiente un approccio quantitativo, ma bisogna tener conto anche delle relazioni delle parti relativamente al contesto del sistema biologico delle singole entità, e delle relazioni che esse instaurano con il resto del mondo organico ed inorganico.

L'approccio olista non si limita allo studio del singolo oggetto biologico poiché questo si inserisce in sistemi più ampi. I fenomeni di simbiosi mostrano l'esistenza di super-organismi che superando i limiti del singolo organismo si inseriscono in sistemi più vasti.

Il compito della Biologia così si amplia enormemente, non limitandosi più allo studio delle singole entità biologiche ma rivolgendosi alle relazioni esistenti sia all'interno dei singoli oggetti biologici, sia fra questi e l'ambiente vitale acquisisce fra i suoi fini quello della conservazione della vita.

La biologia teorica collegata con questa concezione ha il compito di organizzare i contributi delle diverse scienze in un sistema coerente ed unitario che possa condurre a collaborazioni interdisciplinari.

La Biologia non è una scienza autonoma nel senso di "emancipata" dalle altre scienze, anzi sente il bisogno del loro contributo data la complessità del sistema biologico, però non si pone sullo stesso loro livello considerandosi per eccellenza "scienza forte" che ha come scopo quello della conservazione della biosfera.

Concludendo, possiamo affermare che la Biologia si trova oggi di fronte al compito particolarmente arduo di elaborare una sintesi, che sia veramente tale, dell'enormità di dati finora acquisiti, per far questo ha bisogno di un'autentica biologia teorica che non si limiti ad essere un prolungamento del programma di ricerca di un'unica corrente biologica che ha fra i suoi fini la legittimazione del programma stesso.

Inoltre per la Biologia si apre una nuova ed affascinante prospettiva relativa al tema dell'organizzazione nei viventi, categoria che fino a non molti anni fa era considerata come la spiegazione in grado di dar ragione della particolarità dell'oggetto biologico, oggi l'organizzazione è una realtà che ha bisogno essa stessa di spiegazione. Tale compito è tanto affascinante quanto difficile perché necessità di mezzi e strumenti particolari capaci di portare ad una "spiegazione biologica" [16] dei fenomeni vitali. Dopo il nostro breve esame delle diverse posizioni della biologia teorica contemporanea cerchiamo di delineare i limiti ad esse collegati tentando di arrivare ad ipotizzare una possibile via d'uscita.

Per quanto riguarda l'organicismo ci limitiamo a riportare le considerazioni di Mario Ageno sui limiti dei modelli matematici in Biologia:

«Non ci sono limitazioni di sorta alla applicabilità in biologia dei modelli matematici, anche i più sofisticati. Non è sotto questo aspetto che ci sono differenze fra fisica e biologia. La differenza sta in ciò che, nei due casi, se ne può cavare. Si può far uso di tutta la matematica di cui si è capaci, per teorizzare una struttura, un processo, un fenomeno biologico o anche un intero organismo, proprio come in fisica per i sistemi non viventi. La differenza è che in fisica i risultati sono sempre comunicabili come enunciati universali, in piena armonia con il carattere generalizzante dei metodi matematici. In biologia invece i risultati sono validi per quella sola particolare struttura, per quel solo particolare processo, per ciò che avviene in quel particolare tipo di organismo»

([1, 77])

Ci permettiamo, però, di mitigare il pessimismo di Ageno, in fondo è sempre possibile attraverso la sperimentazione arrivare ad una generalizzazione dei risultati ottenuti con l'applicazione del modello matematico, nulla invece ci sentiamo di obiettare alla sua considerazione sul fatto che all'interno di un modello matematico di un sistema biologico è previsto sin dall'inizio tutto ciò che al suo interno può accadere: "In esso non può avvenire nulla di nuovo e questo significa averlo privato del suo carattere più spiccatamente biologico" [1, 77].

Queste aporie svaniscono quando ci troviamo di fronte alle teorie generali in biologia, in cui inquadrare il vasto materiale sperimentale raccolto. Per poter rispondere al requisito della scientificità esse necessitano di essere formulate in enunciati intersoggettivamente controllabili.

«La scientificità di una teoria generale in biologia sembra perciò legata alla struttura dei suoi enunciati: alla loro verificabilità, ma anche alla loro deducibilità da alcune premesse che costituiscono la struttura portante della teoria, una sorta di paradigma inteso come costrutto ipotetico, da cui derivano logicamente enunciati verificabili. In conclusione, dunque, la caratteristica richiesta ad una corretta teoria generale in biologia è la formalizzazione... Dobbiamo allora chiederci se esistono teorie generali formalizzate in biologia. Mi sembra che la risposta debba essere negativa»

([2, 150])

Nella seconda parte di questo scritto tenteremo di fornire un'ipotesi di soluzione per questo problema attraverso il contributo della teoria dei fondamenti di Ennio De Giorgi.

Ed ora veniamo ad un confronto critico fra riduzionismo ed olismo, e ribadiamo che soltanto mettendo da parte l'approccio riduzionistico emerga come l'organismo sia composto da sistemi disposti gerarchicamente in cui è impossibile spiegare i livelli superiori attraverso le leggi valide per i sistemi inferiori, poiché si arriverebbe a trascurare elementi fondamentali all'interno del sistema biologico.

Inoltre:

«Le ricerche di tipo funzionalista e meccanicista sul vivente, oltre a richiedere la frammentazione dell'intero in parti, sono deterministe, si basano cioè sull'esistenza delle reazioni lineari fra causa ed effetto. In uno strutturalismo olistico invece che di reazioni lineari si parla di reazioni a rete o circolari in cui ogni causa può essere effetto e viceversa, col risultato di un superamento del rigido determinismo causale. Questo è del resto posto in crisi anche in fisica nelle formulazioni di leggi probabilistiche. Nella ciclicità causale di un sistema a funzionamento cibernetico, come nel complesso anch'esso ciclico della gerarchia dei sistemi, un fenomeno può essere causato dall'alto come dal basso, cioè, per il vivente, dalla macromolecola alla cellula di organismo alla specie all'ecosistema, nell'olismo un'azione causale si ha anche nella direzione opposta, cioè dall'ecosistema e specie all'organismo alla cellula alla macromolecola»

([2, 112])

D'altra parte lo stesso olista è consapevole dell'importanza della metodologia riduzionista per l'analisi del vivente, ma è altrettanto consapevole del fatto che essa vada affiancata da una metodologia olistica che tenga conto della complessità degli oggetti biologici e della loro interdipendenza.

Il rischio nel quale questo modello può incorrere è senz'altro quello di svanire in una nuvola di fumo.

«Infatti l'olismo è un tipo di approccio che rischia alla fine di mescolare in maniera approssimativa e superficiale discipline e temi che debbono essere separati o maneggiati con particolare cautela nelle zone di contatto. In effetti, se dal gene dobbiamo passare al nucleo, dal nucleo alla cellula, dalla cellula al tessuto, dal tessuto all'organo, dall'organo all'organismo, dall'organismo alla specie, dalla specie all'ecosistema, dall'ecosistema alla Biosfera, da questa al pianeta e poi al sistema solare e poi al cosmo e infine porsi il problema anche di qualche realtà che vada di fatto al di là della conoscenza fisica del cosmo, rischiamo di imbrigliare l'olismo all'interno di un gioco di scatole cinesi alla rovescia che alla fine fa corrispondere il tutto al nulla in una progressiva perdita di rigore. Occorre pertanto tentare di definire meglio qual è l'oggetto ultimo da considerare»

([47])

L'approccio olista potrebbe sfociare nella mancanza di concretezza della sperimentabilità a causa dei diversi modelli conoscitivi chiamati in causa un nuovo linguaggio formale che sia in grado di operare una sintesi fecondo e non riduttiva.

Arrivati a questo punto del nostro lavoro ci rendiamo conto di come il nostro percorso ci abbia condotto a ritrovarci "con le spalle al muro". Abbiamo evidenziato l'aporia di fondo del riduzionismo che per quanti dati possa raccogliere si troverà sempre di fronte ad un abisso che separa le conoscenze biochimiche e biofisiche di base dalla comprensione globale dell'oggetto biologico, ma abbiamo anche ribadito l'importanza e l'ineludibilità del riduzionismo per la conoscenza dei componenti di base del vivente.

Abbiamo indicato i rischi dell'organicismo collegati all'uso di modelli matematici o informatici che, per quanto meticolosi e complessi ci portano ad esplicitare soltanto quanto già conosciuto nelle premesse tenendoci al riparo da ogni nuova conoscenza.

Francamente mi sembra già un bel traguardo arrivare ad una modellizzazione del vivente che, data la sua complessità, lo renda comprensibile così com'è e una volta raggiunto questo obbiettivo ci si porrà è il problema sul suo futuro; contemporaneamente abbiamo affermato l'importanza della formalizzazione per poter arrivare ad esplicitare le teorie biologiche in modo chiaro, rigoroso ed intersoggettivamente controllabile. Infine abbiamo illustrato il salto di qualità che si verifica con la metodologia olista ma siamo rimasti perplessi di fronte alla possibilità di una sperimentazione che arrivi a cogliere un concreto oggetto di indagine e a gestire, da sola, la complessità della Biosfera.

Non ci sentiamo però di ritenerci perdenti, una via d'uscita c'è ed è chiara agli occhi di tutti: è indispensabile una biologia teorica che sia veramente tale e che abbia il compito di collegare i risultati ottenuti dalle diverse metodologie biologiche. Si parte dall'indagare il vivente nelle sue componenti bio-chimico-fisiche di base, in seguito l'indagine viene estesa, attraverso l'utilizzo di modelli matematici ed informatici, all'intero organismo; infine lo si considera nel contesto del suo ambiente vitale. In questo modo è possibile integrare le conoscenze ottenute e livelli di indagine diversi e quando ci troviamo di fronte, ad esempio, a modificazioni genetiche possiamo valutarne criticamente gli esiti senza restare intrappolati nella metodologia riduzionista e sapendo che ogni variazione, pur minima, può arrivare ad influire sull'intero sistema vivente.

La biologia teorica può e deve fare tutto questo ma per potervi riuscire sosteniamo con Joseph Henri Woodger la necessità di un modo biologico di pensare che si esprima in un "linguaggio biologico" [16] e che sia in grado di concettualizzare e di rendere comprensibile l'oggetto biologico, un oggetto "infinitamente complesso" [59]. Speriamo però di non cadere nella sua contraddizione che in Biology and language lo ha portato ad ideare un linguaggio formale per la genetica formulando in modo simbolico un procedimento che partendo dai dati dell'osservazione dell'osservazione sperimentale conducesse fino ai livelli più alti della teoria. Il suo linguaggio formale, però, particolarmente elaborato e complesso, compreso ed apprezzato dai logici, sì e rivelato inutilizzabile per i biologi.

Tentiamo allora, nella seconda parte di questo scritto, di suggerire un linguaggio chiaro, rigoroso che permetta di maneggiare l'oggetto biologico senza ricorrere ad artificiose riduzioni, che favorisca il confronto fra le diverse metodologie biologiche e che sia nello stesso tempo facilmente maneggiabile.

Ipotesi per una soluzione: la teoria dei fondamenti di Ennio De Giorgi

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I modelli collegati con lo studio dell'oggetto biologico connessi alle teorie brevemente illustrate, si sono rivelati o difficilmente maneggiabili o eccessivamente riduttivi, questi ultimi sicuramente perché erano guidati dall'ambizione di studiare i sistemi viventi isolandoli dal proprio contesto, analizzandone, in modo autonomo, i vari componenti.

Notevoli si sono rivelate le difficoltà che nascono da un approccio quantitativo allo studio dei viventi, è quindi auspicabile trovare una nuova via d'accesso ad essi, che tenendo conto della loro complessità fornisca uno strumento rigoroso e non riduzionista. Una via d'indagine possibile potrebbe essere collegata ad un nuovo tipo di approccio: qualitativo.

Una interessante soluzione in questo senso è rintracciabile all'interno della teoria dei fondamenti di Ennio de Giorgi, che muove dal proposito di fornire non tanto una base certa e non problematica per le scienze, quanto una chiara, naturale e flessibile base assiomatica in grado di offrire un ambiente concettuale che permetta alle diverse discipline scientifiche una elaborazione naturale e non ricercata su cui inserire qualità e relazioni più specifiche delle diverse scienze e che possa rendere, inoltre, possibile un confronto fra le loro idee fondamentali.

Esaminiamo gli elementi caratterizzanti della teoria di De Giorgi mettendo in luce il suo valore per lo studio le scienze biologiche. I principi fondamentali che caratterizzano il suo programma fondazionale sono:

  1. non riduzionismo: esistono oggetti qualitativamente diversi, e non solo quantitativamente che, come tali, non possono essere ridotti a uno o due tipi essenziali se non a prezzo di alterare o perdere le loro caratteristiche essenziali. Questo principio si rivela fondamentale per le scienze biologiche perché permette di definire e di esaminare l'oggetto biologico come tale, senza ricorrere all'artificio di scomporlo in parti più semplici. Anche se lo studio delle singole parti del vivente è di fondamentale importanza, la loro somma, come già poco prima, abbiamo affermato non riesce a dar ragione della sua complessità poiché esso non è fatto solo di parti, ma anche di relazione fra le parti.
  2. apertura: deve essere possibile l'introduzione di nuovi concetti, sufficientemente analizzati e chiari, all'interno della teoria senza essere costretti a ricorrere a codifiche sofisticate e senza dover modificarne gli assiomi fondamentali. Questo carattere si rivela di primaria importanza per la Biologia che è alla ricerca di nuovi strumenti concettuali che gli permettano di sistematizzare la sua rilevantissima quantità di dati, e che sono difficilmente collocabili all'interno dei quadri teorici prevalenti.
  3. autodescrittività: le più importanti proprietà, relazioni ed operazioni che coinvolgono gli oggetti studiati dalla teoria, le stesse asserzioni e i predicati che vi si formulano devono essere oggetti della teoria.
  4. assiomatizzazione semiformale: la teoria viene presentata mediante assiomi non formali espressi in modo chiaro e rigoroso all'interno del linguaggio naturale, sul modello della matematica classica. Pur non escludendo la possibilità di far ricorso ai linguaggi formali, De Giorgi riteneva di maggiore utilità questo tipo di assiomatizzazione perché permette il confronto ed il dialogo fra studiosi provenienti da aree diverse da quella logico-matematica.

Ci limnitiamo qui ad una breve trattazione della teoria di De Giorgi, per una sua analisi esaustiva si rimanda alla pubblicazione riportata in Appendice e ai riferimenti bibliografici. Cerchiamo comunque di enucleare alcuni aspetti basilari mostrando come, fattualmente, siano applicabili allo studio degli oggetti biologici.

Qualità e relazioni fondamentali

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Ogni disciplina scientifica considera oggetti qualitativamente diversi e studia le relazioni tra tali oggetti, è quindi opportuno utilizzare come premessa generale alla trattazione assiomatica di tali discipline un breve e semplice sistema basato su concetti primitivi (non riconducibili, mediante opportune definizioni, a concetti precedentemente introdotti) di "avere una data qualità" e "essere in una determinata relazione", partendo da tal presupposti introduciamo, come primitive, le seguenti nozioni:

  • l'oggetto q è una qualità;
  • l'oggetto r è una relazione binaria;
  • l'oggetto s è una relazione ternaria;
  • l'oggetto t è una relazione quaternaria;
  • l'oggetto x ha la qualità q (denotato da qx);
  • gli oggetti x,y stanno nella relazione binaria r (denotato da r x,y);
  • gli oggetti x,y,z stanno nella relazione ternaria s (denotato da s x,y,z);
  • gli oggetti x,y,z,w stanno nella relazione quaternaria (denotato t x,y,z,w)

Per garantire l'autodescrittività della teoria introduciamo le seguenti qualità e relazioni fondamentali:

  • Qqual denota la qualità di essere una qualità;
  • Qrelb, Qrelt, Qrelq denotano rispettivamente le qualità di essere una relazione binaria, ternaria e quaternaria;
  • Rqual denota la relazione binaria che collega ogni qualità con gli oggetti che ne godono;
  • Rrelb denota la relazione ternaria che collega ogni relazione binaria con gli oggetti che ne godono;
  • Rrelt denota la relazione quaternaria che collega ogni relazione ternaria con gli oggetti che stanno in tale relazione;
  • Rid denota la relazione binaria di identità.

Per gli assiomi generali che governano le qualità e le relazioni si rimanda a [74].

Introduciamo ora due nozioni fondamentali della matematica che saranno indispensabili per la sistemazione dei fondamenti di qualunque scienza: quella di operazione e di collezione. Per l'innesto di questi nuovi concetti all'interno della teoria si utilizzeranno opportune qualità che caratterizzeranno i nuovi tipi di oggetti introdotti e adeguate relazioni per collegare questi nuovi oggetti fra di loro, e con gli oggetti già introdotti.

Introduciamo, dunque, le qualità:

  • Qops di essere una operazione semplice,
  • Qopb di essere un'operazione binaria,
  • Qcoll di essere una collezione,

contemporaneamente introduciamo anche quattro relazioni fondamentali che governano il comportamento di operazioni e collezioni:

  • di inclusione fra collezioni: la relazione ternaria Rops che descrive le azioni delle operazioni semplici,
  • la relazione quaternaria che descrive Ropb che descrive l'azione delle operazioni binarie,
  • e le due relazioni binarie Rcoll (di appartenenza fra collezioni e oggetti), Rincl (di inclusione fra collezioni).

Introduciamo, infine, quattro collezioni fondamentali:

  • V (la collezione universale),
  • Coll (la collezione di tutte le collezioni),
  • Ins (la collezione di tutti gli insiemi),
  • ∅ (l'insieme vuoto).

Per gli assiomi generali su operazioni e collezioni si rimanda a [75] limitandoci a richiamare le notazioni usuali giustificate da tali assiomi:

  • Quando f è un'operazione semplice, y=fx sta per Rops f, x,y; in tal caso diremo che l'operazione semplice f agisce su x dando come risultato y, oppure che f applicata a x dà il valore y.
  • Quando φ è un'operazione binaria, z=φxy sta per Ropb φ x,y,z; diremo in questo caso che l'operazione binaria φ agisce su x e y dando come risultato z, oppure che f applicata a x,y dà il valore z.
  • Quando X,Y sono collezioni scriveremo che x ∈ X se si ha Rcoll X,x e diremo che x appartiene o è un elemento di X, scriveremo invece x ∉ X se non si ha Rcoll X,x; scriveremo X ⊇ Y o Y ⊆ X e diremo che X include Y, o che Y è una sottocollezione di X se si ha Rincl X,Y.

Al termine di questa introduzione parziale e affatto esaustiva, proviamo a scendere in campo e ad esaminare come la teoria dei fondamenti di De Giorgi si riveli utile nel maneggiare gli oggetti biologici.

Oggetti biologici e oggetti viventi

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«Dal momento che la biologia studia oggetti che sono innanzitutto qualitativamente diversi ha bisogno di un approccio che consideri la qualità come elemento fondamentale. D'altra parte visto anche che la complessità è determinata da relazioni che si instaurano fra oggetti, un altro elemento fondamentale è la relazione, in primo luogo la relazione che collega le qualità agli oggetti.»

([4,48])

In queste poche righe di Lodovico Galleni è chiaramente intuibile il ruolo che la teoria dei fondamenti di De Giorgi può rivestire per la modellizzazione della Biologia attraverso un metodo che, pur tenendo conte del necessario apporto diverse discipline scientifiche (matematica, fisica, chimica, logica..), prenda le mosse dalla Biologia stessa.

Cerchiamo di vedere come queste intuizioni possono essere calate nella pratica [73, 76, 77, 78, 79]. Partiamo dall'asserto tautologico che la biologia è la scienza che studia gli oggetti biologici, da questa affermazione possiamo assiomaticamente introdurre la qualità Qbiol di essere un oggetto biologico.

Postuliamo quindi:

  • Assioma 1: Qbiol è una qualità goduta da tutti e soli gli oggetti biologici.

Per indicare che x è un oggetto biologico possiamo scrivere Qbiol x.

Ogni oggetto biologico è coinvolto in almeno tre relazioni fondamentali: è stato generato, ha scambi energetici con altri oggetti, è costituito di parti e/o è esso stesso parte di oggetti complessi. Partendo da tali presupposti introduciamo le seguenti relazioni:

  • Rgen: la più generale relazione fra generante e generato;
  • Ren: la più generale relazione che implica uno scambio di energia;
  • Rcons: la più generale relazione fra oggetto complesso e suo componente.

Formuliamo ora gli assiomi corrispondenti agli oggetti biologici:

  • Assioma 2: Rgen è una relazione binaria. Se Qbiol y allora esiste un x per cui vale Rgen y,x.

Rgen y,x è intesa come la più generale relazione che collega generante e generato senza specificare in alcun modo il processo di generazione coinvolto.

  • Assioma 3: Ren è una relazione binaria. Se Qbiol x allora esiste un y tale che vale Ren x,y.

Ren x,y indica che c'è stato uno scambio di energia che ha coinvolto x e y, si noti, però, che non è stato postulato che anche y è un oggetto biologico.

  • Assioma 4: Rcons è una relazione binaria. Se Qbiol x allora esistono y e z tali che Rcons x,y e Rcons z,x.

Rcons x,y significa che x è un costituente di y, o che y è un'entità complessa di cui x è parte.

A questo punto siamo già in possesso di sufficienti elementi che ci permettono di fare esempi pratici. Il gatto (inteso come singolo individuo) è un oggetto biologico e dunque gode della qualità Qbiol ; gli assiomi 2, 3 e 4, sono verificati in quanto il gatto è stato generato ed ha la capacità di generare quindi appartiene al dominio e al condominio di Rgen, inoltre è coinvolto in Ren ad esempio nel momento in cui mangia un topo; ed infine essendo costituito di parti ed essendo parte di insiemi più vasti, appartiene sia al dominio che al condominio Rcons.

Introduciamo ora assiomaticamente una nuova qualità Qviv che denota la qualità di essere vivente.

  • Assioma 5: Qviv è una qualità: gli oggetti che godono di Qviv saranno chiamati oggetti viventi. Se si ha Qviv x allora si ha anche Qbiol x.

Ogni oggetto vivente è coinvolto nelle tre relazioni caratteristiche degli oggetti biologici ma ha la fondamentale caratteristica di essere coinvolto in operazioni di generazione.

Introduciamo, allora, il concetto di "operazione di generazione che denota un'operazione g che deve essere prima applicata ad un parametro temporale t e produce un'operazione concreta gt che a sua volta applicata a uno o due oggetti viventi, ad essa appropriati, può produrre come risultato un insieme (eventualmente vuoto) di oggetti viventi" [78].

Da tali premesse arriviamo a:

  • Assioma 6: Opgen è una collezioni di operazioni (dette operazioni di generazioni).
  1. se g ∈ Opgen allora g è un'operazione semplice definita su "parametri temporali" t ∈ T;
  2. se gt esiste essa è a sua volta un'operazione (semplice o binaria);
  3. se X,Y sono oggetti viventi e (gt)X, ovvero (gt)X,Y esiste, allora è un insieme di oggetti viventi;
  4. se si ha (gt)X=[Z1, ... Zn] (o rispettivamente (gt)XY=[Z1, ... Zn] ) allora vale Rgen Zi,X (e rispettivamente anche Rgen ZiX).

Le diverse operazioni introdotte in Opgen denotano i diversi tipi di generazione, e l'introduzione del parametro temporale t rappresenta il singolo evento concreto con cui uno o due individui che godono di Qviv generano altri individui che possiedono la stessa qualità. La relazione di generazione, Rgen, che coinvolge i viventi esprime la potenzialità (passata, presente, futura) di essere coinvolti in operazioni di generazione, e le operazioni di generazione, g ∈ Opgen corrispondono ai singoli atti del generare.

Le operazioni di generazione coinvolgono i viventi, e questo è denotato dall'Assioma 6, che però non esclude che l'operazione di generazione in un determinato tempo t ∈ T possa essere applicabile anche ad oggetti che non godono della Qviv e questa possibilità diventa rilevante se andiamo ad affrontare il problema dell'origine della vita, e diventa l'unica soluzione possibile se si vuole evitare un regresso all'infinito.

Questa possibilità viene esplicitata dall'assioma seguente:

  • Assioma 7: Per qualunque oggetto X che ha la Qviv esiste un'operazione g ∈ Opgen ed un tempo t ∈ T tale che X appartiene all'insieme risultante da un'applicazione di gt.

Un ultimo assioma è ancora necessario per introdurre il concetto della transitivizzazione Rgen* della relazione Rgen che corrisponde alla nozione di progenitore.

  • Assioma 8: Rgen* è una relazione binaria. Si ha Rgen *x,y se e solo se esistono z1, ... zn tali che valga Rgen x,z1, Rgen z1,z2 ..., Rgen zn,y.

Se Qviv x e Qviv y ed esistono x',y' tali che Qviv x' , Qviv y', Rgen x,x' e Rgen y,y', allora esiste z tale che Qviv z, Rgen *x,z e Rgen *y,z.

Quest'ultimo assioma si rivela particolarmente impegnativo perché postula l'esistenza di un progenitore comune per tutti i viventi, ipotesi questa, comunque, conforme alle attuali conoscenze biologiche.

Arrivati a questo punto interrompiamo, volutamente, la nostra trattazione rimandando ai testi di Lodovico Galleni e Marco Forti che partendo da questi presupposti hanno operato una sistematizzazione del concetto di specie e del fenomeno di speciazione [78], oppure all'assiomatizzazione della genetica riportata in appendice al nostro testo.

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